di Redazione
La mangimistica italiana nonostante le contingenze economiche non favorevoli mostra uno stato di salute positivo. Mentre la produzione di mangimi torna sopra la soglia delle quindici milioni di tonnellate, il volume degli occupati nel settore aumenta. Si riduce in maniera sostanziale il fatturato, soprattutto a seguito del forte rallentamento della dinamica inflazionistica, che ha permesso di ridurre le pressioni dei prezzi sulle materie prime agricole. E, inoltre, è stato firmato un rinnovo contrattuale per i lavoratori e sono aumentati gli investimenti per l’ammodernamento del settore. La fotografia del settore mangimistico è stata scattata nel corso dell’ultima assemblea annuale di Assalzoo, l’Associazione nazionale tra i Produttori di alimenti zootecnici, svoltasi a Brescia a fine maggio.
“Si tratta – esordisce Silvio Ferrari, Presidente Assalzoo – di un anno tutto sommato positivo per il nostro settore. La produzione ha ripreso la spinta verso la crescita. Siamo riusciti a contrarre i costi di produzione, grazie anche alla conclusione della bolla energetica. Questo ci ha permesso di tenere i prezzi sotto controllo e di aiutare la ripresa dell’intera filiera zootecnica che dipende dai mangimi. Sono soddisfatto del fatto che, come settore, continuiamo a investire tanto sui lavoratori – nostra forza principale – con la firma del nuovo contratto di categoria, quanto sul nostro business, continuando a innovare per migliore efficienza e sostenibilità”.
I numeri – Andando al confronto diretto con i numeri (riassunti nella tabella allegata), nel 2023 è ripresa la spinta produttiva, rilevata negli anni precedenti e che aveva subito una brusca interruzione nel 2022. A testimoniarlo è il riposizionamento al di sopra della soglia delle 15 milioni di tonnellate di mangimi prodotti. Dagli stabilimenti italiani sono uscite 15 milioni 357 mila tonnellate di alimenti per animali, con un’espansione del 2,6% rispetto al 2022.
Fatturato – All’aumento di produzione fa riscontro un calo sostanziale del fatturato, che resta tuttavia ben posizionato sopra i 10 miliardi di euro, pur evidenziando una contrazione di circa il 14% sull’anno precedente. Analizzando le singole voci, i mangimi hanno prodotto ricavi per 6 miliardi e 705 milioni di euro, le premiscele per 1,315 miliardi e il pet-food per 2,240 miliardi. Questa discesa del fatturato rappresenta in qualche modo un elemento di stabilizzazione conseguente alla discesa dell’inflazione nel corso dell’anno. Minori costi energetici e minori costi di approvvigionamento di materie prime hanno permesso una riduzione dei costi di produzione e quindi una migliore trasmissione nella catena del valore rispetto a tutto il settore zootecnico.
Costi produzione – C’è in prima istanza da evidenziare una sostanziale diminuzione del costo delle materie prime. Nel 2023 si è assistito alla fine della bolla inflazionistica e a una riduzione di quasi il 25%. Questo trend è stato amplificato dalla riduzione anche dei prezzi energetici. Il riposizionamento verso il basso delle due voci di costo principali per l’industria dei mangimi ha permesso alle aziende del settore di lavorare con una maggiore tranquillità gestionale che si è poi riversata sull’importante riduzione dei prezzi dei mangimi su tutta la filiera successiva. In un contesto di relativa tranquillità generale non va tuttavia dimenticato il persistere di un elemento di debolezza strutturale dell’agroalimentare italiano: la critica dipendenza dall’approvvigionamento di materie prime dell’estero. Questa situazione espone in ogni caso l’alimentare italiano ai rischi della speculazione e delle oscillazioni di mercato.
Export – Va sottolineato che la produzione italiana soddisfa le esigenze del mercato interno. Le importazioni incidono infatti in modo modesto rispetto alla produzione interna e sono compensate dalle esportazioni. I dati del commercio estero evidenziano, infatti, una sostanziale equivalenza dei volumi di mangimi in entrata e in uscita. Tuttavia, a pesare è il maggior valore dei prodotti importati che determina un disavanzo commerciale purtroppo in crescita ulteriore anche nel 2023.
Lavoro e investimenti – Da evidenziare, in primo luogo, la crescita degli occupati nel settore. Nonostante le oscillazioni dei mercati, la mangimistica ha infatti evidenziato nell’ultimo anno un aumento delle unità impiegate dall’industria mangimistica. Un segnale incoraggiante che si lega – nella continua valorizzazione della forza lavoro del settore – al rinnovo del Contratto nazionale di lavoro. È stato infatti firmato un primo accordo di rinnovo contrattuale, poi seguito all’inizio del 2024 dal rinnovo del contratto nazionale di categoria. Ciò ha determinato un aumento dell’impatto derivante dalle dinamiche salariali, che ha permesso ai lavoratori di recuperare i costi dell’inflazione. A questo si aggiunge la ripresa della spinta agli investimenti per un settore che ha davanti a sé un futuro sfidante in ottica di efficienza, sostenibilità ambientale e circolarità economica.
“Da Presidente Assalzoo – evidenzia Ferrari – non posso non guardare con favore il giusto riconoscimento salariale ai lavoratori che sono la forza del settore e permettono di sviluppare una filiera economica tra le più importanti in Italia. Nel 2023 c’è stato un primo riconoscimento per gli addetti del settore, che è poi proseguito nel 2024 con il rinnovo del contratto nazionale. Si è trattato di un processo lungo, con alti e bassi, ma il risultato che ne è scaturito è di certo un elemento di positività e permette a tutti noi, lavoratori e imprenditori, di guardare con più fiducia al futuro. Mi fa poi piacere, osservando la dinamica degli investimenti, che i miei colleghi del settore continuino a investire nella mangimistica, migliorando costantemente il processo produttivo e la qualità del prodotto. Questa ricerca dell’eccellenza è sicuramente un tratto dell’alimentazione zootecnica tricolore che permette la produzione di quei prodotti alimentari unici al mondo e vero motore del nostro export alimentare”.