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Dop economy, Baldrighi (Origin Italia): «Settore due volte resiliente, negli acquisti e nella produzione»

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di Anna Roma

Ambasciatrice dell’Italia nel mondo ma anche presidio dei piccoli territori dello Stivale, la Dop economy è il fiore all’occhiello della produzione agroalimentare italiana. Un settore che nella sua duplice vocazione, internazionale e locale, tutela il passato ma gode di un prospero futuro. Mangimi&Alimenti ha raccolto il punto di vista di Cesare Baldrighi, presidente Origin Italia, l’Associazione che riunisce i Consorzi di Tutela dei prodotti agroalimentari Dop Igp italiani.

Quanto è importante la Dop economy per il comparto agroalimentare italiano?

«È importante il prestigio che questi prodotti hanno e il loro effetto trainante nei confronti di tutto l’agroalimentare perché sono i prodotti con la migliore riconoscibilità a livello internazionale, oltre che nel nostro mercato. La Dop economy ha un doppio fattore di resilienza: negli acquisti e nella produzione. Una resilienza non solo commerciale, perché i dati ci dicono che sono andati bene durante la pandemia, ma anche nei fattori produttivi, perché essendo prodotti legati al territorio non sono stati penalizzati dalle limitazioni degli spostamenti. Non bisogna poi dimenticare il valore dei prodotti Dop e Igp sull’economia del territorio, come forma di presidio spesso di aree marginali. Queste produzioni hanno un valore di carattere economico e sociale, perché portano ricchezza in una determinata zona, ne difendono la cultura e perché mantengono sul territorio le persone che ci lavorano. Esiste infine un aspetto di tipo ambientale: presidiare i territori vuol dire anche tutelare l’ambiente».

Le certificazioni Dop e Igp costituiscono una “garanzia” per i prodotti che riportano questi marchi e per i consumatori. Quanto sono importanti queste certificazioni soprattutto sul mercato globale?

«I prodotti a indicazione geografica possono vantare un processo di certificazione e valutazione della qualità dei processi produttivi che li distinguono da tutti gli altri prodotti. Purtroppo questo aspetto è molto chiaro agli operatori del settore, ma molto meno al grande pubblico. Dovremmo migliorare ulteriormente la percezione della qualità delle indicazioni geografiche».

Secondo l’ultimo rapporto Ismea-Qualivita il comparto ha raggiunto numeri record nel 2021: un valore complessivo alla produzione pari a 19,1 miliardi di euro e un export da quasi 11miliardi di euro. Cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro?

«Le notizie che noi abbiamo dai singoli comparti è che ci sia un ulteriore miglioramento, ma per avere dei numeri precisi occorrerà ancora un po’ di tempo. Tuttavia non si è interrotta la spinta a migliorare i volumi e il valore dei prodotti a indicazione geografica sui mercati internazionali. Anche perché lo sviluppo della Dop economy porta sostanzialmente a migliorare da una parte le performance economiche dei prodotti già affermati, dall’altra a far conoscere quei prodotti arrivati un po’ più tardi sul mercato. Questo porta a un miglioramento dei fatturati e della disponibilità di denaro. Di conseguenza i Consorzi sono in grado di portare avanti quel lavoro di comunicazione e di relazioni internazionali che permette alla Dop economy di migliorare la propria presenza sui mercati, a compimento di un ciclo virtuoso».

La Dop economy ha ampliato nel tempo il proprio catalogo di prodotti certificati Dop e Igp: si potrebbe estendere ancora e quali prodotti potrebbero ambire alla certificazione?

«Credo che l’Italia abbia già fatto tanto, tutte le nostre produzioni di qualità sono oggi certificate Dop o Igp. Certamente qualcos’altro si potrà fare ma non è questo oggi il focus. È importante invece per il futuro rafforzare le filiere già certificate».