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Oie, tra Peste suina e aviaria mantenere alta la guardia sulle epidemie in corso
La pandemia di CoVid-19 ha insidiato la sicurezza alimentare senza tuttavia determinare irreparabili conseguenze alla filiera agroalimentare globale. La comunità internazionale è comunque alle prese con una situazione eccezionale per la sanità pubblica e anche per l’economia. Pertanto, per evitare di dover fronteggiare ulteriori crisi, è necessario proseguire sulla strada della prevenzione e del contrasto delle malattie infettive degli animali. Lo ricorda l’Oie, l’Organizzazione mondiale della Sanità animale, che ha pubblicato il suo report sulla situazione epidemica del 2019 e del 2020 con riferimento alle epidemie in corso e anche alle malattie sotto controllo o comunque oggetto di una strategia di eradicazione a livello mondiale, come l’afta epizootica nei bovini.
Le autorità sanitarie nazionali - ribadisce l’Oie - devono mettere in pratica tutte le misure necessarie per una sorveglianza efficace delle malattie infettive a tutela del benessere e della salute animale e, di conseguenza, della sicurezza alimentare.
Una delle criticità maggiori a livello mondiale è la diffusione della Peste suina africana. Il 28% dei Paesi membri dell’Oie è stato colpito da questa patologia che ha causato gravi danni al settore suinicolo, tra abbattimenti di capi e squilibri sui mercati internazionali dei prodotti derivati dagli allevamenti suini. La diffusione dell’infezione ha vissuto una vera e propria escalation: da endemica in Africa a partire dal 2008 si è diffusa in moltissimi Paesi; nel 2019 è stata la malattia per la quale l’Oie ha ricevuto più notifiche immediate dai membri. La sfida posta dalla Peste suina è ingente anche perché non esiste un vaccino che possa fermarla.
L’Oie sta lavorando con la Fao per mettere in atto delle iniziative regionali all’interno di una risposta coordinata nell’ambito della Global Framework for the Progressive Control of Transboundary Animal Diseases. Il risultato è stato l’aumento a 175 del numero di Paesi che hanno implementato le misure di sorveglianza e controllo negli anni. Un’attività che deve continuare con la massima tempestività, in modo coordinato tra i Paesi e con il supporto della cooperazione internazionale, servendosi del Sistema mondiale d’informazione sulla salute degli animali dell'Oie. Inoltre a breve partirà una nuova iniziativa della Global Framework.
Minacciata anche l’acquacoltura
Un altro grave problema che gli esperti stanno affrontando è rappresentato dall’influenza aviaria ad alta patogenicità. La sua diffusione ha conosciuto un fortissimo aumento nel 2020. Si tratta di una delle malattie animali più notificate: al momento sono 618 i focolai negli allevamenti aviari che interessano 26 Paesi soprattutto tra Asia ed Europa, ma anche in Africa e Centro-Nord America. Inoltre sono 13 i Paesi che devono fare i conti con 52 focolai tra le specie di uccelli selvatici. La malattia è pericolosa sia come potenziale malattia zoonotica sia perché i suoi virus mutano molto velocemente. Per questo deve essere prioritaria la lotta a questo tipo di aviaria, per mettere al sicuro la salute dell’uomo e animale e anche per evitare forti ripercussioni sul commercio mondiale. Le autorità veterinarie si sono attivate indicando le misure di sorveglianza e di biosicurezza negli allevamenti.
Altre due patologie su cui si è soffermata l’Oie riguardano le specie ittiche e l’acquacoltura. Una è l’Herpes virus della carpa, anche questa tra le malattie col maggior numero di notifiche immediate giunte all’Oie nel periodo considerato, che si è diffusa principalmente attraverso gli scambi commerciali. Può colpire diverse specie di carpe, una delle maggiori risorse della piscicoltura mondiale. Tra il 2019 e il 2020 circa cento Paesi hanno fornito informazioni sulla presenza della malattia; in tre hanno dato notizia di un primo focolaio con il sistema di notifica immediata all’Oie (Norvegia, Slovacchia e Iraq). L’altra è la necrolisi ematopoietica infettiva: circa cento Paesi sono interessati da questa malattia negli allevamenti di gamberi, ed è stata rilevata per la prima volta in tre Paesi (Regno Unito, Usa e Canada) nel periodo considerato dal report.
Foto:© Kadmy_Fotolia
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