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Assosementi compie 100 anni, il presidente Giuseppe Carli: “Siamo il punto di partenza per il futuro”

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foto pixabay

Nel 1921 il mais rendeva 13 quintali per ettaro, nel 2021 siamo a 130 quintali. Cento anni di lavoro sui campi ha prodotto dieci volte tanto e oggi si lavora con meno fatica e sforzo fisico. Lo si è festeggiato a Bologna, dove Assosementi, l’associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane, ha celebrato il suo centenario. “Festeggiamo un traguardo importante e lo facciamo partendo dalla concreta consapevolezza del contributo determinante che il settore sementiero può continuare a garantire per lo sviluppo e la qualificazione del sistema agroalimentare del nostro Paese. Abbiamo alle nostre spalle una grande tradizione e di questo dobbiamo essere fieri”, ha dichiarato il presidente Giuseppe Carli.

Il settore delle sementi in Italia è in crescita. Un miliardo di euro di fatturato annuo, 208mila ettari di superfici destinate alla produzione delle sementi ufficialmente certificate nel 2020 e 33mila ettari destinati alle sementi orticole, 19mila agricoltori coinvolti a livello nazionale nella moltiplicazione. Rispetto al 2019, l’incremento delle superfici destinate alle ortive è stato dell’8%. A livello di singola coltura, le migliori performance si registrano per il ravanello in cui si osserva un incremento di oltre il 50% rispetto al 2019. Un netto aumento si osserva anche per mostarda e senape. Se si considerano anche le specie aromatiche, la crescita è stata di circa il 45%. Questa forte crescita è trainata dalla performance del coriandolo, il quale ha raddoppiato le proprie superfici arrivando a 19.400 ettari. A livello di distribuzione territoriale, si confermano le consolidate gerarchie nazionali: la regione leader resta l’Emilia-Romagna con 10.700 ettari, seguita da Puglia con 8.600 e Marche con 5.500 ettari.

“Questi risultati sono frutto della capacità di innovazione delle nostre aziende – ha aggiunto il presidente Carli – e sono il punto di partenza per il futuro. Così come negli ultimi cento anni, anche domani il settore continuerà a offrire il suo contributo allo sviluppo dell’agricoltura. Il seme è, infatti, lo scrigno che racchiude i risultati della ricerca nel campo del miglioramento genetico ed è lo strumento con cui trasferire l’innovazione al sistema agroalimentare”.

Il settore sementiero italiano è stato tra i primi al mondo a sentire il bisogno di organizzarsi in un organismo di rappresentanza in grado di valorizzare l’attività degli operatori professionali, di lavorare al loro fianco e in collaborazione con le istituzioni, contribuendo in maniera determinante alla definizione del contesto normativo che regolamenta la produzione di sementi a livello globale. Oggi il settore svolge un ruolo fondamentale per l’agricoltura in termini di sicurezza alimentare, qualità delle produzioni e sostenibilità ambientale.

Per il centenario sono intervenuti con dei messaggi il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli, il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini e l’assessore all’Agricoltura della Regione Emilia Romagna Alessio Mammi. Proprio il ministro ha promesso: “Un’azione volta a valorizzare le varietà del passato e a svilupparne di nuove, anche grazie all’uso delle moderne tecnologie, nell’ottica di un progressivo miglioramento delle potenzialità produttive e delle capacità di difesa delle piante nei confronti delle avversità biotiche e abiotiche”. E ha poi aggiunto: “A tal proposito, che sia garantito, sia a livello europeo che nazionale, un quadro normativo aggiornato e più specifico, che tenga conto del progresso tecnologico registrato negli ultimi anni”.

“Fra trent’anni 10 miliardi di persone abiteranno il pianeta. Questo dato pone molte sfide ai sistemi agroalimentari, perché significa che saranno chiamati a produrre di più, senza aumentare le superfici e al tempo stesso riducendo gli input naturali e chimici. Il settore sementiero è pronto a garantire risposte concrete per affrontare e vincere queste sfide. Per farlo, però, i sementieri devono poter avere accesso a tutti gli strumenti messi a disposizione dalla scienza. L’agricoltura, per dirsi davvero moderna, non può dunque prescindere dall’innovazione vegetale” ha concluso Carli.

di Anna Roma

Foto: Pixabay