È necessario redigere linee guida internazionali sull’impiego dei probiotici nell’alimentazione animale. Lo afferma il rapporto: “Probiotics in animal nutrition” pubblicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), che ha analizzato l’uso di questi ingredienti nei mangimi, con particolare riferimento ai diversi sistemi di produzione e di etichettatura.
I probiotici sono microrganismi viventi, che possono arrecare effetti benefici agli organismi che li ospitano. Ne esistono diversi tipi: batterici o non batterici; che producono spore o che non le formano; multispecie o di specie singole; alloctoni o autoctoni, ossia che possono essere trovati o meno nel tratto gastrointestinale dell’animale. I più utilizzati nei mangimi sono i batteri che producono spore, che di solito appartengono al genere Bacillus. Questi microbi sono resistenti ai fattori fisici e ambientali, come il calore e i raggi ultravioletti, per cui restano vivi a lungo all’interno dei mangimi.
I probiotici possono aumentare il grado di crescita degli animali e ridurre l’entità delle malattie intestinali. Inoltre, alcuni tipi aiutano gli animali a nutrirsi di più e aumentano l’efficienza dell’alimentazione. Nei suini, per esempio, vengono utilizzati per favorire l’aumento di peso e per combattere morbilità, mortalità e disturbi enterici. Nei bovini sono invece impiegati per migliorare salute e tasso di crescita.
Gli studiosi della Fao evidenziano, tuttavia, che spesso i probiotici in commercio non presentano una corretta etichettatura e non contengono indicazioni precise sul dosaggio più adatto per ciascun tipo di animale. Inoltre, gli esperti ritengono necessario condurre ulteriori studi per determinare se e in che modo i probiotici utilizzati nell’alimentazione animale entrino nella catena alimentare e possano influenzare la salute degli umani. Per questo motivo, ritengono essenziale la redazione di linee guida internazionali per la produzione, la commercializzazione e l’uso di probiotici nell’alimentazione animale, soprattutto alla luce della crescente globalizzazione.
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