di Andrea Spinelli Barrile, redazione
L’eccellenza è nel nome e anche se proprio non è possibile, parlando di Speck, associarlo all’annoso tema del cosiddetto “italian sounding” poco importa: in tutto il mondo si conoscono bene il valore, e la bontà, di questo salume italiano. Ne abbiamo parlato con Martin Knoll, direttore del Consorzio Tutela Speck Alto Adige.
Noto in tutto il mondo, consumato in tutta la mitteleuropa e capace di cimentarsi sul mercato dei salumi più blasonati, lo Speck Alto Adige è certamente una delle eccellenze gastronomiche italiane. Quale è il volume di produzione di Speck Alto Adige e dell’export?
Nel 2023 sono state contrassegnate con il marchio di qualità Speck Alto Adige IGP ben 2.495.561 baffe (i singoli pezzi di speck). Questo corrisponde al 39,7% della produzione complessiva dei produttori del Consorzio di Tutela: la maggior parte della produzione di Speck Alto Adige IGP viene commercializzata in Italia (il 67,5% del totale), principalmente in Alto Adige e nelle regioni settentrionali. Il mercato d’esportazione più importante per lo Speck Alto Adige resta la Germania (che vanta una fetta di mercato molto ampia, il 24%), seguito dagli Stati Uniti (3,8%) e dalla Francia (2%). Il target group nei mercati di crescita, come negli Stati Uniti o la Francia, sono i negozi specializzati e delicatessen che vendono prodotti e salumi italiani.
Per quanto concerne la produzione, gli operatori del Consorzio Speck Alto Adige come risentono della crisi delle materie prime in termini quantitativi e quali sono i volumi di produzione attuali? Parliamo anche di “italian sounding”, che poi è una parte del tema concorrenza sleale?
Nel 2023 la produzione di Speck Alto Adige IGP ha registrato, dopo anni di crescita, un significativo calo, con un -13% rispetto 2022, dovuto alla crisi delle materie prime e, insieme, alle conseguenze della pandemia. Il tutto in un contesto di inflazione notevole, aumenti dei costi di produzione ed energia e prezzi della materia prima più alti: tutti questi fattori hanno causato una tempesta completa. Questo ha reso ancora più determinante l’impostazione di una strategia per un futuro di successo: la sfida più importante del settore è di far conoscere il nostro prodotto ed aumentare la frequenza di consumo. In base agli studi di mercato, lo Speck Alto Adige IGP conferma un’ottima immagine tra i propri consumatori, che ne enfatizzano soprattutto la sua qualità e il sapore. Per contrastare l'”italian sounding” il Consorzio Speck Alto Adige ha rafforzato i controlli nei punti vendita sia nazionale che internazionale e da 2 anni è attivo anche nella tutela della denominazione completa e nell’utilizzo del marchio negli e-commerce.
Cosa fa il Consorzio per tutelare e sostenere i suoi produttori nel segmento marketing?
Quest’anno il Consorzio continuerà il rafforzamento delle attività di comunicazione in Italia per far conoscere il prodotto e incrementare i consumi: il Consorzio Tutela Speck Alto Adige ha svolto attività di comunicazione principalmente con una campagna radiofonica a novembre 2022, chiamata “In realtà è Speck Alto Adige IGP”: si è seguito l’obiettivo di portare lo Speck Alto Adige IGP prima sulla lista della spesa e poi sulle tavole di tutti gli italiani, aumentando i momenti di consumo quotidiano. Il nostro prodotto è adatto a ogni occasione, può essere consumato puro all’aperitivo, ma anche arricchire tanti piatti della cucina moderna. La campagna radiofonica è stata supportata da video on demand, che è stato anche trasmesso sui servizi digitali online di Rai, Publitalia e Sky Italia.
Come si integrano, a livello di sistema, tecnologia e naturalità di un prodotto come Speck Alto Adige e quali sono le caratteristiche principali lo rendono un prodotto unico e inimitabile?
Ancora oggi ciascun produttore conserva la propria ricetta di famiglia, tramandata di generazione in generazione.
Grandi e piccoli produttori di Speck Alto Adige IGP hanno però una cosa in comune: l’artigianalità e il pieno rispetto del disciplinare di produzione dello speck secondo la tradizione. La sigla IGP sta per “indicazione geografica protetta”, un riconoscimento che l’Unione Europea attribuisce a quei prodotti alimentari che vengono elaborati secondo metodi tradizionali, in una determinata area geografica. Dal 1996 si può utilizzare la denominazione “Speck Alto Adige IGP” soltanto per quel prosciutto prodotto in Alto Adige da cosce suine in base al procedimento tradizionale. Gli ingredienti sono gli stessi da decenni: poco sale, poco fumo e tanta aria fresca di montagna. E, naturalmente, il tempo: il Consorzio Speck Alto Adige ha sviluppato in collaborazione con l’IFCQ Certificazioni (Istituto Friulano Controllo Qualità) un sistema per verificare il rispetto dei criteri di qualità in tutte le fasi della lavorazione del prosciutto, dalla selezione della carne fino al prodotto finito. Gli ispettori controllano la stagionatura, il rapporto tra le parti grasse e magre, il contenuto salino, l’aspetto, la consistenza, l’aroma e il sapore. La preparazione del prosciutto in Alto Adige coniuga due metodi di produzione molto diversi tra di loro: da un lato quello utilizzato nei paesi mediterranei e dall’altro quello tipico dei paesi del Nord e Centro Europa. Col metodo mediterraneo il prosciutto viene prodotto facendo asciugare le cosce di suino con aria e sale; col metodo nordico la preparazione del prosciutto avviene con sale, spezie e fumo. In Alto Adige, terra d’incontro tra queste due culture, si è sviluppato un processo di produzione tipico locale: si uniscono entrambi i metodi di preparazione, ovvero sia la stagionatura all’aria aperta che l’affumicatura, sfruttando i pregi di entrambi. Una combinazione che rende lo Speck Alto Adige un prosciutto unico e inconfondibile.
Ingegno e laboriosità sono sicuramente due caratteristiche del territorio dell’Alto Adige che, come giustamente mi dice, è un “territorio in cui si incontrano due culture”: come è cambiato il lavoro degli operatori del Consorzio con la necessaria integrazione di innovazione e tecnologie?
Tutti i produttori di Speck Alto Adige, a prescindere dalle dimensioni aziendali, devono rispettare rigorose direttive e conformarsi a precise procedure al fine di garantire l’alta qualità: la procedura è la stessa per ogni produttore, che si tratti del piccolo macellaio che lavora un centinaio di baffe l’anno o, piuttosto, di una grande azienda. Entro i limiti previsti dalle direttive ogni produttore ha comunque la possibilità di rendere unico il proprio speck per mezzo della propria miscela di spezie o attraverso la durata della stagionatura.