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Fao: entro 2050 ecosistemi idrici minacciati da cambiamenti climatici

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Entro il 2050 i cambiamenti climatici potrebbero modificare gli ecosistemi marini e di acqua dolce. Lo sostiene il rapporto: “Impacts of climate change on fisheries and aquaculture: Synthesis of current knowledge, adaptation and mitigation options” realizzato dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (Fao) con la collaborazione di oltre 100 scienziati, secondo cui le alterazioni meteorologiche potrebbero danneggiare la produttività di molte attività di pesca.

L’indagine evidenzia che i cambiamenti climatici potrebbero causare la variazione della temperatura dell’acqua e dei livelli di pH, l’innalzamento del livello del mare, provocare cambiamenti nei modelli di circolazione oceanica e alterazioni delle precipitazioni e delle tempeste. Tutto questi fenomeni potrebbero modificare la distribuzione e la produttività delle specie, sbiancare i coralli e favorire la diffusione di malattie acquatiche. Secondo la relazione, entro il 2050 la produttività della pesca nelle zone economiche marine potrebbe diminuire in misura compresa tra il 2,8% e il 5,3%, o secondo un altro il modello addirittura in percentuale compresa tra il 7% e il 12,1%. Le maggiori flessioni dovrebbero verificarsi nelle zone economiche marine dei paesi tropicali, soprattutto nel Pacifico meridionale, mentre nelle regioni di latitudine più elevata il potenziale di cattura potrebbe aumentare.

Il rapporto, che fornisce stime su come cambierà il clima, l’uso dell’acqua e lo stress della popolazione in 149 paesi, sottolinea che gli impatti produttivi sui sistemi idrici interni potrebbero cambiare da un luogo all’altro, ma nessuna regione del mondo ne sarà immune. Nel caso dell’acquacoltura d’acqua dolce, i paesi considerati più vulnerabili sono il Vietnam, il Bangladesh, il Laos e la Cina, mentre per l’acquacoltura marina sono la Norvegia e il Cile, a causa dei loro sistemi di allevamento marino e della loro dipendenza da poche specie.

La Fao precisa che se i paesi attueranno adeguate misure di adattamento e regimi di gestione della pesca efficaci, anche nelle zone in cui la produttività sarà negativa le catture di pesce potrebbero però continuare a crescere. Il rapporto illustra quindi una serie di strumenti e di misure che potrebbero aiutare i paesi ad affrontare i problemi causati dai cambiamenti climatici e, nel contempo, adempiere agli impegni di adattamento contemplati dall’Accordo sul clima di Parigi. La relazione evidenzia, infatti, che tramite l’adozione di misure opportune, l’impatto delle alterazioni climatiche potrebbe essere ridotto al minimo.

Il Direttore Generale della Fao, José Graziano da Silva, ha pertanto chiesto alla comunità internazionale di fornire un supporto adeguato a tutte le nazioni, per aiutarle ad adattarsi alle conseguenze delle modifiche del clima. In particolare, ha invitato i paesi membri del consiglio direttivo del “Fondo verde per il clima” a risolvere i loro disaccordi sui finanziamenti, sottolineando che il mancato accordo sul rifinanziamento del Fondo potrebbe far sì che si esaurisca già l’anno prossimo. “Corriamo il rischio di esaurire l’elemento più potente dell’Accordo di Parigi sul Clima – ha dichiarato il DG della Fao -. Quando abbiamo firmato l’Accordo di Parigi, aiutare i paesi più poveri ad adattarsi era una condizione imprescindibile, e la sua mancata realizzazione significherebbe fallire nell’implementazione dell’accordo”.

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red.