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Soia, una coltivazione senza confini: prossimo passo la Siberia?
I cambiamenti climatici rappresentano una grave minaccia per il settore agricolo mondiale mettendo a rischio la sicurezza alimentare. L’aumento delle temperature, la desertificazione, la riduzione delle precipitazioni, la diffusione dei parassiti sono tutti aspetti correlati agli shock climatici di questi ultimi anni e che hanno un impatto negativo sulle coltivazioni. Tuttavia, come ricorda un editoriale di World Grain, un risvolto positivo di questo fenomeno potrebbe interessare la Russia e rendere il Paese un player di peso sul mercato di un’importante materia prima: la soia.
Con l’incremento delle temperature, infatti, anche le inospitali regioni fredde del Nord come la Siberia potrebbero fornire terreno fertile alla coltivazione di soia. La Cina, alle prese con una guerra commerciale con gli Stati Uniti, ha già investito sui terreni di queste aree.
Oggi la Russia è il nono produttore al mondo
Negli ultimi anni il mercato mondiale della soia è stato caratterizzato dalle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti, rispettivamente il primo importatore e il secondo esportatore di soia al mondo. Con la crescente normalizzazione dei rapporti tra le due superpotenze nel 2020 c’è stato un forte aumento delle vendite di soia americana verso Pechino. Come ricorda il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti nel 2019 le vendite di soia in Cina hanno addirittura controbilanciato quelle verso gli altri Paesi ma sono comunque risultate inferiori ai livelli del 2017. Nel frattempo la Cina ha consolidato la relazione commerciale con il Brasile, il primo produttore al mondo di soia. La domanda cinese ha trovato un nuovo impulso grazie alla ripresa della suinicoltura locale gravemente colpita dalla Peste suina africana.
In questo scenario la Russia occupa una posizione marginale, lontana dai dati dei Paesi esportatori di America del Nord e del Sud (oltre a Brasile e Usa, Canada, Argentina e Paraguay). Ma qualcosa potrebbe cambiare nel medio-lungo termine. Secondo l’analisi di World Grain, complice l’aumento delle temperature, il Paese potrebbe guadagnare acri di terreno a Nord da destinare alla soia. Lì la Cina è entrata in possesso o ha assunto la proprietà di 400 mila ettari di terreno tramite società con capitale cinese. Nel breve termine, comunque, la Russia non rappresenta una minaccia per i produttori di soia di Usa e Brasile con riferimento alla quota di prodotto inviato in Cina per una minore qualità della sua soia e per ragioni logistiche.
Tuttavia se la tendenza al riscaldamento globale dovesse continuare, con un numero maggiore di acri disponibili, la situazione potrebbe favorire gli investimenti necessari per far avanzare la Russia nella classifica dei maggiori produttori ed esportatori di soia, in primo luogo verso la Cina. Si prevede possa raggiungere la settima posizione nel 2020/21, partendo dalla attuale nona posizione e scavalcando così Ucraina e Canada (dati Fao).
Nell’ultimo decennio, dice World Grain, la superficie in acri per la soia è aumentata di diciotto volte nelle regioni centrali della Russia. La produzione, invece, è quattro volte quella di dieci anni fa. Oltre al grano - della cui esportazione è leader globale con una previsione del 20% dei mercati di destinazione coperti nel 2028 - la Russia punta anche sulla soia. E anche se non dovesse riuscire ad accreditarsi come esportatore, potrebbe comunque soddisfare con il proprio prodotto la crescente domanda di mangimi interna correlata all’espansione del settore zootecnico.
Foto: Pixabay
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