Le aziende agricole sono sempre di meno ma stanno diventando più grandi. La gestione delle aziende nostrane resta principalmente di tipo familiare ma il fenomeno è in progressiva flessione perché “quelle di piccole dimensioni stanno uscendo dal mercato”. A dirlo è il 7 Censimento generale dell’agricoltura messo a punto dall’Istat tra gennaio e luglio 2021, con riferimento all’annata agraria 2019-2020.
I dati Istat
Dal report emerge che le aziende agricole si stanno riducendo sensibilmente di numero: sono scomparse due su tre dal 1982 (anno di riferimento del 3 Censimento dell’agricoltura) con un flessione del 63,8%. Quaranta anni fa erano 3.133.118, erano 2.396.274 nel 2000 e nel 2020 sono scese a 1.133.023 unità. In compenso, è raddoppiata la loro dimensione media: la Sau, la Superficie agricola utilizzata, è passata da 5,1 a 11,1 ettari medi per ciascuna azienda. Non solo, ma confrontando i due ultimi Censimenti generali, riferiti al 2010 e 2020, il numero delle aziende si è ridotto di oltre il 30% (-487mila), cui è associato un calo meno drastico della Sau (-2,5%) e della Sat, la Superficie agricola totale, (-3,6%).
Nel 2020 il 93,5% delle aziende agricole è gestito nella forma di aziende individuale o familiare, cifra in leggera diminuzione rispetto al 2010 quando era al 96,1%. In dieci anni, invece, è aumentata l’incidenza relativa delle società di persone (da 2,9% a 4,8%), delle società di capitali (da 0,5% a 1%) e in misura lieve anche delle altre forme giuridiche. Le aziende individuali o familiari, pur continuando a rappresentare il profilo giuridico ampiamente più diffuso nella nostra agricoltura, sono le uniche in chiara flessione rispetto al 2010 mentre stanno crescendo tutte le altre forme giuridiche.
Un altro dato che spicca dal Censimento è la riduzione dell’intensità di manodopera. Nel 2020, in oltre il 98% delle aziende agricole si trovava manodopera familiare, anche se nella forza lavoro è stata progressivamente incorporata manodopera non familiare, che ha raggiunto quota 2,8 milioni, cioè il 47%. Nel 2010 era il 24,2%, più o meno la metà. Negli stessi 10 anni, la forza lavoro complessiva ha perso il 28,8%, in termini di addetti, e il 14,4% in termini di giornate standard lavorate.
I dati regionali
Il calo delle aziende agricole è un fenomeno nazionale, perché’ coinvolge tutte le regioni: il numero è sceso di almeno il 22,6% (il caso della Sardegna) praticamente ovunque, ad eccezione delle province autonome di Bolzano (-1,1%) e di Trento (-13,4%) e della Lombardia (-13,7%).
Il calo più sensibile si registra però in Campania (-42%). La riduzione delle aziende, poi, ha caratterizzato soprattutto il Sud (-33%) e le Isole (-32,4%). Oltre la metà della Superficie agricola utilizzata – secondo il report – continua a essere coltivata a seminativi (57,4%, l’equivalente di più di 700mila aziende italiane, con un 29% di cereali e 27,2% di foraggere), seguono i prati permanenti e pascoli (25%), le legnose agrarie (17,4%, con 55,3% di olivo, 22,8% di vite e 13,8% di fruttiferi) e gli orti familiari (0,1%). Al primo dicembre 2020 erano 213.984 le aziende agricole con allevamenti: prevalgono (44,4%) quelli di bovini, seguiti dal 26,7% di quelli avicoli, dal 26,4% di ovini, dal 17,8% di suini. Chiude un 14,4% di allevamenti di caprini.
La digitalizzazione
Altro capitolo è quello della digitalizzazione. Secondo l’Istat, in dieci anni si è quadruplicata l’informatizzazione delle aziende agricole. Nel 2020 il 15,8% di queste usa computer o altre attrezzature informatiche o digitali per fini aziendali, una quota oltre quattro volte superiore a quella rilevata con il Censimento del 2010 (3,8%). Nel decennio, l’incremento della digitalizzazione ha interessato tutte le regioni italiane, contribuendo a ridurre le disparità regionali. Il numero di aziende agricole digitalizzate è quasi triplicato in media (+193,7%) e quadruplicato in Calabria e Sardegna. La crescita della diffusione di attrezzature informatiche e digitali nelle aziende agricole è stata molto più intensa al Sud (+247,0%), nelle Isole (+241,9%) e nel Nord-est (+205,5%), mentre nelle altre ripartizioni geografiche si è mantenuta sotto la media nazionale.
Nonostante questo incremento generalizzato, la distribuzione territoriale delle attrezzature informatiche continua a penalizzare il Sud (solo il 6,7% delle aziende informatizzate è localizzato in tale ripartizione) e le Isole (10,3%) che tuttora soffrono di un forte divario rispetto al Centro (16,1%), al Nord-ovest (32,9%) e soprattutto al Nord-est (33,5%), trainato dalle province autonome di Trento (52,8%) e Bolzano (60,8%).
L’impatto di covid e crisi economica
L’intera filiera agroalimentare è stata impegnata in prima linea, anche durante le fasi più acute della pandemia, a garantire le forniture alimentari alla popolazione. Nel complesso, il settore agricolo è risultato piuttosto resiliente: meno di un’azienda agricola su cinque (17,8%) ha dichiarato di aver subito effetti dall’emergenza sanitaria da Covid-19.
All’interno di questo segmento, quasi tre aziende su cinque ritengono che la principale ripercussione sia stata la riduzione della vendita dei prodotti aziendali (63%). Gli effetti dell’emergenza pandemica sono stati piuttosto eterogenei sul territorio nazionale. Le aziende che hanno subito tali effetti sono il 31,7% al Nord-ovest, il 23,7% al Nord-est e il 18,4% al Centro. L’incidenza è decisamente più bassa al Sud (12,7%) e nelle Isole (15,9%). A risentire della crisi pandemica sono state soprattutto le aziende agricole di maggiori dimensioni (in termini di manodopera) e multifunzionali, se si pensa che ha dichiarato di aver subito effetti il 57,9% delle aziende che svolgono anche altre attività remunerative, in particolare le fattorie didattiche (78,9%) e gli agriturismi (73,4%), sulle quali ha influito la chiusura al pubblico dell’attività.
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