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De Castro: “La futura Pac non potrà prescindere dall’utilizzo di tecnologie avanzate”

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Per tre volte ministro dell’Agricoltura in Italia e alla sua terza legislatura come eurodeputato, Paolo De Castro è membro delle commissioni Agricoltura e sviluppo rurale e Bilancio del Parlamento europeo. Nel corso del primo mandato ha seguito da vicino la riforma della Politica agricola comune 2014/2020 a capo del team di negoziatori del Parlamento. La Pac, in scadenza quest’anno e con una possibile prospettiva di una proroga, è ancora una volta al centro della sua attività legislativa. La sua riforma e l’impatto sull’agricoltura nazionale, le biotecnologie e il nuovo patto per l’ambiente dell’Ue sono i temi affrontati nell’intervista con Mangimi & Alimenti.

In che modo la Pac 2021-2027 potrà intersecarsi con il New Green Deal?  

Il New European Green Deal è il manifesto lanciato dalla Commissione europea per rafforzare l’Unione all’insegna di una rinnovata consapevolezza che i singoli Stati membri, da soli, non vanno da nessuna parte. L’obiettivo è raggiungere insieme, fra trent’anni, la neutralità climatica che ci impone l’inquinamento prodotto negli ultimi decenni di crescita, talvolta incontrollata. La Politica Agricola Comune può, e deve contribuire a sostenere questa sfida; lo ha fatto con le regole attualmente in vigore, ma lo potrà fare in modo sicuramente più efficace con la prossima programmazione alla quale, come Parlamento Ue, stiamo lavorando.  

Quali saranno le novità della futura Politica agricola comune?  

Una riforma che risponda all’esigenza di crescita sostenibile, ambientale, sociale ed economica, richiede tempo. Per questo confidiamo in una proroga di due anni dell’attuale Pac per garantire, prima di tutto, certezza giuridica e tranquillità ai produttori agricoli e a tutta la filiera agroalimentare. L’impalcatura della prossima Politica agricola va però realizzata a Bruxelles, e non delegata agli Stati membri come prevede la proposta di riforma messa sul tavolo dalla Commissione nel 2018. L’impegno del Parlamento europeo, e mio personale, sarà proprio quello di riportare il baricentro delle decisioni e delle novità che verranno – basate sulla semplificazione e un’equa distribuzione delle risorse – alla dimensione europea, nell’interesse degli agricoltori e dei cittadini, europei e italiani.    

La definizione della nuova Pac può essere l’occasione per ripensare al ruolo della tecnologia, magari sbloccando lo stallo sulle New Breeding Techniques?  

La regolamentazione delle nuove biotecnologie, e delle tecniche di miglioramento genetico in particolare, è tra le nostre priorità. E la futura Politica agricola non potrà prescindere dall’utilizzo di strumenti e tecnologie avanzate per fare fronte alle sfide che attendono l’Europa e l’agricoltura mondiale. Le norme che andremo a definire dovranno superare la sentenza della Corte di Giustizia Ue del 25 luglio 2018, che rischia di creare confusione non marcando una linea di separazione netta tra le Nbt e vecchi Ogm tradizionali, e non facendo chiarezza sul concetto che tecniche come la Cisgenesi e il Genome editing consentono di individuare e brevettare nuove varietà di piante più resistenti a malattie e stress climatici senza trasferire Dna da una specie all’altra: di fatto, un’accelerazione di processi che avverrebbero in natura. Un’innovazione che rappresenta un vero cambiamento di paradigma che, oltre tutto, manderà definitivamente in soffitta la diatriba sugli Organismi geneticamente modificati.   

Cosa comporterà l’eventuale proroga della Pac oggi in vigore?  

Il futuro della Pac è legato a doppio filo al prossimo Quadro finanziario pluriennale che dovrà essere approvato nei prossimi mesi, dopo l’uscita ufficiale del Regno Unito dall’Ue. Premesso che il bilancio per il 2020 è confermato, con una Politica agricola che assorbe circa il 37% del budget comunitario complessivo – oltre 52 miliardi di euro l’anno, di cui almeno 7 destinati all’Italia – una proroga delle attuali regole Pac non sarà necessariamente associata a un taglio delle risorse: molto dipenderà dall’accordo che i 27 Paesi membri del dopo-Brexit troveranno per colmare, per il periodo 2021-2027, la mancata contribuzione di Londra alle casse comunitarie, stimata in circa 12 miliardi l’anno. E comunque il nostro obiettivo, proprio nella prospettiva di una Pac più ambiziosa e in linea con il disegno del Green Deal, è destinare alla Pac risorse pari almeno a quelle attuali.   

Rispetto all’agricoltura italiana quali potranno essere i maggiori rischi della nuova Pac? Al contrario, le maggiori opportunità di sviluppo?  

Il primo rischio da scongiurare, come ho accennato, è evitare una rinazionalizzazione della Pac che farebbe sparire gli attuali I e II pilastro – Pagamenti diretti e Sviluppo rurale – e che nel nostro Paese comporterebbe conflitti istituzionali tra Stato e Regioni a scapito di tutti. Su questo fronte al Parlamento europeo c’è già un’ampia condivisione di partenza e stiamo lavorando a un impianto normativo di eco-scheme comune da declinare poi negli Stati membri. Le principali opportunità, oltre ai premi per gli agricoltori più virtuosi che investiranno per produrre in modo più sostenibile, deriveranno da una generale semplificazione delle regole, per esempio per quanto riguarda la gestione del rischio in agricoltura, e dal rafforzamento di tutte quelle misure a supporto delle nostre produzioni di qualità, già efficamente sperimentate nell’attuale regolamentazione sull’Organizzazione comune dei mercati.

Vito Miraglia