L’arrivo di specie esotiche, la proliferazione di alghe tossiche, la diffusione di malattie infettive tra gli animali da reddito. E, ancora, la diffusione di parassiti e la riduzione dei micronutrienti nelle colture. Sono numerosi i rischi per piante, animali e uomo correlati ai cambiamenti climatici. L’Efsa, l’Autorità europea per la Sicurezza alimentare, ne ha individuati oltre cento. È stata pubblicata infatti la relazione sui risultati del progetto Clefsa incentrato sul ruolo del cambiamento climatico come motore dei rischi emergenti per la sicurezza alimentare, quindi del cibo e dei mangimi, per la salute delle piante, la salute e il benessere degli animali e la qualità nutrizionale.
L’iniziativa dell’Efsa era stata avviata nel 2018 con il coinvolgimento di un gruppo internazionale di esperti provenienti anche dalle agenzie dell’Unione europea e dell’Onu, come il Centro per la Prevenzione e il controllo delle malattie, l’Oie e l’Oms. Il progetto multidisciplinare era partito per comprendere e circoscrivere meglio gli effetti delle mutate condizioni climatiche sulla sicurezza alimentare intesa come salubrità degli alimenti e dei mangimi, sulla salute delle piante e animale e sulla qualità nutrizionale.
I problemi più probabili riguardano le piante
Gli eventi meteorologici estremi, l’aumento delle temperature e dei livelli di umidità, la frequenza e l’intensità delle precipitazioni sono tutti elementi che contribuiscono all’insorgenza di numerosi rischi: l’insorgenza di patologie di origine animale, l’insediamento di specie aliene invasive pericolose per le piante, lo sviluppo di alghe tossiche, la presenza di parassiti, funghi, vettori di microrganismi nocivi. Il progetto Clefsa ha sviluppato dei metodi e degli strumenti idonei a individuare questi rischi in uno scenario di cambiamento climatico dei prossimi trent’anni per fare delle previsioni a lungo termine.
L’elenco delle questioni emergenti che riguardano la sicurezza alimentare, la qualità della nutrizione, la salute di piante e animali supera le cento unità. L’effetto più marcato che può derivare dai cambiamenti climatici è l’aumento delle probabilità di insorgenza di questi problemi. Tra le aree considerate è la salute delle piante quella più esposta. Qui si concentra la maggior parte delle questioni con le più alte probabilità di insorgenza, seguita dai contaminanti (anche se questa conclusione – sottolinea l’Efsa nello studio – potrebbe essere condizionata dall’attuale stato di conoscenza più che una oggettiva rappresentazione dei rischi relativi).
Tra le questioni che riguardano la salute delle piante, gli esperti ne hanno individuate tre con un impatto da moderato a molto forte: l’aumento delle aree attaccate da Xylella fastidiosa, la diffusione della mosca olearia e della mosca mediterranea della frutta. Tutte e tre sono dovute alla presenza di animali infestanti o parassiti correlata ai cambiamenti climatici.
Contaminanti nelle colture e rischi per i mangimi
Sul fronte della salute e del benessere animale sono state individuate 34 questioni. Tra queste la diffusione dei vettori di malattie zootecniche. Ad esempio i moscerini del genere Culicoides, che sono portatori della febbre catarrale, una malattia che colpisce, tra gli altri, bovini e ovini. Ci sono prove che questi vettori si siano spinti dall’Africa verso nord fino all’Europa meridionale per l’aumento delle temperature e dell’umidità legato al riscaldamento globale. Dal Medio Oriente, invece, sono arrivati in Europa sud-orientale i vettori responsabili della dermatosi nodulare bovina; anche in questo caso la correlazione con temperature e umidità in aumento è evidente.
Ma la relazione con il clima è rilevante anche se si guarda alle malattie zoonotiche, dice l’Efsa. Fattori ambientali come la temperatura, le precipitazioni, i livelli di umidità e il suolo possono avere un ruolo sulla distribuzione e la sopravvivenza di batteri tra cui Salmonella e Campylobacter.
La sicurezza alimentare dei mangimi è insidiata poi dalla presenza di contaminanti ambientali come le tossine naturali prodotte dai funghi. La loro comparsa in zone in cui non era stata rilevata la presenza e l’aumento della stessa sono state associate ai cambiamenti climatici. Ad esempio le micotossine che possono pregiudicare i raccolti di grano e mais oppure entrare nella catena alimentare attraverso colture e mangimi contaminati. Il cambiamento climatico – ricorda l’autorità europea – è annoverato fra le cause delle recenti variazioni della presenza di micotossine in Europa. L’aumento delle temperature e dell’umidità ha probabilmente favorito all’inizio degli anni 2000 la comparsa delle aflatossine nell’Europa meridionale e la loro diffusione verso Nord.
Il cambiamento climatico – si legge nel report – può influenzare direttamente la produzione zootecnica modificando la qualità dei mangimi e con la diffusione di microrganismi nocivi e malattie infettive. Si prevede che il caldo possa determinare delle variazioni nei processi fisiologici, come lo stress termico, e ripercuotersi sulla crescita, la riproduzione e la produzione di latte. Anche i raccolti dei foraggi potrebbero risentire delle variazioni climatiche, con un allungamento delle stagioni di crescita e un calo della qualità dei foraggi stessi.
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