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Giovanni Epifani: “Necessaria una riforma radicale della PAC”

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Il settore agroalimentare svolge un ruolo importante nell’economia italiana. Quali sono le azioni principali, in un’ottica di legislatura, da compiere a livello di mercato interno per migliorare la capacità produttiva e la competitività commerciale?

Uno degli obiettivi prioritari da perseguire nel prossimo futuro è quello di porre in essere politiche, ovvero di consolidare quelle avviate, che mirino a sviluppare un’agricoltura rispettosa della natura, dell’ambiente, della sicurezza alimentare, intesa, quest’ultima, sia nell’accezione più ampia di assicurare cibo a sufficienza per soddisfare una domanda sempre più in crescita, che in quella legata alla qualità degli alimenti, nella cornice di un corretto equilibrio di regole nel mercato e del rispetto del patrimonio storico-culturale ad essa legato, garantendo l’estrema tutela dell’anello ultimo e più debole dell’intera filiera, il consumatore. Tali obiettivi sono tanto maggiormente raggiungibili se ci si serve di un modello di condivisione di intenti legato ad un’idea europeista sempre più forte e convinta, finalizzato a comprendere le diverse sensibilità presenti nella variegata geopolitica che compone il quadro sovranazionale. L’analisi che nel merito dovrà alimentare il confronto, non può prescindere dalla valutazione di problematiche largamente condivise nel mondo agroalimentare dagli operatori del settore, dalle associazioni di categoria e finanche da una classe dirigente da sempre attenta ai bisogni del settore, su cui siamo chiamati a provocare la sensibilizzazione dell’intervento pubblico. In questo contesto diventa essenziale interrogarsi su temi come la burocrazia; la carenza di flessibilità per gli stessi operatori del settore; il sostegno, la difesa e valorizzazione della qualità dei prodotti agricoli e del reddito dei produttori; la creazione e il potenziamento delle infrastrutture necessarie per lo sviluppo economico dell’attività agricola.

Grande parte della politica agricola e alimentare si svolge a livello comunitario. Quali sono le linee lungo le quali l’Italia agirà per difendere le proprie specificità agroalimentari e per promuovere le produzioni nazionali?

