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Analisi della bilancia agro-alimentare italiana nel 2016

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Secondo i dati Istat, relativi al 2016, il valore delle esportazioni agroalimentari italiane (inclusi i tabacchi) è risultato pari a 36,4 miliardi di euro (+4,3% rispetto al 2015), a fronte di un import di 41,5 miliardi di euro (+0,3%), con un disavanzo, pertanto, di circa 3,2 miliardi di euro a fronte dei circa 4,6 miliardi registrati nel 2015 (-31,2%). Rispetto al valore delle importazioni complessive, nel 2016 il peso dell’agroalimentare (11,5%) è aumentato di 0,2 punti percentuali rispetto all’anno precedente, pressoché controbilanciati da +0,2 punti percentuali spuntati in termini di export (9,3% contro 9,1% nel 2015). In pratica, le importazioni agroalimentari, in valore, hanno segnato un aumento complessivo dello 0,3%, marcatamente inferiore a quello dell’export pari al +4,3%. In particolare, il settore dei prodotti primari dell’agricoltura si attribuisce una importazione di 9.6 miliardi di euro (23,1% dell’import agroalimentare) a fronte di vendite all’estero per 8,3 miliardi (21,5%), evidenziando così la netta prevalenza di interscambio di prodotti agroalimentari derivati e/o trasformati dall’industria.

L’analisi dell’agroalimentare per gruppi di prodotti evidenzia che quasi tutti gli aggregati hanno registrato una crescita dell’export in valore, ad eccezione di animali vivi (-18,6%), cereali (-14,7%) e residui e cascami delle industrie alimentari e alimenti preparati per gli animali (-0,5%). Al contrario, il lieve incremento per le importazioni è il risultato di dinamiche abbastanza differenziate e di segno opposto, all’interno delle quali si evidenziano marcati minori esborsi per i prodotti degli aggregati base della componente “industria alimentare”, quali residui e cascami delle industrie alimentari e alimenti preparati per gli animali (-10,7%), prodotti lattiero-caseari (-7,4%), carni e frattaglie commestibili (-4,2%) e oli e grassi (-3,5%), positivamente controbilanciati dai significativi aumenti per prodotti della pesca e preparazioni alimentari varie (+14,0%), semi e frutti oleosi (+18,4%), zuccheri e prodotti a base di zuccheri (+17,4%) e tabacchi e prodotti simili lavorati (+11,1%), confermando ulteriormente l’interesse ad acquisti per tutti i settori per i quali il nostro paese risulta particolarmente deficitario. In termini di quantità, l’importazione netta per il complesso agroalimentare è risultata di nuovo in aumento rispetto al 2015. Le flessioni maggiori hanno riguardato i cereali che con 10,7 milioni di tonnellate evidenziano una importazione netta inferiore all’analoga 2014 di 10,7 punti percentuali, seguiti in assoluto dai prodotti per l’industria mangimistica (3,4 milioni di tonnellate, pari al -1,0%) e da grassi ed oli vegetale e derivati (2,6 milioni di tonnellate, pari a -4,9%). Da evidenziare la marcata contrazione per l’importazione netta per semi e frutti oleosi, semi vari, piante industriali e foraggi vari, calata da 1,4 milioni a circa 700 mila tonnellate (-49,6%). Al contrario, le importazioni sono risultate inferiori alle esportazioni per frutti commestibili (-929 mila tonnellate, pari a +3,8% rispetto all’analogo dato 2014) e per preparazioni a base di cereali e di ortofrutta, complessivamente passate da -4,1 milioni di tonnellate nel 2014 a 4,2 milioni, esclusivamente ascrivibili alle preparazioni a base di prodotti ortofrutticoli (+7,1%).

