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Etichettatura del pet food: attenzione ai claims

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Sono passati quasi 7 anni dalla pubblicazione dell’allora tanto atteso provvedimento comunitario sull’immissione in commercio ed uso dei mangimi, tra i quali anche quelli destinati agli animali da compagnia. La disposizione, accolta favorevolmente dalle parti interessate, rappresentava la volontà del Legislatore di aggiornare ed armonizzare la normativa a livello europeo. Infatti, sebbene la materia fosse stata oggetto del quadro legislativo italiano fin dai primi anni ‘60, solo nel 1979 era stata pubblicata una Direttiva comunitaria (Dir. 79/373/CEE) recepita però differentemente nei diversi Stati membri.

La maggiore novità apportata dal Reg. CE n. 767/2009 è sicuramente l’approfondimento di un aspetto finora non esaminato: la corretta e chiara comunicazione sul prodotto, nella sua interezza. Per conseguire tale obiettivo, la norma non considera più solo l’etichetta ma allarga il proprio campo di azione includendo il concetto di “etichettatura”, cioè l’insieme delle informazioni che al mangime fanno riferimento, trasmesse con qualsiasi mezzo utilizzato per la vendita, diretta e a distanza, o anche solo per finalità pubblicitarie (leaflet, brochure, … ma anche internet ed altri media).

L’etichettatura assume, dunque, un duplice valore: da un lato si conferma indispensabile strumento per l’applicazione della legislazione, la tracciabilità ed i controlli lungo l’intera filiera; dall’altro, per fornire agli acquirenti (allevatori, proprietari di pet) tutte le informazioni necessarie per consentire loro di scegliere il prodotto più adatto alle esigenze dell’animale. Aspetti entrambi verificabili dalle Autorità competenti e dal consumatore.

Abbandonato l’obsoleto “riquadro apposito per le dichiarazioni obbligatorie”, ora si parla di totalità delle informazioni fornite, posizionate ben visibili, facilmente identificabili ed in colore, dimensione e carattere tali da non oscurare o enfatizzare una parte di esse (unica variazione è consentita per avvertenze precauzionali).

Sono ridefinite le norme per le dichiarazioni che devono e che possono essere comunicate mediante l’etichettatura del prodotto, rispettivamente obbligatorie, facoltative ed allegazioni. La tipologia delle dichiarazioni resta pressoché comune ai mangimi per animali da reddito e da compagnia (elenco materie prime, elenco additivi, componenti analitici, umidità, responsabile dell’etichettatura e produttore, data di scadenza, istruzioni per l’uso), ad eccezione di due specifiche per il pet food quali l’obbligo di etichettare un contatto gratuito per il consumatore e la possibilità di dichiarare le materie prime anche per categorie (Dir. 82/475/CE).

Per gli operatori, intesi come produttori e/o responsabili dell’immissione in commercio e dell’etichettatura, diviene quindi necessario ed indispensabile valutare “tutto ciò che viene comunicato” anche mediante la presentazione del prodotto, intesa come forma, aspetto, confezionamento e materiali usati, modo in cui i mangimi sono disposti e contesto in cui sono esposti.

Considerato il grande sviluppo dell’industria del pet food, il ruolo sempre più importante assunto dagli animali da compagnia nella nostra società, il forte e crescente interesse dei proprietari verso gli alimenti somministrati ai loro animali e la massiva comunicazione effettuata sui prodotti, è importante focalizzare le implicazioni di una corretta informazione: rafforzamento del mercato (“un’etichettatura moderna contribuisce alla creazione di un contesto commerciale competitivo, nel quale operatori dinamici, efficienti e innovativi possono sfruttare appieno le possibilità offerte dall’etichettatura per vendere i loro prodotti”) e soprattutto una mano tesa al proprietario che deve poter effettuare una scelta informata e consapevole, indispensabile per il benessere dell’animale, rispettandone la natura e la fisiologia soprattutto come singolo individuo, secondo il recente concetto in uso del welfare-wellbeing.

Per tali motivi, le informazioni fornite sul prodotto devono essere chiare, accurate, vere e coerenti e dovranno essere scritte, o rappresentate attraverso diciture, immagini, figure, ecc. in modo non ambiguo. Anche la terminologia impiegata ha la sua importanza e deve essere facilmente comprensibile dall’acquirente medio.

In questo contesto è fondamentale la validità delle informazioni comunicate riguardo al prodotto, alle sue caratteristiche, proprietà, ed ai benefici effetti collegati al suo utilizzo. Qualunque affermazione dovrà essere sempre sostanziata e comprovata prima dell’immissione in commercio, a seconda dei casi mediante registri di formulazione, dossier scientifico/bibliografia riconosciuta, analisi aziendali, ecc.

È necessario, quindi, fare attenzione non solo alle dichiarazioni obbligatorie ma a tutte le “allegazioni” (claims) comunicate con ogni mezzo di informazione perchè dovranno essere supportate; in tale contesto, risulta consigliabile utilizzare nel testo di marketing un wording adeguato ed evitare termini riconducibili ad un linguaggio medico se trattasi di alimenti convenzionali o dietetici. Utili strumenti applicativi a completamento della norma, lasciata volutamente e consapevolmente generica dal Legislatore, sono i Codici di Buone Pratiche di etichettatura delle Federazioni europee di settore approvati dall’Unione Europea, un mezzo legalmente facoltativo per conseguire gli obiettivi di una moderna etichettatura.

Il fondamentale principio ispiratore della corretta informazione è non ingannare il consumatore, direttamente o indirettamente, e non confonderlo mediante asserzioni vaghe o fuorvianti. Spesso, infatti, risulta superficiale l’impiego di termini relativi alla qualità del prodotto o a funzioni migliorative.

Quindi, un suggerimento: non inficiamo con una pessima etichettatura il successo di un prodotto, il cui mercato sembra non conoscere tendenze negative, tantomeno crisi!

 

Foto: Pixabay

Francesca Russo