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Benessere animale, garantirlo per la sostenibilità degli allevamenti

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Per parlare di benessere animale bisogna conoscere a fondo gli animali, soprattutto gli animali da reddito che oggi alleviamo. È necessario tenere presente l’evoluzione che vi è stata come conseguenza della selezione; gli animali di oggi sono diversi da quelli di solo di qualche decennio fa. Chi conosce meglio di tutti gli animali sono certamente gli allevatori i quali sanno benissimo come la produttività dell’allevamento, la qualità e la sicurezza dei loro prodotti dipenda dallo stato di benessere dei loro animali. Se da un lato è quindi importante conoscere a fondo gli animali per capire quali siano le condizioni di reale benessere e quali strumenti siano atti a “certificarlo”, dall’altro lato, non meno importante, è conoscere le esigenze dei consumatori in termini di “utilità” ottenute grazie agli animali ed al tempo stesso comprendere le sensibilità di molti nei confronti di possibili sofferenze reali o presunte degli animali stessi. Il divorzio fra città e mondo agricolo, che si è consumato da alcuni decenni, ha creato molte incomprensioni.

Un animale è in situazione di benessere quando gode di uno stato di salute completo, fisico, mentale e quando è in armonia con il suo ambiente. Per questo l’allevatore cerca di garantire un ambiente adeguato che assicuri libertà di movimento, un’alimentazione corretta con accesso a foraggi, a mangimi ed all’acqua; si preoccupa della prevenzione, terapia delle malattie e della cura di eventuali ferite, è attento a garantire protezione per affrancare gli animali dalla paura e dal disagio e per dare loro la possibilità di esprimere comportamenti specie specifici. L’introduzione sempre più diffusa del robot di mungitura, anche nelle filiere delle DOP, dà agli animali la libertà di farsi mungere secondo le proprie esigenze, contribuendo certamente al benessere.

Il benessere animale è ormai un requisito necessario alla sostenibilità dell’allevamento bovino da latte. L’Unione Europea sta valutando da tempo l’ipotesi di una etichettatura correlata alla qualità etica del benessere animale in allevamento ed ha precisato che “l’etichettatura relativa al benessere animale dovrà essere basata su dati scientifici certi e prodotti da un insieme di valutazioni armonizzate”. È quello che si è cercato di fare con la ricerca scientifica Filigrana, finalizzata a migliorare la qualità del Grana Padano DOP. La ricerca, sostenuta dal MiPAAF, è stata curata dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale (CreNBA) e realizzata in collaborazione con il Consorzio del Grana Padano. Sono stati coinvolti allevamenti della filiera Grana Padano delle provincie di Brescia, Mantova e Trento, con caratteristiche fra loro molto differenti, compresa quella di praticare o meno il pascolo. Dai dati emersi risulta che gli allevamenti che forniscono il latte alla filiera della DOP sono costituiti da animali in ottime condizioni ed il Grana Padano prodotto è di eccellente qualità. Dei 134 allevamenti, scelti casualmente, valutati per il benessere circa il 70% è stato considerato ottimo, il restante 30% hanno avuto una valutazione di buono.

Il pascolo, spesso proposto come condizione essenziale per il benessere dalla vacca da latte, non è detto che assicuri realmente una situazione di benessere e che sia applicabile in tutti gli allevamenti, con caratteristiche spesso molto differenti. Questo è utile quando sia possibile realizzarlo in condizioni ottimali, ad esempio in montagna od in alcune zone collinari. In pianura vi sono spesso condizioni diverse che ne limitano l’applicabilità, per la mancanza di tradizione, per la natura e la geografia dei luoghi, per la distanza dagli alpeggi e dai pascoli, per le tipologie delle razze allevate. Il pascolo è una risorsa solo quando ci sono condizioni ottimali che evitino stress inutili agli animali che possono essere rappresentati dalle distanze eccessive per raggiungere il pascolo, dal tipo di terreno non idoneo al pascolamento, troppo scosceso o sassoso; altrimenti lo stress può pregiudicare il benessere stesso degli animali ed i danni sarebbero superiori ai vantaggi.

Il pascolo, poi, non è per tutti gli animali da latte: le vacche in lattazione tendono a non uscire dalla stalla, trovano più comodo alimentarsi e abbeverarsi in stalla mentre le manzette e gli animali in asciutta sono più propensi a uscire al pascolo. Inoltre in estate, con il caldo torrido, od in inverno, con la nebbia e l’umidità, le condizioni per il pascolo non sono sempre ideali. In quest’ultimo caso in presenza di terreni bagnati ed anche fangosi gli zoccoli possono affondare e le vacche sarebbero ostacolate nel movimento. Si preferisce rimanere al chiuso, in estate in ambienti ombreggiati o magari rinfrescati od in inverno al riparo da venti fastidiosi. Le bovine da latte vivono ormai in spazi adeguati e confortevoli, riparati e ben arieggiati, con aree di riposo e spesso con recinti nei quali possono muoversi agevolmente.

Ciascuna azienda può valutare lo stato di benessere dei propri allevamenti tramite le indicazioni del protocollo CreNBA, elaborato dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale del ministero della Salute. Si tratta di linee guida, seppur facoltative, basate sul progetto di ricerca European Welfare Quality, oltre che sulla bozza normativa sul benessere del bovino adulto discussa a Strasburgo nel triennio 2007-2009 e sulle evidenze fornite da varie pubblicazioni scientifiche. Il sistema di valutazione è basato sull’analisi dei dati relativi ai pericoli che derivano dalle condizioni ambientali (dalle strutture al microclima al managment, ovvero l’insieme delle operazioni che coinvolgono anche gli addetti agli animali) e dei dati relativi agli effetti avversi che gli animali subiscono a causa dell’esposizione a tali pericoli.

Un altro strumento legislativo è il PNBA, il Piano nazionale benessere animali da reddito, emanato con lo scopo di rendere uniforme l’attuazione su tutto il territorio nazionale della normativa vigente. Il piano è rivolto tanto agli allevatori quanto ai veterinari preposti ad effettuare i controlli negli allevamenti con la consapevolezza che è essenziale migliorare la formazione di entrambe le categorie professionali chiamate, tra l’altro, a collaborare tra loro. Nello spirito del piano nazionale, infatti, i veterinari svolgono anche un ruolo di supporto per gli allevatori fornendo indicazioni relativamente alle esigenze strutturali e alle corrette pratiche di allevamento.

 

Foto: Unsplash

Gianfranco Piva – Università Cattolica Piacenza