Negli ultimi cinque, dopo la flessione dell’1,4% nel 2012 sull’anno precedente, il valore dell’import agroalimentare ha registrato incrementi annuali tra il 2% e 3% per quasi tutti i gruppi merceologici in esso considerati, rallentando, come citato, al +0,3% nel 2016. A registrare gli aumenti relativi più consistenti (superiori al 25%) rispetto al 2012 sono stati i prodotti della pesca (+34,5%), frutta (+40,0%), cacao e preparazioni varie (+29,2%), preparazioni alimentari diverse (+27,2%) e grassi ed oli vegetali ed animali (+27,3%). Al contrario, l’import risulta ridimensionato per zuccheri e prodotti a base di zuccheri (-23,9%), materie da intreccio ed altri prodotti di origine vegetale (-26,5%). In particolare, per quanto riguarda i gruppi merceologici di più stretta attinenza del comparto zootecnico (carni, latte, cereali e prodotti per alimentazione animale), il confronto temporale evidenzia dinamiche differenziate, con flessioni costanti negli ultimi anni per le carni e frattaglie commestibili (-6,8% rispetto al 2012 e -4,2% nel 2016), animali vivi (rispettivamente -8,0% e+1,6%), latte e derivati, uova e miele (-7,9% e -7,4%), mentre, rispetto al 2012, i cereali registrano un aumento del 10,7% dopo le diminuzioni pari a-4,3% nel 2016 e – 4,1% nel 2015, seguiti dai prodotti per l’alimentazione animale, diminuiti nel 2016 del 10,7% ma aumentati rispetto al 2012 del 2,2%. Trend decisamente diverso per l’export agroalimentare con incrementi significativi e costanti fino a segnare +20.7% rispetto al 2012. Tutti i gruppi merceologici si attribuiscono variazioni positive, anche se alcuni di essi registrano flessioni più o meno significative nell’ultimo anno. Fanno eccezione solo gli animali vivi (- 4,3% rispetto al 2012 e – 18,6% nel 2016) e materie da intreccio ed altri prodotti vegetali n.c.a (rispettivamente -2,7% ma +15,9% nel 2016). Nel dettaglio, gli incrementi maggiori interessano caffè, tè e spezie (+35,6% e +9,7% nel 2016),preparazioni di carni e pesci (rispettivamente +29,4% e +6,5%), derivati dei cereali (+27,4% e +5,8%).

Il 71,2% del valore dell’import complessivo interessa prodotti di origine comunitaria (+0,6 punti percentuali rispetto al 2015), mentre con 25,3 miliardi di euro, pur registrando un lieve aumento di 1 miliardo rispetto al 2015, il valore delle vendite nell’area comunitaria ha continuato a rappresentare i 2/3 dell’export agroalimentare nazionale. I prodotti di maggiore esborso sono stati gli animali vivi (1,4 miliardi di euro, pari al 99,5% del valore complessivamente erogato), tabacchi e derivati (2,1 miliardi di euro, pari al 98,4%), latte e prodotti derivati, uova e miele (3,2 miliardi di euro, pari al 97,3%). Quelli, invece, per i quali il nostro esborso risulta contenuto sono stati caffè, tè e spezie varie (21,7% del valore complessivamente erogato, sia pur con un aumento dell’11,9% rispetto al 2015)), materie vegetali da intreccio (rispettivamente 26,2% e -10,6%) e semi e frutti oleosi (39,8% dell’import agroalimentare e +5,7% rispetto all’anno precedente). Al contrario, il peso del valore complessivo delle esportazioni verso l’area UE rimane invariato (65,9%) rispetto al 2015, con incidenze più rilevanti (oltre l’80%) per i prodotti della pesca (87,4% e incremento del 4,9% rispetto al 2015), ortaggi (rispettivamente 89,9% e + 6,3%), colture floricole (81,8% e +7,1%), controbilanciati da incidenze minime per grassi ed oli animali o vegetali (43,7% e -0,3% e tabacchi e lavorati (43,6% e +23,0%).

 

Foto: Pixabay

Bruno Massoli