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Gallinella: “Accordi di filiera necessari per aumentare la produzione agricola”

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L’onorevole Filippo Gallinella presiede dallo scorso giugno la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati. Mangimi&Alimenti l’ha intervistato per parlare delle questioni principali in materia di agroalimentare nell’agenda dei lavori parlamentari.

Presidente, quali sono le azioni politiche con le quali il Parlamento cercherà di promuovere, sul mercato interno e su quello estero, l’agroalimentare italiano, uno dei settori chiave dell’economia nazionale?
Nella legge di bilancio, attualmente in discussione alla Camera, è previsto il potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e questo è sicuramente un primo passo. Sarà poi necessario approfondire ed ampliare il tema dell’etichettatura d’origine, fondamentale sia per i consumatori che per i produttori italiani. Molto importante è anche la diffusione di una vera “educazione alimentare”, sin dall’età scolare, che possa permettere ai cittadini di districarsi tra le diverse teorie diffuse sulla bontà o meno dei prodotti agroalimentari, in particolare nel momento in cui ci si rapporta con sistemi di etichettatura o classificazione dei cibi diversi dal nostro e spesso fuorvianti o discriminatori per i nostri prodotti. Penso ad esempio al sistema dell’etichettatura cosiddetta “a semaforo” diffusa nel Regno Unito che assegna il “semaforo verde” alla Coca Cola light mentre boccia con un “semaforo rosso” il nostro Parmigiano Reggiano o il nostro Prosciutto di Parma basandosi semplicemente su una combinazione di zuccheri, grassi o proteine che nulla ha a che vedere con la bontà/salubrità di un prodotto alimentare. È fondamentale quindi conoscere i propri prodotti, difenderli e sapersi difendere.

All’estero il Made in Italy, in particolare il settore agroalimentare, è penalizzato dal fenomeno dell’Italian Sounding, con l’uso di packaging ingannevoli che rievocano l’italianità dei prodotti. Nel mercato interno, invece, arrivano spesso prodotti stranieri venduti per italiani. Quali iniziative pensate di prendere per difendere i prodotti italiani da questi fenomeni e di conseguenza tutelare gli imprenditori e i consumatori?
Finché esisterà l’Italian Sounding vorrà dire che il prodotto italiano all’estero “tira” e per questo è necessario uno sforzo maggiore da parte nostra affinché sul mercato estero arrivi il vero prodotto italiano. Per sforzo intendo soprattutto una maggiore produzione, anche se non sempre ciò è possibile; basti pensare all’olio, che non produciamo neanche in quantità tale da coprire il nostro fabbisogno interno, figuriamoci l’estero. Resta comunque fondamentale l’ambito della promozione e della comunicazione, per far capire anche all’estero come si riconosce un autentico prodotto italiano.

Da anni l’Italia è costretta a importare materie prime agricole. Quali sono le politiche attraverso le quali ritiene possibile aumentare la produzione agricola in grado di colmare questo deficit?
Non è di certo un’operazione semplice, poiché necessita di diversi elementi che devono combinarsi insieme. Ad esempio ci sono in cantiere numerosi “piani di settore” che puntano all’aumento della produzione e alla qualità, attraverso l’incentivazione di determinati comportamenti nella coltivazione e lavorazione dei prodotti; ma tali piani andranno necessariamente affiancati ad “accordi di filiera”, così che tutti gli attori abbiano la giusta remunerazione. È poi fondamentale affrontare la volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli, che destabilizza il mercato e che rappresenta la preoccupazione più grande di ogni imprenditore agricolo.

La recente sentenza della Corte di Giustizia europea sul genome editing ha riaperto il dibattito sull’utilizzo delle nuove tecnologie in agricoltura. La decisione è stata vista da parte del mondo scientifico e accademico come un’ulteriore chiusura nei confronti dell’innovazione. Come si svilupperà il lavoro regolatorio del Parlamento su questi aspetti?
Non so se il Parlamento italiano affronterà a breve questa tematica. Il mio punto di vista è che non si possono chiudere le porte allo sviluppo e al progresso scientifico. Certo è che oggi non sono gli Stati ad avere in mano le tecnologie e la ricerca ma sono sempre più spesso le multinazionali; per questo credo che il CREA – il nostro principale centro di ricerca pubblica in agricoltura – debba essere messo nelle condizioni di studiare, sperimentare ed utilizzare le nuove tecnologie agricole in modo tale che, al bisogno, l’Italia sia autonoma da questo punto di vista. Ciò sarà possibile solo aumentando risorse ed opportunità in favore della ricerca scientifica in campo agricolo, altrimenti ci troveremo sempre a rincorrere il resto del mondo.

Quali sono gli obiettivi che, da qui al 2023, questa legislatura cercherà di raggiungere nel settore dell’agroalimentare per cui potrà dirsi soddisfatto di aver svolto positivamente il mandato affidato dagli elettori?
Sicuramente – al di là delle varie proposte di legge assegnate alla Commissione e che vorrei chiudere – il provvedimento più importante che affronteremo in ambito agricolo è la riforma della PAC post 2020, ed in particolare l’esame puntuale dei Regolamenti che la compongono. Con un lavoro sinergico tra Commissione e Governo dobbiamo trovare un punto di incontro tra il concetto di “piani strategici nazionali”, di cui l’Italia ha un grande bisogno, e le disposizioni dell’art. 117 della Costituzione. Tuttavia credo sinceramente che, con una grande opera di concertazione e valorizzazione delle singole Regioni agricole, si possa ottenere un risultato importante, perché è chiaro a tutti ormai che senza una programmazione strategica delle produzioni non avremo più nulla da vendere e saremo sempre più dipendenti dall’estero.
Oltre alla PAC, credo che per l’Italia sia fondamentale un lavoro di semplificazione della normativa che investe il mondo agricolo, ciò per agevolare tutti gli operatori del settore. Per raggiungere questo obiettivo, come Commissione, ci siamo già messi all’opera e presto inizieremo l’esame di una proposta di legge.

Vito Miraglia