La produzione europea di mangimi nel 2020 subirà un calo di oltre il 2%. A far contrarre l’output sarà non solo l’effetto della pandemia di coronavirus ma anche le ricadute delle malattie infettive animali a cominciare dalla Peste suina africana. La stima è di Fefac, la Federazione che riunisce i produttori europei di mangimi. L’Italia, però, è tra i pochissimi Paesi che non dovrebbe far registrare un calo, indicando invece un aumento dello 0,7%. Tra i diversi segmenti va male l’avicoltura che potrebbe cedere il primato del comparto con la maggiore quota di prodotto.
Polonia con il maggiore incremento
I dati rilevati da Fefac si riferiscono ai 27 Stati membri dell’Unione europea più il Regno Unito. Per il 2020 la produzione di mangimi composti è stimata in 161,4 milioni di tonnellate, giù del 2,2% rispetto all’anno passato. In questi mesi hanno pesato le conseguenze sull’economia legate alla gestione dell’emergenza sanitaria per la pandemia di Covid-19, con la riduzione della domanda di prodotti di origine animale. Oltre a questo hanno giocato un ruolo anche gli effetti diretti della diffusione delle malattie infettive come la Peste suina africana e l’influenza aviaria.
Tra i diversi Paesi il risultato peggiore lo fa segnare la Romania, con un calo che sfiora il 12%, seguita da Bulgaria (9,2%), Cipro (7,3%) e Irlanda (6,3%). Anche i principali Paesi agricoli europei sono con il segno meno: la produzione di mangimi è prevista in calo in Spagna (-4,6%), Francia (-1,5%) e Germania (-3,5%). In flessione anche il Regno Unito (-2,3%). L’Italia, invece, è in controtendenza rispetto alla media continentale, con un aumento dello 0,7%. Meglio solo la Polonia, a +1,7%.
Bovini
Il comparto fa segnare il dato peggiore, con un calo stimato del 2,9%. Il risultato è principalmente conseguenza delle misure applicate durante le due ondate di diffusione dell’epidemia soprattutto la chiusura del canale Horeca. L’intera filiera ha risentito del calo dei consumi dei tagli più pregiati di carne, ovvero il vitello, la carne fresca e i prodotti a valore aggiunto. Gli allevatori, inoltre, hanno diminuito l’utilizzo di mangimi nelle razioni per ridurre la produzione di latte e per rallentare la crescita degli animali. Il calo della produzione di mangimi è stato solo in parte tamponato dall’aumento della domanda dei Paesi dell’Europa orientale alle prese con uno scarso raccolto di foraggio per via della siccità.
Suini
Più contenuto il calo per la suinicoltura con una stima di -1,1%. In questo comparto è stato determinante il contagio della Peste suina africana. La Cina ha imposto un divieto all’importazione di carne suina dalla Germania, uno stop che la Spagna può solo rimpiazzare in parte viste le sue comunque limitate capacità produttive. L’effetto di questo bando è che la carne destinata alla Cina resterà in Europa, impattando sulla produzione mangimistica. Inoltre – aggiunge Fefac – alcuni Stati come l’Olanda stanno riducendo la popolazione di suini per ridurre le emissioni ambientali agricole.
Avicoli
Significativo anche il calo per l’avicoltura, pari al 2,7% rispetto al 2019. Un decremento che potrebbe portare il settore in seconda posizione per quota comparto a beneficio della suinicoltura. L’avicoltura ha un primato ormai da più di dieci anni, come risultato di un continuo trend rialzista. Nel 2020, invece, per via delle misure restrittive imposte per contenere il contagio di coronavirus, c’è stata una riduzione delle produzione, con un’altrettanto significativa riduzione della domanda di mangimi. In estate c’è stato un parziale recupero ma Fefac ha stimato un nuovo calo per la fine dell’anno soprattutto in Romania, Spagna, Irlanda. Inoltre la diffusione dell’influenza aviaria in diverse aree dell’Europa ostacolerà il tentativo di ripresa avviato.
Per le altre categorie di animali da allevamento è prevista infine una riduzione della produzione di mangimi dell’1,1%.
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