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Carne avicola: aumentano i consumi nel periodo 2012-2016

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carne avicola

Negli ultimi cinque anni i consumi di carne avicola sono cresciuti, soprattutto tra i giovani e gli over 65. Lo comunica l’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), secondo cui nel quinquennio 2012-2016 il comparto avicolo ha spesso riportato risultati migliori rispetto agli altri settori zootecnici.

L’Ismea precisa che la domanda interna di pollo ha ricoperto, da sola, la più importante fetta tra i prodotti carnei consumati nel 2016, raggiungendo quota 30%. I consumi pro capite sono passati da 19,5 Kg nel 2012 a 20,4 Kg nel 2016. Il pollame rappresenta, quindi, la categoria merceologica più consumata del comparto (il consumo pro-capite di carne bovina si è fermato a 17,1Kg).

L’Istituto evidenzia che oltre 70% degli acquisti di carni avicole avviene negli ipermercati e nei supermercati. Anche i discount stanno acquistando la loro fetta di consumatori: in questi negozi viene effettuato il 20% degli acquisti, con un trend di crescita nel quinquennio pari al 57%. La quota distributiva di ambulanti, mercati rionali e liberi servizi si è invece ridotta a valori oramai residuali. Emerge anche che la maggior parte degli acquirenti approfitta dei prodotti in promozione: nel 2016 hanno rappresentato oltre il 60% degli acquisti.

La produzione interna cresce in maniera costante dal 2006. Migliora anche il saldo della bilancia commerciale, che nel 2016 segna un aumento del 37% rispetto al 2015. Infine, l’Ismea osserva che è salito il consumo di pollame tra le fasce di popolazione più giovani e tra gli ultrasessantacinquenni. I volumi acquistati dai consumatori di età inferiore ai 34 anni sono infatti aumentati del 7%, mentre quelli comprati dagli over 65 sono cresciuti del 9%. A tentennare, precisa l’Istituto, sono gli acquisti effettuati dalla categoria in cui il responsabile degli acquisti rientra nella fascia d’età 34/44 anni, che sono diminuiti dell’8%. Per quanto riguarda le fasce di reddito, risulta che il calo degli acquisti di carni avicole abbia riguardato soltanto le famiglie appartenenti alla classe “reddito alto”, che spesso sono alla ricerca di prodotti nuovi e alternativi.

 

Foto: Pixabay

red.