Utilizzo di topi che sviluppano spontaneamente tumori in studi di lungo periodo, un troppo esiguo numero di animali utilizzati nella ricerca, protocolli standard internazionali per la conduzione di esperimenti non rispettati, mancanza di un metodo di analisi statistica di uso comune e scarsa precisione nel riportare dati fondamentali per l’attendibilità dei risultati: secondo una task force multidisciplinare costituita appositamente dall’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) sarebbero questi, in sintesi, i molti punti deboli dell’articolo pubblicato da Séralini e colleghi sulla rivista Food and Chemical Toxicology lo scorso 19 settembre. «Il recente articolo che menziona l’esistenza di timori circa la potenziale tossicità del mais geneticamente modificato NK603 e di un erbicida contenente glifosato non ha una qualità scientifica tale da essere considerato valido ai fini di una valutazione del rischio», ha commentato l’EFSA.
L’analisi che è appena stata condotta è preliminare – ed è in linea con le posizioni adottate dall’Istituto Federale tedesco per la valutazione del rischio e dalla comunità scientifica britannica – e una seconda indagine verrà portata a termine entro la fine di ottobre. Le carenze per ora evidenziate, sottolinea l’Autorità Europea, «comportano che l’EFSA, allo stato attuale, non è in grado di ritenere le conclusioni degli autori scientificamente fondate. I numerosi problemi riscontrati nella progettazione e nella metodologia dello studio, così come descritti nell’articolo, implicano l’impossibilità di trarre conclusioni circa l’insorgenza di tumori nei ratti oggetto dell’esperimento».
«È una vicenda che conferma, ancora una volta, quale sia l’importanza di una ricerca pubblica seria in materia di Ogm che possa allontanare anche solo il sospetto che da studi privati possano derivare risultati “pilotati” da interessi di parte. Sorprende, infatti, che i ricercatori abbiano utilizzato un ceppo di topi che sviluppa tumori spontaneamente nell’81% dei soggetti e che tale evidenza risalga a uno studio effettuato già nel 1979 su una durata di 2 anni, cioè pari a quello francese», è il commento di Assalzoo, l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici.
«Chiediamo da anni che le Istituzioni competenti del nostro Paese non si limitino a nascondersi dietro ‘principi di precauzione’ o ‘clausole di salvaguardia’ in tema di Ogm, ma avviino responsabilmente un’immediata ricerca mirata su questa importante materia per consentire alla scienza – come giusto – di dare certezze ai consumatori e agli agricoltori e di basare le scelte del Paese sulle evidenze scientifiche e non su pregiudizi troppo spesso dettati solo dalla convenienza politica».
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