Allevamenti di suini in difficoltà per l’aumento dei costi di produzione e per la peste suina africana (Psa). Nei primi dieci mesi del 2022 in Italia sono stati complessivamente macellati quasi 9 milioni di capi, facendo registrare un calo produttivo del 5,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una flessione in linea con quanto sta accadendo anche nel resto del mondo. Nel tentativo di frenare l’aumento dei prezzi, a partire dal mese di settembre 2022 le autorità cinesi hanno immesso sul mercato oltre 127mila tonnellate di riserve di carne di maiale congelata, con tuttavia ricadute sul mercato piuttosto scarse.
La produzione di carne suina dell’Unione europea è calata oltre 700 mila tonnellate nei primi otto mesi del 2022 e la contrazione delle macellazioni ha interessato in maniera significativa tutti i principali paesi produttori, fatta eccezione per la Spagna che ha registrato un timido -0,4% rispetto a gennaio-agosto 2021. La peste suina africana ha particolarmente influito sulla riduzione del patrimonio e delle macellazioni in Germania (-9,7% nel periodo gennaio-agosto 2022). A fare la fotografia del settore è il nuovo report Ismea di novembre.
Le macellazioni in Italia
Gli allevamenti nazionali ormai da diversi mesi si trovano a dover affrontare le difficoltà connesse dalla spinta inflazionistica che sta interessando i prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione dei suini. I mangimi complessivamente rappresentano oltre la metà dei costi di produzione nelle aziende specializzate nell’ingrasso. Nella fase attuale i prezzi risultano assestati su livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni: in particolare nel mese di ottobre il mais ha superato i 361 €/ton (+30% rispetto ai livelli di un anno fa), per la farina di soia si è arrivati a oltre 595 €/ton (+28%) mentre l’orzo è quotato a 315 €/ton (+27%).
Tali dinamiche sono confermate dall’Indice Ismea dei prezzi dei mezzi correnti di produzione, che per gli allevamenti da ingrasso segna complessivamente un aumento del 16,5% nei primi dieci mesi del 2022, proprio sotto la spinta registrata dai mangimi (+25,8%). Importante anche l’impatto dell’aumento dei prezzi dei ristalli (+4,1%), che rappresentano quasi 1/3 dei costi totali, e dei prodotti energetici (+77%). Principalmente a causa dei maggiori costi per l’ingrasso, da inizio anno in Italia l’offerta di capi destinati al macello è stata progressivamente inferiore rispetto al livello dell’anno precedente.
Andamento dei prezzi all’origine e all’ingrosso
La minore disponibilità di prodotto, a fronte di una domanda sostenuta, ha innescato una significativa pressione verso l’alto per i prezzi lungo la filiera, interessando sia la fase all’origine che la fase all’ingrosso. Secondo l’Indice Ismea dei prezzi all’origine dopo le flessioni registrate nel corso del 2021 le quotazioni medie dei suini sono risultate in aumento del 17,5% nei primi dieci mesi del 2022, trainate soprattutto dai capi da macello (+18,8% su base annua) e meno dai capi da allevamento (+7,8%).
Il prezzo dei suini pesanti (160-176 Kg) è arrivato nel mese di ottobre a 2,07 €/kg peso vivo posizionandosi su un livello superiore di quasi il 36% rispetto a un anno fa. Andamento analogo per il prezzo dei suini leggeri (90-115 Kg), destinati alla produzione di carni fresche, che nel mese di ottobre ha toccato il valore medio di 1,77 €/kg peso vivo (+40% su base annua).
Gli aumenti di prezzo continuano a interessare anche la fase all’ingrosso, sia per i tagli di carne suina destinati all’industria che per quelli destinati al consumo fresco. Anche grazie al buon andamento delle esportazioni dei prosciutti, i prezzi delle cosce fresche del circuito Dop hanno superato i 5,5 euro/kg nel mese di ottobre, registrando un aumento del 24% rispetto ai livelli di dodici mesi prima. Per le cosce fresche del circuito non tutelato l’apprezzamento rispetto a un anno fa è stato del 23%, raggiungendo mediamente i 4,8 euro/kg a ottobre 2022.
In straordinaria crescita anche le quotazioni dei tagli freschi in corrispondenza di una maggiore richiesta al consumo domestico: per il lombo taglio Padova, in particolare, i prezzi hanno raggiunto a ottobre 2022 un livello di 4,7 euro/kg con un aumento del 47% rispetto a un anno fa.
Gli scambi commerciali
Le importazioni di prodotti suinicoli sono cresciute del 17,6% in valore nei primi otto mesi del 2022, a fronte di un aumento delle esportazioni decisamente più contenuto (+2,0% in valore) e sulle quali pesano siano i prezzi meno competitivi, sia la presenza di barriere sanitarie a causa della peste suina.
La minore offerta interna ha dato impulso all’approvvigionamento dall’estero di carni suine fresche, principalmente rappresentate da prosciutti freschi (+5,8% in volume nei primi otto mesi del 2022), ma anche alle importazioni di carni surgelate (+5,7% in volume) e preparazioni e conserve (+9,3%). Più contenuta, invece, la crescita delle importazioni di capi vivi (+1%) a causa degli elevati costi di ingrasso.
Il generalizzato aumento dei prezzi ha determinato anche una crescita del fatturato nazionale realizzato sui mercati esteri. In particolare, per preparazioni e conserve suine – che incidono per l’87% sul valore dell’export totale del settore – si è registrato un aumento dell’8,2% in valore a fronte di una tenuta anche dei volumi (+2,3%). Gli aumenti hanno riguardato tutte le principali categorie di prodotti esportati, con la sola eccezione di “mortadella, cotechini e zamponi” (-4,1% in volume).