È il mercato (ormai globalizzato) che esige una migliore organizzazione della filiera; è l’Europa che lo richiede: ciò si evidenzia da come la stessa ha impostato la sua legislazione (in materia di agroalimentare) in favore del modello di una impresa agricola organizzata al suo interno e all’interno del comparto stesso, ossia con maggiore attinenza alle nuove dinamiche dei mercati. Il nostro Paese, che peraltro vanta il possesso di un elemento unico con cui ha conquistato il mondo, il Made in Italy, non può trovarsi impreparato alle nuove sfide del mercato; la burocrazia, a cui viene  riconosciuto e addebitato gran parte del rallentamento dello sviluppo e della competitività nel comparto agroalimentare, deve essere un tema su cui bisogna concentrare la massima attenzione, con la consapevolezza che alla base di ogni possibile soluzione al problema deve esserci un cambio di mentalità e tendenza da parte di tutti. Si avverte l’esigenza di promuovere ed ottenere dalle Istituzioni comunitarie, nazionali e regionali poche regole, chiare e di semplice applicazione, poiché l’esperienza ci insegna che più sono complesse le regole, più aumentano in sede nazionale gli errori, le inadempienze, le indagini, il contenzioso, i ritardi nei pagamenti dei produttori agricoli non coinvolti, le correzioni finanziarie, il recupero dei fondi presso gli agricoltori beneficiari. Sul punto si registra già un forte impegno delle istituzioni e di quanti possono spendere parole autorevoli e formulare atti concreti per arginare il contesto si pensi: al comparto del vino, che ha visto la luce del nuovo Testo Unico finalizzato alla semplificazione delle norme di settore e alla dematerializzazione dei registri dei prodotti vitivinicoli; al settore olivicolo, che già da qualche anno viene gestito da discipline più chiare e snelle rispetto al passato. E così via per altri settori che al momento sono oggetto di studio finalizzato a migliorare una loro gestione. Altro capitolo importante è quello legato alla PAC, che deve essere oggetto di un profondo radicale ripensamento. Essa presenta ancora l’impianto della riforma Fischer, in una situazione economica e geopolitica mondiale completamente diversa dall’epoca. Sarebbe il caso di ripensare la logica dei due pilastri, come attualmente demarcati, e valutare l’opportunità di mantenere due fondi di intervento con regole e procedure diversificate. All’interno della riforma del Regolamento Omnibus, il parlamento europeo ha avanzato, tra le altre, l’ipotesi di nuova forma organizzativa – le organizzazioni di contrattazioni – che ha lo scopo di creare occasioni di aggregazione laddove queste sono poco sviluppate. Una formula che se condivisa consentirebbe di irrobustire il potere contrattuale degli agricoltori rispetto alle fasi a valle. Il tema della difesa e della valorizzazione della qualità dei nostri prodotti esige politiche di sviluppo finalizzate a promuovere una produzione agroalimentare sostenibile, che sia al contempo in grado di garantire un giusto reddito ai produttori. Si rende necessario adottare misure concrete tese a fronteggiare le pratiche di commercio sleali; i marchi di tutela (Dop, Igp) hanno la funzione di preservare una serie di prodotti agroalimentari, favorendo la diversificazione della produzione agricola e lo sviluppo rurale, ma da soli non sono sufficienti; così come non è sufficiente avere uno dei migliori sistemi e organi di controllo al mondo (come quello italiano), che opera nel settore delle contraffazioni e del falso. Bisogna affiancare una legislazione più appropriata per fronteggiare i nuovi illeciti che insidiano l’intero comparto agroalimentare e si ripercuotono su tutto l’indotto ad esso correlato e, nondimeno, su gran parte dell’economia del Paese. Tra questi, v’è da considerare che il vigente quadro normativo degli illeciti agroalimentari è obsoleto, vecchio e poco efficace, dovuto anche alla disordinata stratificazione di fonti diverse e della inadeguatezza dei rimedi tradizionali rispetto alla dimensione transazionale della criminalità che opera nel settore. Occorre pertanto intervenire, sul piano informativo, preventivo e repressivo, rivedendo e aggiornando tale quadro per cercare di ristabilire nel mercato alimentare un adeguato livello di ordine finalizzato a garantire un regolare e libero svolgimento delle attività economiche ad esso collegate. Sul punto, tra le diverse ipotesi, già da qualche tempo è in discussione un apposito ddl il cui merito è stato elaborato e redatto da una commissione tecnica di esperti, guidata dal dottor Giancarlo Caselli, già Procuratore di Torino, con il preciso obiettivo di fronteggiare i pericoli che concorrono a minare la sicurezza alimentare e la lealtà commerciale, con particolare riguardo alle modalità di organizzazione delle filiere operanti su scala allargata del mercato. Il progetto di riforma legislativa, recante “Nuove norme in materia di reati agroalimentari”, si inquadra tra gli obiettivi della“Carta di Milano” e i risultati della legacy di Expo 2015, ed ha ottenuto il giudizio positivo da parte delle maggiori organizzazioni professionali di categoria.

L’export del Made in Italy alimentari è cresciuto molo in questi anni. Quali sono le strategie per continuare la crescita e le azioni da mettere in atto per consolidare nuovi mercati?

Il lavoro compiuto dal Ministro Martina in questi anni è stato straordinario. Il 2017 si è chiuso con 41 miliardi di export, nel 2013 erano 33. L’obiettivo prefissato è di raggiungere i 50 miliardi nel 2020. Per raggiungere l’obiettivo dobbiamo continuare ad investire sul Made in Italy per portarlo dove ora è molto presente l’italian sounding. E come ho già detto rispondendo alla precedente domanda, servono regole giuste in mercati aperti, attraverso accordi internazionali di tutela, a partire dalla valorizzazione delle identità alimentari e contro il falso cibo. Insisto poi su un punto:  questo settore sarà tanto più competitivo e capace di conquistare nuovi mercati quanto saremo capaci di rafforzare il sistema di impresa e la sua organizzazione. “Semplificare quindi per reagire”, non vuole essere uno slogan, deve invece servire – tra le altre cose – a stimolare quella capacità organizzativa di cui il comparto ha bisogno, soprattutto in alcune realtà del SudItalia, dove si registra una marcata carenza.

Ricerca, innovazione e sostenibilità: come si rapporta il suo partito/coalizione rispetto al progresso scientifico da applicare in ambito agricolo per garantire maggiore produttività e riduzione degli sprechi?

