Le nuove frontiere dell’allevamento sono state al centro della 115° edizione di Fieragricola di Verona. L’Organizzazione Interprofessionale Carne Bovina – Oicb, in collaborazione con Assalzoo, ha organizzato il convegno “La bovinicoltura nella nuova PAC”. Un incontro per fare il punto sulle importanti novità introdotte nella gestione della Pac 2023-2027 e per rilanciare l’impegno dell’organizzazione per la tutela del settore bovino. Ma la rassegna internazionale dell’agricoltura è stata anche l’occasione per parlare di suinicoltura e del settore del latte.
«Gli obiettivi dell’imminente Pac sono ambiziosi e in parte condivisibili, ma le misure non sono sufficienti né adeguate ad assicurare la sostenibilità economica delle aziende», ha spiegato il presidente di Oicb Matteo Boso. Durante l’incontro è emerso, dagli allevatori, l’impegno nella riduzione dell’utilizzo dei farmaci, per il benessere animale e a perseguire gli obiettivi della transizione energetica. In particolare, riguardo alla riduzione dell’uso dei farmaci è intervenuto il professor Matteo Gianesella dell’Università degli Studi di Padova, che ha documentato il lavoro svolto dagli allevatori, evidenziando, attraverso i dati del rapporto Esvac (European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption) dell’Ema, una riduzione del consumo dell’antibiotico veterinario del 51% in Italia negli ultimi dieci anni. Riduzione indicata anche dal terzo rapporto inter-agenzia Ema, Ecdc, Efsa che pone in paragone il consumo in medicina umana e in veterinaria. «È necessario – ha sottolineato il presidente Boso – puntare su ricerca, tecnologia e innovazione affinché si possa garantire competitività alle aziende italiane. È ora che si acquisisca una maggiore consapevolezza del ruolo degli allevatori su questo pianeta».
Gli allevamenti sono sotto pressione. Un esempio è la redditività nella suinicoltura a ciclo chiuso, in sofferenza per le quotazioni dei suini in diminuzione e per i costi in aumento delle materie prime. Secondo l’elaborazione di Crefis – Centro di ricerca delle filiere suinicole sul costo simulato del suino al chilogrammo al 4 marzo, il valore è di 1,58 €/kg, contro una quotazione per il suino grasso da macello in Commissione unica nazionale del circuito tutelato di 1,42 €/kg. «La suinicoltura italiana deve segmentare l’offerta», spiega il professor Gabriele Canali, economista agrario dell’Università Cattolica di Piacenza e direttore di Crefis. «Prima ancora di operare in tale direzione – aggiunge – le filiere dovrebbero indagare quali sono le tendenze del consumo e, sulla base di tali indicazioni, modulare la produzione. Ritengo che ci siano spazi di differenziazione sia all’interno delle Dop sia nell’ambito delle produzioni non Dop, così da ampliare il ventaglio dei prodotti».
Nel corso della rassegna si è parlato anche delle difficoltà del settore del latte italiano. “Latte. Quasi autosufficienti, ma sotto costo” è il nome dell’incontro organizzato da Assalzoo e Allevatori Top per riflettere sulle prospettive future di un comparto tra i più colpiti dall’aumento delle materie prime. Secondo le stime di Ismea, l’indice dei prezzi dei mezzi correnti di produzione ha registrato nel 2021 un aumento medio del 7,4% su base annua, con una crescita particolarmente evidente nel mese di dicembre (+13% rispetto a dicembre 2020). Ad incidere sugli oneri a carico degli allevamenti, oltre ai costi energetici, è soprattutto il capitolo dell’alimentazione animale, con la mangimistica lievitata del 19% a causa dei rincari dei foraggi (+22%), mangimi semplici (+17%) e composti (+15%) a seguito dell’aumento vertiginoso delle materie prime. Di contro, gli aumenti dei prezzi del latte corrisposti agli allevatori sono stati molto più contenuti (indice +2,9%), evidenziando un inevitabile peggioramento della ragione di scambio (rapporto prezzi latte e prezzi input) e, quindi, un deterioramento della redditività del settore. Ne hanno discusso Maurizio Ferraroni, consigliere di giunta Assalzoo, Gianpiero Calzolari, presidente Granlatte e Granarolo spa, e Silvio Ferrari, vicepresidente di Federalimentare.
«L’agricoltura ha davanti a sé tre sfide enormi – ha dichiarato al convegno di Fieragricola Maurizio Martina, vicedirettore aggiunto della Fao e già ministro delle Politiche agricole – . La pandemia, i cambiamenti climatici e il conflitto che si è aperto fra Russia e Ucraina». Il boom dei prezzi, in particolare dei cereali e semi oleosi, sta mettendo sotto pressione le catene di approvvigionamento a livello mondiale. Il mais è passato da 170 a 287 €/tonnellata, il grano duro da 280 a 522 €/ton, il grano tenero da 186 a 307 €/ton e l’orzo da 159 a 295 €/ton. La soia da 357 a 627 €/ton, la farina di soia da 320 a 549 €/ton e la farina di girasole da 161 a 281 €/ton. La previsione è che per buona parte del 2022 i listini rimarranno su livelli alti. A tutto ciò si aggiungono le tensioni sui prezzi del gas, del petrolio e dell’energia. «In questa fase di incertezza le imprese agricole devono diversificare le produzioni e le imprese di trasformazione diversificare le fonti di approvvigionamento, perché la soluzione dell’acquisto di materie prime nel breve periodo può mettere in difficoltà le aziende». Sono le indicazioni di Angelo Frascarelli, presidente di Ismea ed economista agrario. «Serve maggiore trasparenza dei mercati e rafforzare le filiere nazionali, cogliendo questa fase di tensione dei prezzi per ipotizzare nuove soluzioni operative».
di Redazione
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