di Andrea Spinelli Barrile, Redazione
Se pensiamo a un formaggio che non manca mai sulle tavole degli italiani non possiamo non pensare al Grana Padano: versatile, energetico, gustoso, il formaggio Grana è una delle DOP italiane più vendute al mondo. Il 71% di queste grandi ruote di formaggio si produce in Lombardia, sul totale dell’area DOP: nel 2022 sono state realizzate oltre 3,7 milioni di forme di Grana Padano, in aumento dell’1,43% rispetto al 2021. Mantova si conferma provincia regina, con 1.555.193 di forme prodotte lo scorso anno, davanti a Brescia e Cremona. Nei primi due mesi del 2023 sono 984.075 le forme di Grana Padano già prodotte, un +3,95% rispetto allo stesso periodo di un anno fa.
La zona di produzione del Grana Padano comprende 32 province in cinque regioni italiane: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige (fa parte della DOP Grana Padano anche il Trentingrana, prodotto nella provincia autonoma di Trento). La storia del formaggio grana nella pianura padana è antica di secoli: secondo alcuni storici nacque nel 1135 nell’abbazia di Chiaravalle, nella zona sud di Milano, ma di recente altri studi ne collocano il luogo di nascita tra Piacenza e Fidenza, sempre in un’abbazia. Nel 1254 un atto notarile, conservato oggi all’Archivio di Stato di Genova, parla di casei paramensis, lo stesso che un secolo dopo sarà citato da Boccaccio nel Decamerone. Tra il 1300 e il 1400, i primi documenti catastali e notabili a raccontare l’aumento delle aree della pianura padana utilizzate a pascolo raccontano per primi di un formaggio, il Piacentino, pioniere di quella produzione che farà diventare la Pianura Padana una zona importante di produzione di formaggi, esportati già dal 1500 verso l’Impero Ottomano. È negli anni Cinquanta del Novecento che il Grana diventa un prodotto strutturato, anche dal punto di vista commerciale: la Convenzione di Stresa del 1951 distingue aree e disciplinari tra il formaggio “Grana lodigiano”, divenuto in seguito Grana Padano, e i suoi simili mentre il decreto del Presidente della Repubblica del 1955 ne riconosce per la prima volta la denominazione di origine, fissando i requisiti per potersi chiamare Grana Padano. Nel 1996 arriverà il riconoscimento di formaggio DOP da parte dell’Unione Europea.
Tornando a oggi, l’alimentazione delle bovine da latte dai cui si produrrà il Grana Padano DOP è basata su foraggi freschi e affienati, ma è possibile anche l’impiego di foraggi insilati (principalmente insilato di mais), che rendono necessario l’impiego in lavorazione di lisozima, proteina naturale estratta dall’uovo di gallina classificata come “conservante” (anche se ha più una funzione di adiuvante tecnologico) per un massimo di 2,5 grammi per 100kg di latte. Al di là delle concessioni delle normative, tuttavia il Grana Padano DOP si assicura un legame stretto con il territorio di produzione con la prevalente utilizzazione di alimenti ottenuti dalle coltivazioni locali, con particolare rilevanza agli alimenti di origine aziendale, insilati compresi.
Prodotto da latte crudo di vacche munte due volte al giorno (o con accesso libero a un sistema automatico di mungitura), questo, dalla stalla alla sua lavorazione, non può subire alcun trattamento fisico, meccanico o termico, che ne modifichi lo status di latte crudo naturale. Il caglio utilizzato nella produzione del Grana Padano viene estratto dallo stomaco di vitello ma la sua aggiunta deve essere preceduta da quella di siero a innesto naturale, ottenuto dalla fermentazione del siero residuo della lavorazione del giorno precedente. Le munte utilizzate, siano esse separate o miscelate, sono sottoposte a scrematura mediante affioramento naturale della crema, cosa che comporta -a differenza di altri formaggi simili- che il Grana Padano DOP abbia un inferiore contenuto di grasso (circa il 2,6% secondo il Consorzio Grana Padano DOP). Nel disciplinare del Grana Padano inoltre il rapporto grasso/caseina in caldaia deve essere compreso tra lo 0,8 e 1,05.
Dopo 36 ore in fascera, le forme vengono immerse in una soluzione di acqua e sale, in cui resteranno da un minimo di 14 ad un massimo di 30 giorni. Il sale ha la principale funzione di insaporire la pasta, eliminare il siero residuo e formare la crosta.
La forma viene infine sottoposta ad espertizzazione, per essere poi marchiata a fuoco col contrassegno della DOP al compimento del nono mese di stagionatura: da disciplinare, la stagionatura più lunga prevista espressamente è quella per la tipologia “Grana Padano Riserva – Oltre 20 mesi” ma è possibile trovare anche stagionature superiori, dipende dai caseifici. La stagionatura avviene in ambienti con temperature comprese tra i 15 e i 22 gradi centigradi: durante questo periodo le forme vengono regolarmente pulite, spazzolate e rivoltate. Al termine della stagionatura il Grana Padano DOP deve avere necessariamente un peso variabile tra i 24 e i 40 chili.