Sul biotech l’Istituto superiore di Sanità è al fianco del Cnr. La proposta del Consiglio nazionale delle Ricerche sulle nuove tecnologie applicate in agricoltura ha incassato il sostegno dell’Iss. Come riassunto dalla relatrice dell’affare assegnato, la senatrice Elena Fattori, la proposta del Cnr punterebbe a far rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva europea 18/2001 solo gli incroci che superino il numero di 17 nucleotidi.
La ricercatrice del dipartimento sicurezza alimentare dell’istituto Marzia De Giacomo, in audizione davanti alla commissione Agricoltura del Senato, si è detta d’accordo con l’iniziativa del Cnr. Secondo l’esperta, con modifiche limitate a singole basi o poche coppie di basi, indistinguibili da quelle naturali oppure ottenute con tecniche tradizionali o con mutagenesi, le valutazioni dovrebbero essere diverse da quelle fatte per gli OGM.
La direttiva europea 18/2001 è quella che regola l’emissione di organismi geneticamente modificati ai quali, di fatto, sono stati paragonati gli organismi modificati con le nuove tecniche di editing genetico con la sentenza della Corte di Giustizia europea: “Come ricercatori ci aspettavamo una maggiore apertura: il fatto che abbia considerato irrilevante che nel prodotto finale non vi fosse traccia di acido nucleico ci ha lasciati un po’ spiazzati”, spiega De Giacomo. “Con gli sviluppi tecnologici si è dimostrato che si riesce a escludere completamente qualsiasi traccia del Dna transgenico, anche se spesso nelle fasi intermedie spesso si ricorre a tecniche di ingegneria genetica. Il prodotto finale è esattamente identico al prodotto ottenuto per mutazione naturale o ottenibile con le tecniche convenzionali”.
“Rispetto poi alla mutagenesi chimica o fisica – continua la rappresentante dell’Iss – che produce mutazioni anche imprevedibili, la mutazione è precisa, facilmente individuabile, e grazie agli studi di genomica su cui l’Italia ha una tradizione ormai trentennale”. Infatti gli off target, ovvero i possibili errori di taglio, sono “limitati o addirittura assenti”, sottolinea De Giacomo.
Davanti alla commissione la ricercatrice ha sottolineato il carattere democratico del nuovo biotech: “Ciò che rende tale tecnologia democratica è che la conoscenza della biologia della pianta, dei genomi delle piante e della loro funzione ci permette di utilizzarla: chi non ha queste conoscenze non la può utilizzare”.
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