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Allevamenti, troppi gas serra con la linea vacca-vitello

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Alimentare i vitellini con granaglie, anziché lasciarli allattare dalla madre, potrebbe ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti. Ad ipotizzarlo sono gli esperti dell’Università della California di Davis e del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, che in uno studio pubblicato sul Journal of Animal Science hanno dimostrato che la maggior parte delle emissioni di gas serra provenienti dagli allevamenti vengono prodotte quando le vacche allattano i loro piccoli.

 

Analizzando le emissioni gassose degli animali nelle diverse fasi della loro vita i ricercatori hanno stimato che le emissioni di anidride carbonica variano tra i 10,7 e i 22,6 kg per kg di carne macellata. Da parte sua, la linea vacca-vitello, un metodo di allevamento che prevede che la madre nutra il piccolo fino al raggiungimento dei 6-10 mesi di vita, è responsabile di una quota di emissioni serra variabile tra il 69 e il 72% del totale. In questo periodo la madre viene alimentata con cibo ricco di fibre, come fieno ed erba, che permette alla flora batterica presente nello stomaco dell’animale di proliferare. Come ha spiegato Frank Mitloehner, coautore dello studio, dato che sono proprio questi batteri a produrre metano, uno dei principali gas serra, “tante più fibre sono presenti nell’alimentazione dell’animale ruminante, tanto più metano è prodotto dai microbi nello stomaco dei ruminanti”. Viceversa, le granaglie con cui sono alimentati gli animali nei recinti di ingrasso non vengono processate altrettanto facilmente dai batteri.

 

Secondo Mitloehner gli allevatori potrebbero ridurre ulteriormente l’impatto ambientale delle loro attività passando all’uso di nuove tecnologie, come quelle basate sui promotori della crescita, spesso non accettate dai consumatori, ma che secondo l’esperto “sono quelle che ci aiutano ad ottenere i maggiori vantaggi ambientali”.

 

Foto: Pixabay

Silvia Soligon