Licenziamento per giustificato motivo per riduzione di personale – Cass Sez. Lav. 1° luglio 2011 n. 14517
In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro che adduca a fondamento del licenziamento la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato ha l’onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussista alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore per l’espletamento di mansioni equivalenti a quelle dapprima svolte, ma anche di aver prospettato senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purchè tali mansioni siano compatibili con l’assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall’imprenditore.
Licenziamento di dirigente – Cass. Sez. Lav. 5 luglio 2011 n. 14713
In tema di licenziamento del dirigente, dopo l’intervento delle Sezioni Unite con la sentenza 30 marzo 2007, n. 780, è necessario verificare se si è in presenza di un dirigente o di un pseudo dirigente. Nel primo caso, si applicheranno le garanzie procedurali previste dall’art. 7, legge n. 300/1970, primi tre commi, quale che sia il livello del dirigente (apicale, medio, minore), mentre le conseguenze saranno differenziate in base al trattamento previsto dalla contrattazione collettiva. Nel secondo caso, si applicheranno le garanzie procedurali previste dall’art. 7, primi tre commi, e le conseguenze previste per qualsiasi lavoratore subordinato.
Contratto a termine – Ragioni giustificatrici – Cass. Sez. Lav. 8 luglio 2011 n. 15089
Le ragioni giustificatrici del contratto a termine debbono essere particolareggiate in maniera tale da rendere possibile la conoscenza della loro portata ed il controllo della loro effettività. La trasparenza del controllo è assicurata dall’onere di “specificazione” nell’atto scritto, il quale ha l’evidente scopo di evitare l’uso indiscriminato dell’istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilità della motivazione addotta già nel momento della stipula del contratto.
Tuttavia, se la mera indicazione di esigenze produttive ed organizzative non è sufficiente a qualificare le ragioni per le quali è stata disposta l’assunzione a termine, è possibile che dette ragioni risultino dall’atto scritto non solo per indicazione diretta, ma anche per relationem, ove le parti abbiano richiamato nel contratto di lavoro testi scritti che prendono in esame l’organizzazione aziendale e ne analizzano le tematiche operative.
Mobbing – Cass. Sez . Lav. 31 maggio 2011 n. 12048
Per “mobbing” si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisio-psichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti:
– la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
– l’evento lesivo della salute o delle personalità del dipendente;
– il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psicofisica del lavoratore;
– la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.
Agenti e rappresentanti – Scioglimento del contratto per giusta causa – Cass. Sez. Lav. 17 febbraio 2011, n. 3869
Al fine di stabilire se lo scioglimento del contratto di agenzia sia avvenuto per fatto imputabile al preponente o all’agente può essere utilizzato per analogia il concetto di giusta causa previsto per il lavoro subordinato pur nella diversità delle rispettive prestazioni e della configurazione giuridica, e il relativo giudizio costituisce valutazione rimessa al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da adeguata e logica motivazione. Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva adeguatamente valutato gli addebiti contestati all’agente – consistenti nell’avere emesso polizze auto su diverse piazze italiane non perfezionate, né registrate, né talvolta rinvenute presso l’agenzia preponente – ed aveva ritenuto che la gravità degli stessi avesse fatto venir meno il rapporto fiduciario e giustificato la risoluzione del rapporto.
Responsabilità del datore di lavoro nella verifica del permesso di soggiorno. Cass. Sez. Pen. 31 agosto 2011
Con la sentenza sopra richiamata, la I Sezione Penale della Cassazione ha affermato la responsabilità penale del datore di lavoro che, in buona fede, assuma un lavoratore extracomunitario non in regola con il permesso di soggiorno.
A detta della Suprema Corte, il datore di lavoro deve sempre verificare la regolarità del documento e non “fidarsi” di ciò che viene detto dal lavoratore, in quanto non potrà invocare a sua discolpa la buona fede in caso di inesattezza delle affermazioni del cittadino extracomunitario.
Foto: Pixabay
red.