Il 2022 si è aperto con la presentazione da parte del Governo italiano del Piano Strategico Nazionale, lo strumento con cui ogni Paese Ue fa proprio l’impianto previsto dalla Politica Agricola Comune 2023-2027. Il Piano, tra gli altri interventi, prevede di far fronte a due questioni rilevanti per il settore agro-zootecnico: l’approvvigionamento di proteine vegetali (soia e leguminose), con lo stanziamento di 70 milioni annui per allentare la dipendenza dell’Italia dalle forniture di altri Paesi, e il miglioramento del benessere animale nell’orizzonte più ampio del contrasto all’antibiotico-resistenza. Questi due fronti di azione si inseriscono nel disegno generale di rendere il sistema primario più sostenibile e resiliente, come conferma la previsione di 5 eco-schemi nazionali, a cui è subordinata parte degli aiuti diretti, e di 26 interventi a favore di clima e ambiente previsti nel secondo pilastro. La nuova PAC, infatti, vuole contribuire alla transizione verde e digitale pensata dal Green Deal e così la PAC si trova a dialogare con le strategie che lo accompagnano, tra cui la Farm to Fork.
Tuttavia, nell’attesa che questa strategia si traduca in provvedimenti normativi, sorgono molte preoccupazioni sulle conseguenze che la sua applicazione potrà avere sulle produzioni e il reddito del sistema agro-zootecnico-alimentare, per le quali manca uno studio di valutazione d’impatto. Preoccupazioni che, peraltro, risultano confermate dagli studi condotti da diversi enti (Usda, Centro Comunitario di Ricerca e Coceral, ad esempio) a cui si è aggiunto quello molto accurato della Wageningen University & Research che, di fatto, ne avvalora gli esiti. In uno scenario che prevede un dimezzamento dell’uso di fitofarmaci e nutrienti per le piante e almeno il 10% dei terreni agricoli lasciati alla natura, lo studio prevede un impatto decisamente negativo, con un calo compreso tra il 10% e il 20% della produzione media e un aumento dei costi di produzione che avranno inevitabili sensibili riflessi sul reddito degli agricoltori.
Analoghe preoccupazioni emergono anche dalla dichiarazione congiunta delle maggiori Associazioni di tutti i principali comparti del settore agroalimentare europeo – da FEFAC a Coceral, da Fefana a Animal Health – per le quali Farm to Fork potrebbe rappresentare un’occasione di rilancio per un vero sviluppo a patto però che si faccia dell’innovazione il suo fondamento. Ma per sfruttare a pieno la ricerca scientifica e tecnologica – sostengono – c’è bisogno del supporto sia legislativo sia finanziario delle istituzioni europee. Solo rendendo l’innovazione il “motore degli obiettivi Farm to Fork”, il contributo del settore agroalimentare e zootecnico alla causa ambientale e alla riduzione dell’impronta di carbonio sarà massimo.
Pensiamo solo ai progressi che si potrebbero avere se si riuscisse a sfruttare a pieno l’insieme delle New Breeding Techniques, per le quali è necessario e urgente adottare una normativa ad hoc che ne consenta l’utilizzo in campo. Ed anche nella zootecnia, grazie agli avanzamenti delle scienze veterinarie e della nutrizione animale, gli allevamenti sono diventati più sostenibili perché capaci di ottimizzare la tutela della salute e del benessere animale e di assicurare, così, produzioni più efficienti.
Tutto questo rischia però di restare congelato in assenza di un quadro normativo che tenga conto delle grandi opportunità messe a disposizione dalla ricerca più moderna, alla quale gli operatori devono poter avere accesso e per favorire il quale serve una formazione per utilizzare al meglio le scoperte, come nel caso delle biotecnologie, della robotica e dei vaccini. Non si tratta di un’opzione ma di una necessità per garantire la sicurezza alimentare e gli approvvigionamenti.
Tema, quello della sicurezza alimentare e della capacità di autoapprovvigionamento, particolarmente sensibile per un Paese come l’Italia, sempre più sbilanciato verso una pericolosa dipendenza dall’estero per le materie prime agricole, come cereali e semi oleo-proteaginosi, ma anche per molti prodotti zootecnici, come carni bovine, suine o pesce. Anche per tali ragioni è fondamentale che nel Piano Strategico Nazionale venga inserita tra le priorità strategiche la necessità di garantire un più elevato livello di sicurezza alimentare attraverso lo sviluppo della produzione interna. L’agro-zootecnia europea e quella italiana sono in prima linea per rendere effettiva la transizione ambientale. È di tutta evidenza, però, che questa non può avvenire a spese dei produttori, mettendo così a rischio le produzioni agro-alimentari italiane. Un risultato che sarà possibile solo se sarà dato un forte impulso alla ricerca e all’innovazione per assicurare ai produttori agricoli nazionali la possibilità di mantenere produttività e reddito, indispensabili a garantire un futuro sostenibile alla nostra agricoltura.
di Lea Pallaroni – Segretario generale di Assalzoo
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