Per il comparto agroalimentare una delle preoccupazioni maggiori è evitare che l’emergenza legata all’epidemia di coronavirus si abbatta sulle esportazioni. L’export di food & beverage italiano è reduce dal livello record del 2019 e anche i dati di gennaio sono indicativi di un settore in piena salute. Perciò è alta l’attenzione delle associazioni di categoria e delle istituzioni. E anche la presa di posizione dell’Unione europea, che ha sottolineato l’inutilità delle certificazioni aggiuntive sulla sicurezza dei prodotti alimentari, è un ulteriore puntello a sostegno del Made in Italy.
La filiera continua a produrre
Dall’inizio dell’emergenza le attività dell’industria alimentare e di tutta la filiera agroalimentare sono andate avanti. In quanto produttrici di beni di prima necessità le aziende non sono state interessate dalle sospensioni decise dal governo. Con la chiusura di mense e alberghi, bar, pizzerie e ristoranti, eccezion fatta per le consegne a domicilio, sono cambiati i flussi con l’offerta interna destinata soprattutto ai consumi domestici.
I problemi comunque non sono mancati e sono stati denunciati a più riprese dai ministri competenti e dalle associazioni di settore. A cominciare dalle limitazioni nei trasporti, con i controlli alle frontiere che in alcune occasioni hanno rallentato il transito delle merci. Gli scambi commerciali vanno preservati e non solo per tutelare il Made in Italy, permettendo ai prodotti nostrani di arrivare a destinazione nei mercati di sbocco. Ma anche per fare in modo che a tutta la filiera non manchino le materie prime di cui ha bisogno per la trasformazione in prodotti finiti.
A gennaio +11% dell’export agroalimentare
I numeri dei prossimi mesi diranno se e in che misura l’export agroalimentare avrà subito gli effetti di questo momento critico. Quelli di gennaio continuano invece a essere incoraggianti e si aggiungono alle cifre record del 2019. Lo scorso anno le esportazioni di cibo e bevande italiane hanno toccato quota 44,6 miliardi di euro, secondo le rilevazioni di Ismea. L’aumento rispetto all’anno precedente è stato del 5,3% con moltissimi beni in forte aumento, da latte e derivati al vino alle altre bevande. Per tutti i principali partner commerciali c’è stato un incremento dei flussi commerciali in uscita, dagli Stati Uniti (+11,2%), alla Germania (+2,9%) alla Francia (+5,4%).
L’Istat, con i dati di gennaio 2020, conferma questa tendenza al rialzo. A sostenere il +2,3% dell’export generale su base annua ci sono infatti soprattutto i prodotti alimentari, le bevande e il tabacco. La crescita è dell’11,3%, +2,5% verso i Paesi Ue. Tra i mercati di sbocco è cresciuta molto la Francia (+7,3%), mentre la Germania ha visto un calo di appena lo 0,3%, decremento molto più vistoso per la Gran Bretagna post-Brexit che sfiora il 9%. Per i Paesi extra-Ue c’è stato un boom del 27,2% in generale, con numeri più che positivi per Usa (+34,8% nonostante i dazi su diversi alimenti importati), Cina (+19%) e Russia (+18%).
No a certificazioni in più su sicurezza merci
La sensibilità nei confronti dell’export agroalimentare si è concretizzata nel decreto legge CuraItalia con le misure a sostegno dell’economia nazionale. Il governo ha voluto infatti rafforzare il Fondo per la promozione del Made in Italy. Nel bilancio di previsione 2020 del ministero degli Affari esteri – si legge nel testo – è istituito il Fondo per la promozione integrata da 150 milioni di euro iniziali per la “realizzazione di una campagna straordinaria di comunicazione volta a sostenere le esportazioni italiane e l’internazionalizzazione del sistema economico nazionale nel settore agroalimentare e negli altri settori colpiti dall’emergenza” e il “potenziamento delle attività di promozione del sistema Paese” e la concessione di cofinanziamenti.
Degli scambi commerciali e della tutela del mercato unico si è occupata anche la Commissione europea nelle Linee guida per la gestione delle frontiere. Nel testo si sottolinea l’importanza di garantire la libera circolazione e l’approvvigionamento delle merci essenziali come gli alimenti. E l’esecutivo dell’Ue chiude poi la questione delle certificazioni aggiuntive sulla sicurezza denunciate dalle aziende e dalla ministra delle Politiche agricole Bellanova. Nessun Paese dovrà imporre misure del genere sulle merci che transitano legalmente nel mercato unico dell’Ue. Non ci sono prove che il cibo sia fonte o vettore del nuovo coronavirus, come rilevato dall’Efsa.
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