Il settore agricolo è da sempre considerato tra i maggiori responsabili del consumo e dell’inquinamento delle acque: in Italia si stima un consumo legato ad esso pari al 70% dell’acqua captata. Nel contempo lo sviluppo agricolo è fortemente legato all’accesso all’acqua e gli ordinamenti irrigui rappresentano un punto di forza in termini reddituali ed occupazionali. Nel contesto nazionale la SAU irrigabile incide per oltre il 40% nei territori pianeggianti, per il 10% in collina e il 5% in montagna, in generale oltre l’85% del valore totale della PLV agricola italiana deriva da territori irrigui. In tale contesto, aggravato dalle ulteriori contrazioni generate dai cambiamenti climatici, dall’inquinamento, dalla competizione con gli altri usi, dal consumo del suolo che non sembra conoscere sosta, emerge chiaramente la necessità di un intervento efficace, mirando al risparmio idrico e a incrementare i benefici per l’ambiente. È opportuno che si agisca in maniera intelligente,utilizzando al meglio i sistemi innovativi di carattere tecnico-ingegneristico, fornendo agli Enti il necessario supporto per quanto concerne la conoscenza delle innovazioni tecnologiche adottate nei sistemi irrigui. È parimenti importante favorire l’utilizzo dei metodi “smart”, che rispondano in maniera mirata alle esigenze dei terreni, così da ridurre gli sprechi e le alterazioni della struttura territoriale. I tablet appositamente predisposti e i droni consentono di indentificare in tempo reale i requisiti soggettivi relativi al produttore, la superficie, la coltura in atto, la titolarità dei diritti assegnati; permettono l’aggiornamento automatico ed immediato del catasto agricolo e del fascicolo aziendale, sulla base di ciò che essi vedono nel territorio, anche i danni prodotti dagli eventi naturali; agevolano i controlli di primo e di secondo livello; accelerano i pagamenti. Da queste considerazioni, nasce l’idea dell’Agricoltura di Precisione (AdP), sistema di gestione integrato di osservazioni, misure ed azioni, finalizzate all’aumento della sostenibilità ambientale, climatica ed economica dell’agricoltura. È quindi, un metodo intelligente di sviluppo dell’agricoltura, che riduce il consumo di acqua e incrementa la produttività, grazie alla connessione e collaborazione continua mediante la ricerca scientifica e l’uso di tecniche innovative.Altra soluzione sulla quale puntare è l’incentivazione della “serra Idroponica”,per una migliore gestione dell’utilizzo delle risorse idriche, del territorio, dei fitofarmaci e per incrementare la sostenibilità ambientale con, minori costi, più qualità e più produzione. Si propone, altresì, di favorirne l’adozione, superando il sistema di rilevamento triennale delle superfici con la fotografia del suolo (“refresh”), e i report compilati dai tecnici che eseguono i controlli in loco, in modo da evitare gli inconvenienti descritti al precedente punto di attenzione, con notevoli ripercussioni negative per i produttori agricoli. L’agricoltura biologica rappresenta una importante alternativa all’impostazione convenzionale e offre una possibile parziale risposta alle preoccupazioni sull’impatto ambientale dell’attività primaria. È un’opzione in netta crescita nel nostro Paese, tant’è che l’Italia vanta il più alto numero di attività legate alla produzione agroalimentare con metodo biologico. Tuttavia, è un settore che necessita di essere regolamentato in modo più chiaro, per rendere più efficaci i controlli, così da scongiurare le truffe e le speculazioni tanto in voga negli ultimi tempi. Tra le tante ipotesi di intervento, sarebbe utile immaginare anche la previsione di soggetti che svolgono attività di valutazione (Rating) dei rischi nel settore del biologico, cosicché da creare una forma di consulenza preventiva, a servizio di chi opera nel settore (imprese che lavorano prodotti bio, ecc.).

Un’ultima domanda sulla zootecnia. Quali sono le azioni da intraprendere per garantire una crescita di lungo periodo a un settore chiave della filiera, spesso sottoposto ad attacchi mediatici?

Siamo innanzi ad una crisi del settore della filiera della carne bovina che è europea e non solo nazionale e alla quale servono risposte comuni. Siamo consapevoli delle difficoltà del comparto e proprio per questo nel 2014 abbiamo deciso di destinare alla zootecnia metà degli aiuti accoppiati PAC, con un budget di 200 milioni di euro all’anno. È stato il primo intervento di una serie di misure concrete a favore degli allevatori. Abbiamo aumentato la compensazione IVA sulle carni bovine portandola al 7,7% e destinato al comparto ulteriori 20 milioni di euro. Per ciò che riguarda la politica a favore dei produttori di latte abbiamo reso obbligatoria in etichetta l’indicazione dell’origine per il latte e i suoi derivati. Un traguardo storico per il nostro Paese che ci consente di creare un nuovo rapporto tra produttori e consumatori. I cittadini, infatti, devono essere informati per poter scegliere consapevolmente cosa mettere in tavola. Questo vuol dire tutelare il Made in Italy, il lavoro dei nostri allevatori e far crescere una vera e propria cultura del cibo.

Vito Miraglia