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Fao, il commercio mondiale al servizio dell’alimentazione umana

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Riscrivere le regole del commercio internazionale per sostenere l’import/export di cibi salutari e nutrienti piuttosto che semplicemente di quelli più economici ora che la minaccia dell’obesità globale incombe al pari della fame nel mondo. È il messaggio lanciato dal direttore generale della Fao José Graziano da Silva a Roma durante la presentazione del Global Food Policy Report 2018, pubblicato dall’Ifpri, l’International Food Policy Research Institute. 

Il documento passa in rassegna gli eventi e gli sviluppi in materia di politica alimentare. Al centro la globalizzazione e i sentimenti ostili che ha suscitato, con uno sguardo all’impatto sul sistema alimentare globale dei cambiamenti nell’economia mondiale, nella circolazione di individui, beni, investimenti e informazione. 

“Abbiamo bisogno del commercio, poiché tutti gli Stati, senza alcuna eccezione, hanno bisogno di scambiare i prodotti per nutrire la popolazione. La domanda è che tipo di scambio”, dice da Silva. Le regole, gli standard, i protocolli produttivi, i sussidi dovrebbero essere ridefiniti “per proteggere il cibo salutare e non solo il cibo in generale. Promuovere il cibo sano è parte del mandato della Fao e lo chiamerei persino un dovere”. 

Da Silva ha ricordato l’aumento delle tensioni commerciali relative in particolare ai prodotti freschi, suggerendo che è arcaico “applicare la stessa regolazione per un prodotto esportato dal Brasile al Giappone a qualcosa prodotto nelle vicinanze per essere venduto al mercato cittadino”. Il risultato è che prodotti processati, spesso ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri, sono infine avvantaggiati dalle regole vigenti. 

Come ricorda Shenggen Fan, direttore generale dell’Ifpri, nella prefazione al report, a fronte della crescita dell’economia globale persistono le ineguaglianze a vari livelli territoriali che possono mitigare le prospettive della riduzione della povertà. Ad esempio, dopo un decennio di declino, è aumentato il numero delle persone sottonutrite, da 777 milioni nel 2015 a 815 nel 2016 per via di conflitti e siccità.  

“Dobbiamo andare oltre la produzione”, ha detto Fan guardando alle sfide chiave legate all’impegno per porre fine alla fame nel mondo ovvero nutrizione, occupazione, migrazione e libera condivisione di conoscenze e dati. Il commercio ha un ruolo essenziale nel perseguimento di questo obiettivo globale, ribadisce Fan. Il commercio internazionale aumenta infatti la disponibilità di cibo e può aiutare a incrementare la diversità degli alimenti, come quando la frutta tropicale è esportata nelle zone dal clima più freddo in inverno e i cereali viaggiano nell’altra direzione. 

Negli ultimi quarant’anni la quota mondiale di calorie da alimenti che attraversano i confini è salita dal 12% a oltre il 19%. Ma il commercio riguarda ambiti che vanno al di là di calorie e consumo. Fan ha citato l’esempio della Cina e dell’import di “acqua virtuale” importata con le importazioni di cibo da Brasile, Canada e Stati Uniti, senza la quale le falde acquifere e i fiumi del Paese asiatico andrebbero verso l’esaurimento.

 

Foto: Pixabay

redazione