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Fao: prodotti alimentari, prezzi in calo anche per la diffusione del coronavirus

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Dopo una striscia positiva di quattro mesi, a febbraio l’Indice dei prezzi dei prodotti alimentari della Fao è diminuito dell’1%. Un ribasso causato anche dai timori legati alle conseguenze dell’epidemia da nuovo coronavirus. In particolare c’è stato il netto calo di prezzi all’export degli oli vegetali e, in misura minore, di carne e cereali, non controbilanciato dai rialzi di prodotti caseari e zuccheri. L’indice ha raggiunto 180,5 punti, comunque superiore dell’8% rispetto al febbraio del 2018. Contestualmente la Fao ha diffuso anche le previsioni sul settore cerealicolo per il 2020, con indicatori positivi per la produzione di mais e grano.

Cereali

L’indice dei prezzi per i cereali è pari a 167,8 punti, in calo dello 0,9%. I prezzi del grano sono bassi, riflesso di mercati ben forniti e per via dell’impatto negativo sulla domanda dell’epidemia di CoVid-19. I prezzi del mais sono scesi in quanto la domanda del settore dei mangimi è calata per le previsioni di indebolimento dell’economia globale. Su invece i prezzi del riso, grazie alla forte domanda da Estremo Oriente e Africa orientale.

Sul fronte domanda e offerta, la Fao rivede al rialzo la produzione del 2019: 2.719 milioni di tonnellate grazie all’aumento della fornitura di mais in Africa occidentale ed Ucraina. Per il 2020 l’agenzia dell’Onu prevede un livello produttivo di grano molto vicino a quello eccezionale del 2019: il grano di Australia, Canada, Russia e India colmeranno il calo di Ue, Usa e Ucraina. Bene anche la produzione di cereali secondari in Argentina, Brasile e Sudafrica, tra cui il mais (previsione di 1.444 milioni di tonnellate prodotte).

Il consumo 2019/2020 raggiungerà un livello record di 2.721 milioni di tonnellate, grazie a maggior uso alimentare, industriale e mangimistico. Per i mangimi soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di cereali secondari. Il rapporto tra consumo e scorte finali toccherà una soglia di sicurezza del 30,9%. In rialzo soprattutto le scorte di grano grazie a Ue, Cina e India che controbilanciano i cali di Usa, Russia e Australia. Scende invece rispetto al livello iniziale il livello di scorte di mais.

Infine aumenteranno anche gli scambi commerciali: +2,3%, a 420 milioni di tonnellate. Tra i singoli cereali è il grano a conoscere la maggiore crescita tendenziale (+5,5 milioni). Invariato il commercio di mais, a quasi 167 milioni di tonnellate, rispetto alla precedente stagione.

Oli vegetali

L’indice, a 158,1 punti, è in calo del 10,3%. Più alto della media il calo dei prezzi internazionali dell’olio di palma (-12%) per un eccesso di produzione rispetto alle previsioni in Malesia, la contrazione temporanea della domanda di import in India e i timori per il nuovo coronavirus sia per l’olio di palma che per soia, girasole e colza. Per la soia pesano anche le segnalazioni di maggiori scorte negli Usa rispetto a quanto anticipato.

Carne

A 178,6 punti, con un calo del 2%, il secondo consecutivo dopo undici mesi di moderati aumenti. Hanno pesato il calo dell’import dalla Cina, per via dei ritardi nella movimentazione dei carichi nei porti, la macellazione della carne ovina in Nuova Zelanda, indotta dalla siccità, mentre i prezzi della carne di pollame sono stati influenzati dalle minori importazioni dall’Asia. Per i suini il prezzo è leggermente aumentato per via della domanda di importazioni che si è un po’ allentata rispetto ai picchi iniziali e per via della minore offerta in Europa.

Lattiero-caseari

L’indice dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari è salito del 4,6%, per il quarto mese consecutivo (pari a 209,8 punti). Il traino è arrivato dall’aumento delle quotazioni dei formaggi, in parte per via della ridotta produzione di latte in Australia e Nuova Zelanda e per via di minori disponibilità per l’export. Il prezzo del latte in polvere, al contrario, è diminuito: gli ostacoli logistici riconducibili all’emergenza coronavirus hanno rallentato gli acquisti dalla Cina, il maggiore importatore mondiale di latte in polvere.

Zucchero

209,7 punti per l’indice dei prezzi dello zucchero, al quinto mese consecutivo di incremento. L’ultimo rialzo è stato pari al 4,5%. Determinanti le previsioni di una minore produzione in India, il secondo maggiore produttore al mondo, e in Thailandia per la prolungata siccità e la forte domanda mondiale di importazioni, soprattutto in Indonesia, il maggiore importatore di zucchero. La debolezza del real brasiliano contro il dollaro ha in parte frenato l’aumento dei prezzi.

 

Foto: Pixabay

redazione