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Roberto Defez (Cnr): “Impedire la sperimentazione sugli Ogm? Scelta scientificamente miope ed economicamente insostenibile”

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“Continuare a essere il solo Paese sviluppato a impedire la sperimentazione in campo degli Ogm all’intera ricerca scientifica pubblica, mentre importa e consuma milioni di tonnellate di derrate Ogm è una scelta non solo scientificamente miope, ma anche economicamente autolesionista e insostenibile”: con queste parole di Roberto Defez, biotecnologo dell’Istituto di Genetica e Biofisica “A. Buzzati Traverso” (Napoli) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, parla degli Organismi geneticamente modificati. Organismi che, “se costantemente monitorati, valutati e aggiornati – spiega – sono una risorsa”.

 

1) Quali sono le specie vegetali su cui è stata fatta maggiore ricerca Ogm?

 

La ricerca si è concentrata sulle “commodities”, le principali derrate come mais, soia, cotone, colza, grano, riso, ma ci sono attività di ricerca su decine di altre piante, dalla patata alla papaya, dall’erba medica al pioppo. La scelta di investire sulle grandi derrate deriva dal fatto che si tratta di agricoltura industriale e non di prodotti di nicchia, di prodotti che passano un severissimo controllo sanitario ed ecologico, tanto costoso che è economicamente possibile effettuarlo solo se riguarda produzioni da milioni di tonnellate, quindi con adeguati ritorni economici. Non esiste perciò dissidio tra produzioni locali e derivati di Ogm: anzi le due produzioni si integrano e si possono sostenere a vicenda visto che entrambe mirano alla riduzione dell’impatto della chimica in agricoltura.

 

2) Tra una soia Ogm e una soia non Ogm in cosa consiste la differenza?

 

Rispetto alla soia tradizionale, la soia Ogm ha un gene in più (su circa 30.000) proveniente da un batterio che conferisce alla pianta la tolleranza a uno degli erbicidi meno inquinanti che siano in commercio, il glifosate. L’uso di questo tipo di soia Ogm ha avuto un successo planetario presso i coltivatori di tutto il mondo, tanto che oggi il 70% della soia mondiale deriva da questo tipo di soia Ogm. Soprattutto i grandi Paesi esportatori di soia (Argentina, Brasile, USA) producono quasi solo soia Ogm. L’Europa che deve importare circa il 95% della soia che usa nei suoi mangimi, trova sui mercati internazionali oramai solo soia Ogm e quindi nutre il suo parco zootecnico da 15 anni con percentuali di soia Ogm molto elevate. Oggi una vacca italiana mangia mediamente due chili di soia Ogm al giorno, anche quelle destinate alle produzioni di prodotti di alta qualità come DOP ed IGP.

 

3) E dal punto di vista ambientale cosa cambia?

 

L’uso di questo tipo di soia resistente ad erbicida ha dei notevoli vantaggi ambientali dal momento che permette la pratica della semina su sodo, ossia senza arare i campi. L’aratura libera anidride carbonica in atmosfera e si calcola che, nel solo anno 2009, il complesso delle pratiche agricole connesse alla coltivazione di soia Ogm hanno evitato di liberare tanta anidride carbonica quanta quella emessa da 6,94 milioni di autovetture che percorrono ognuna 15.000 km in un anno (http://www.salmone.org/gli-Ogm-riducono-le-emissioni-di-co2/ ).

 

4) Lei, da scienziato, ritiene che gli Ogm siano una minaccia o una risorsa?

 

Ritengo che siano una risorsa se costantemente monitorati, valutati e aggiornati. Abbiamo visto i vantaggi delle strategie sia delle varietà Ogm del tipo Bt (vedi box) che quelle che portano la tolleranza per un dato erbicida. Ma mentre non sembrano esserci problemi per le varietà Bt (anche perché si è fatta molta innovazione sul tipo di geni Bt che proteggono la pianta dall’attacco di vari parassiti) non si può dire altrettanto per le piante tolleranti ad erbicidi.

Stanno infatti emergendo piante infestanti resistenti allo stesso erbicida (glifosate) a cui sono tolleranti le piante Ogm. Finora solo il 5% di tutte le piante infestanti mondiali sono resistenti al glifosate, ossia il 95% delle infestanti è resistente ad altri erbicidi spesso molto più invasivi e persistenti del glifosate. Inoltre le infestanti resistenti al glifosate occupano la settima posizione tra tutte le infestanti resistenti agli erbicidi, a dimostrazione che l’uso degli erbicidi è connesso all’agricoltura industriale e che tale uso precede di molto l’introduzione delle varietà Ogm.

Detto ciò, è necessario investire in ricerca e innovazione perché siano identificate sempre nuove molecole, sempre più efficaci, più selettive e meno inquinanti. Si deve sempre ricordare che chi vuole abolire gli erbicidi deve anche candidarsi a fare la mondina, un lavoro che pochi considerano oggi sopportabile, anche se molto praticato solo mezzo secolo fa.

 

5) Le prossime frontiere Ogm che panorama ci prospettano?

 

La frontiera è verso quelle piante che meglio possano sopportare i rapidi cambiamenti climatici in atto. Le piante oggi coltivate non possono efficacemente adattarsi all’innalzamento delle temperature, alla riduzione della disponibilità di acqua e all’innalzamento del contenuto di sale. Il rischio è di veder calare progressivamente la disponibilità di cibo mentre ci avviamo ad essere oltre 9 miliardi di individui entro il 2050: le conseguenze potrebbero essere devastanti per le popolazioni più deboli del mondo. Solo le varietà Ogm, casomai selezionate dalla ricerca scientifica pubblica, possono contemporaneamente produrre cibo per tutti, aumentare le qualità nutrizionali, tollerare stress climatici e carenze idriche, permettendo di coltivare aree minacciate dalla desertificazione.

L’Italia ha le sue coltivazioni particolarmente esposte a queste problematiche, e continuare a essere il solo Paese sviluppato che impedisce la sperimentazione sugli Ogm all’intera ricerca scientifica pubblica, mentre importa e consuma milioni di tonnellate di derrate Ogm, è una scelta non solo scientificamente miope, ma anche economicamente autolesionista ed insostenibile.

 

 

Marzo – Aprile 2011

 

Foto: Pixabay

red.