Quasi il 50% in meno. I consumi alimentari fuori casa subiranno un grave contraccolpo dalle nuove misure relative al canale Horeca. Secondo Ismea, infatti, in tutto il 2020 ci saranno perdite complessive di oltre 40 miliardi di euro per la spesa di cibo e bevande, con conseguenze per tutta la filiera agroalimentare. La ristorazione rappresenta infatti uno degli sbocchi per le produzioni agro-alimentari-zootecniche, comprese quelle di eccellenza.
Un nuovo impulso ai consumi dentro casa
L’ultimo Dpcm del 25 ottobre ha disposto restrizioni all’esercizio delle attività di ristorazione e chiusure anticipate per ristoranti, bar, gelaterie, pasticcerie. Il canale Horeca è nuovamente oggetto limitazioni dopo il lockdown generalizzato della scorsa primavera che aveva imposto la serrata a tutte le attività considerate non essenziali. L’impatto di queste misure riguarda i consumi fuori casa, un fattore che fino allo scorso anno aveva trainato, insieme all’export, il buon andamento del settore agroalimentare italiano. Nell’ultimo decennio – sono numeri di Ismea e Federalimentare – si è registrato infatti un aumento di circa 5 miliardi di euro, raggiungendo così un terzo della spesa alimentare totale.
Con la seconda ondata di contagi di coronavirus e i nuovi provvedimenti emergenziali, Ismea ha stimato per tutto il 2020 un netto decremento della spesa per consumi alimentari fuori casa: – 48% rispetto al 2019, quindi un calo di quasi 41 miliardi di euro. Secondo una tendenza già vista nella prima ondata di diffusione del virus, ci sarà una nuova spinta ai consumi in casa, con maggiori acquisti presso la Grande distribuzione e i diversi esercizi di vendita al dettaglio: +7%, per un valore corrispondente di circa 11,5 miliardi di euro. In definitiva, pertanto, il bilancio sarà di una flessione della spesa alimentare del 12%, quasi 30 miliardi in meno.
Stime più contenute a fronte della sola fase 1
Il quadro relativo ai consumi alimentari emerso da queste valutazioni è dunque peggiore di quello delineato dalla stessa Ismea, insieme a Federalimentare, nel report sulle performance delle imprese alimentari davanti alla sfida CoVid-19. L’analisi teneva conto solo degli effetti dello stop ai consumi legati all’Horeca nella fase 1 dell’emergenza. Pertanto il calo dei consumi fuori casa era stato stimato, sempre per il 2020, a circa il 39%, quindi 34 miliardi di euro persi. Considerando il fisiologico aumento della spesa domestica del 5,6% circa, l’impatto generale sui consumi alimentari si sarebbe aggirato quindi intorno al 10%, 24 miliardi di euro circa in meno in tutto l’anno.
Penalizzate anche Dop e Igp
Il nuovo stop a valle riguarderà inevitabilmente tutta la filiera: “La crisi della ristorazione si porterebbe dietro una crisi generale che impatterebbe in modo non indifferente sull”economia del Paese”, sottolinea il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio. Secondo l’organizzazione di categoria solo nel prossimo mese la ristorazione perderà circa 2,5/3 miliardi di euro.
L’impatto sarà trasversale e penalizzerà anche i settori della zootecnia, proprio come i mesi scorsi avevano indicato: “A soffrire sono diversi settori, in particolare quello vitivinicolo, che non si è ancora ripreso dal lockdown di primavera, ma con esso anche i comparti del pesce, dell’olio, della carne”, ricorda invece Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. Per l’organizzazione il 30% del fatturato di vino, pasta, prodotti da forno, carni suine e avicole arriva proprio dal canale Horeca, addirittura il 40% per la carne bovina e il 70% per i derivati dell’uovo.
Nel rapporto di giugno dedicato alle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria, Ismea aveva individuato i comparti più colpiti dallo stop all’Horeca. La filiera lattiero-casearia, sia bovina che ovina, aveva mostrato le sue criticità, ma anche il settore suinicolo, denunciate soprattutto dai circuiti tutelati. La ristorazione è infatti un approdo significativo per i prodotti enogastronomici di qualità. Nel 2018, secondo l’ultimo rapporto Qualivita, le vendite dei prodotti certificati del segmento cibo hanno rappresentato il 5,7% del totale, segnando un andamento crescente (nel 2017 era il 4,4%). Sopra la media i formaggi (7%) e i prodotti a base di carne (9,6%).
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red.