«È un segnale di grande importanza, da cui si deve trarre spunto per riflettere su alcune decisioni che, negli anni, hanno fatto sì che l’Italia venisse tagliata fuori dalla ricerca biotecnologica in agricoltura»: così Silvio Ferrari, Presidente di Assalzoo, l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici, commenta la sentenza del Tar Lazio che annulla il decreto del marzo 2010 con cui l’allora Ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia, aveva vietato a un agricoltore friulano di coltivare organismi geneticamente modificati (OGM).
Libertà d’impresa – «Mentre la normativa comunitaria si occupa di tutelare l’ambiente, la vita e la salute di uomini, animali e piante – si legge nella sentenza del Tar Lazio – lo stesso legislatore europeo lascia invece alla normativa interna la possibilità di adottare le misure più opportune per limitare gli effetti economici connessi alle potenzialità diffusive degli OGM e, quindi, non compromettere la biodiversità dell’ambiente naturale in modo da garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare nazionale».
Ricerca Ogm – Inoltre, continua la sentenza del Tar, la Corte Costituzionale (sentenza 116/2006) ha fatto salvo il principio di coesistenza tra colture, «stabilendo che le diverse colture (tra cui gli OGM) siano praticate senza reciprocamente compromettersi, in modo da tutelare le peculiarità e le specificità produttive di ciascuna e in modo da evitare commistioni tra sementi e senza pregiudizi per le attività agricole preesistenti (che non debbono trovarsi costrette a modificare o adeguare le loro tecniche di coltivazione e allevamento), assicurando agli agricoltori, agli operatori e ai consumatori la possibilità di scelta attraverso la separazione delle rispettive filiere». E «in questo quadro – conclude il Tar Lazio – le modalità di attuazione del principio di coesistenza, proprio in ragione dei fini a cui è ispirato, sono rimesse alla competenza delle singole Regioni».
Italia deficitaria di materie prime – «È paradossale – afferma Ferrari – che un Paese come il nostro, fortemente deficitario di materie prime fondamentali per l’alimentazione – umana e animale – e per il Made in Italy alimentare, continui a ignorare che nel mondo già oggi vengono coltivati quasi 150 milioni di ettari di soia, mais, cotone e colza GM, con un trend di crescita a due cifre ogni anno; e soltanto di soia ne importiamo il 90% del fabbisogno nazionale».
Dialogo tra le istituzioni – «E’ necessario che anche l’Italia applichi le normative comunitarie sulla sperimentazione. E’ questa la via per garantire tante eccellenze che il Paese esprime nel mondo agricolo, zootecnico e alimentare», prosegue Ferrari. «La nostra Associazione è aperta a un confronto su questi temi, sui quali si giocherà la possibilità del Paese di essere competitivo e innovativo nel settore agro-alimentare. Per questa ragione la sentenza del Tar può aiutare a fare chiarezza e auspichiamo che chi ci governa e ha la responsabilità del Paese ne tenga debito conto per dare risposte certe supportate da una seria ricerca scientifica».
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