I Paesi d‘esportazione
La Germania si conferma la prima destinazione dei prodotti della salumeria italiana, ma il rincaro degli energetici e la spinta inflazionistica hanno impresso una vera e propria frenata alle spedizioni, con un -5,2% in volume e un -1,2% in valore nei primi otto mesi del 2022. In ambito comunitario sono aumentate soprattutto le esportazioni verso la Francia, mentre tra i Paesi terzi spiccano le performance registrate negli Stati Uniti. Continuano al contrario a essere penalizzate le destinazioni asiatiche a causa dei blocchi alle esportazioni imposti a causa della peste suina africana.
Nei primi otto mesi del 2022 le esportazioni di prosciutti disossati hanno superato le 45 mila tonnellate per quasi 569 milioni di euro, registrando un +5,3% in quantità e un +9,4% in valore. Fra i principali mercati di riferimento, all’interno della Ue spiccano l’incremento della Francia (+20% in valore e +15% in volume) e l’arretramento della Germania. Aumentano le esportazioni verso gli Stati Uniti (+22% in valore e +16% in volume), divenuto il secondo partner commerciale per questa categoria di prodotto, anche grazie alla svalutazione dell’euro rispetto al dollaro.
Per il segmento dei “salumi e insaccati” si registra nel complesso un aumento del fatturato (+7,2%), ma l’arretramento della domanda tedesca ha significativamente impattato sulle quantità esportate che hanno segnato un timido +0,7%. Buone performance continuano a registrarsi nelle altre principali destinazioni, soprattutto Francia e Regno Unito.
La domanda domestica
I prezzi elevati e in evidente aumento stanno frenando gli acquisti per il consumo in casa. A fronte di una spesa da sostenere notevolmente più elevata (carni fresche totali +9% e salumi +4% nel periodo gennaio-settembre 2022 su base annua) i consumatori hanno optato per una riduzione dei volumi nel carrello e uno spostamento verso tagli e segmenti merceologici più economici.
Per quanto riguarda le carni fresche i maggiori aumenti di prezzo si sono rilevati per le avicole: in media +18%, ma per alcuni tagli la spinta sui prezzi nell’ultimo anno ha raggiunto anche il +25%. Ciò ha innescato uno spostamento dei consumi dalle carni bianche verso le carni suine, l’unico segmento per cui si registra anche un incremento dei volumi (+4,6% le suine, contro il -1,9% delle avicole e il -4,5% delle bovine).
Per quanto riguarda i salumi l’aumento dei prezzi è stato più contenuto e i volumi hanno sostanzialmente tenuto, anche in considerazione dell’ampia gamma di prodotti e della possibilità di scegliere quello più conveniente. In particolare, tengono i consumi di mortadella, prosciutto cotto e salame – rispettivamente +4,3%, +3,9% e +1,7% in quantità su base annua – mentre l’esigenza di risparmiare soprattutto sui prodotti considerati non di prima necessità sta avendo un forte impatto su alcune eccellenze dell’alimentare nazionale. Per il prosciutto di Parma DOP, l’aumento del prezzo (oltre il 5% nel periodo gennaio-settembre 2022) è andato a inserirsi su un livello già considerato “premium” per la categoria, costringendo i consumatori delle fasce economicamente più deboli a ridurre significativamente i volumi nel carrello (-11%) con una riduzione della spesa di circa il 6%.
Le prospettive
La crescita dell’inflazione superiore a quella dei salari avrà un impatto negativo sul consumo mondiale di proteine almeno nella prima metà del 2023, secondo le previsioni di Rabobank. Inoltre i costi di produzione elevati a livello globale continueranno a incidere sulle scelte di ridimensionamento del patrimonio zootecnico da parte degli allevatori e, pertanto, la produzione mondiale di carne suina potrebbe non riprendersi nel 2023, con una flessione attesa nella maggior parte dei principali Paesi produttori.
Focalizzando sul contesto europeo, secondo le previsioni della Commissione Ue la produzione complessiva di carne suina dovrebbe diminuire ulteriormente nel 2023 dello 0,7%. A fronte di una minore offerta, nel 2023 sono attese in diminuzione le esportazioni di carne suina dell’Ue (-3%), mentre si prevede un aumento delle importazioni (+17%) per soddisfare il consumo interno, che dovrebbe stabilizzarsi intorno ai 32 kg pro capite.
Secondo l’ultima indagine Ismea sul Clima di Fiducia la visione pessimistica degli allevatori non è destinata a migliorare nei prossimi mesi. Considerando l’attuale contesto geopolitico e la generalizzata pressione inflazionistica, sembra prevalere l’incertezza anche rispetto al futuro: ben oltre un terzo delle aziende del comparto della zootecnia da carne non è in grado di valutare l’evolversi della situazione economica dei prossimi due-tre anni.
Per quanto riguarda l’industria degli elaborati a base di carne, nonostante il buon livello degli ordinativi e l’aumento del fatturato registrato soprattutto nel terzo trimestre 2022 – grazie alla ripresa dei flussi turistici e in generale all’aumento della domanda interna – gli operatori sono particolarmente preoccupati dall’andamento dell’economia e prevedono una chiusura d’anno segnata da un peggioramento dei volumi di vendita che potrebbe impattare soprattutto sui prodotti di fascia alta.