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Guerra in Ucraina, gli scambi commerciali italiani con Kiev e Mosca

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La guerra in Ucraina colpisce il settore dell’agroalimentare, con possibili impatti diretti e indiretti sia sui prezzi delle materie prime sia sui costi di produzione. Il conflitto, infatti, si inserisce in uno scenario globale caratterizzato già da tempo da rincari record riconducibili a un insieme di fattori di natura congiunturale, strutturale, geopolitica e speculativa. A ricordarlo è Ismea con un documento che sintetizza la situazione degli scambi commerciali con Ucraina e Russia.

Frumento duro

Canada e Italia sono i principali produttori mondiali di frumento duro. Tuttavia, a causa dell’ampio utilizzo interno da parte dell’industria pastaria italiana, solo il Canada esprime un peso consistente sul fronte delle esportazioni. L’Italia è invece il primo Paese importatore. Russia e Ucraina hanno un ruolo del tutto marginale, sia dal lato dell’offerta – del tutto residuale – sia riguardo alle esportazioni, dato che congiuntamente rappresentano poco più del 2% dell’export globale. È quindi chiaro che sul fronte del frumento duro, solo fattori antecedenti al conflitto e riguardanti la scarsa produzione possono avere impattato sulle dinamiche di mercato attuali.

L’Italia figura sempre tra i Paesi di destinazione del frumento duro in uscita dai principali Paesi esportatori. I volumi sono limitati nel caso della Russia, mentre è assente tra i destinatari del frumento duro ucraino. Infatti, la domanda nazionale di prodotto estero – che soddisfa mediamente il 30-35% del fabbisogno interno – è rivolta a Canada, USA, Grecia, Francia e Kazakistan. Tuttavia, minimi quantitativi vengono importati anche dalla Russia.

A partire da metà 2020, i listini internazionali della granella hanno subito costanti incrementi in ragione della repentina ripresa della domanda dopo una prima fase post-pandemica, sostenuta anche dall’incremento dei costi di trasporto; il crollo dell’offerta del Canada nel 2021 ha spinto ulteriormente al rialzo le quotazioni. Il prezzo medio nazionale ha raggiunto 501,48 euro/t a febbraio 2020 (+81% sul febbraio precedente).

Le intenzioni di semina per l’annata 2021/22, diffuse recentemente dall’Istat, evidenziano una flessione delle superfici destinate in Italia a frumento duro (-1,4%) che dovrebbero scendere a 1,21 milioni di ettari. Applicando a questo valore una resa media dell’ultimo quinquennio pari a 3,2 t/ha, nel 2022 si stima un raccolto di circa 3,9 milioni di tonnellate, di poco inferiore rispetto ai poco più di 4 milioni dello scorso anno.

Frumento tenero

Il mercato mondiale del frumento tenero è fortemente influenzato da Russia e Ucraina che esprimono, rispettivamente, il 21% e il 10% delle esportazioni globali; sul fronte dell’offerta è la Russia a rappresentare una quota più elevata (il 10% dei raccolti mondiali) mentre l’Ucraina detiene il 4% del totale.

Le importazioni di frumento tenero dell’Italia complessivamente sono molto consistenti e rappresentano circa il 60% degli utilizzi interni della prima e seconda trasformazione. I principali Paesi fornitori sono, con ampia prevalenza, appartenenti all’Ue. Dall’Ucraina proviene solo il 3% – 5% dei volumi acquistati oltre confine. La guerra in corso può verosimilmente impedire l’accesso ai mercati del 30% delle forniture di entrambi i Paesi in causa e l’impatto sui prezzi mondiali della granella è inevitabile pur in un contesto di partenza non particolarmente critico nei fondamentali. In questo senso, sarà importante capire come lo scontro in corso potrà impattare sulla disponibilità di prodotto ucraino e/o russo.

Un’aggravante a tale situazione è, inoltre, l’adozione da parte di singoli stati di misure di restrizione al proprio export per tutelare l’approvvigionamento interno e il mercato (azione intrapresa dall’Ungheria che è il primo fornitore italiano). Dallo scorso 24 febbraio 2022, alla Borsa merci di Chicago, la quotazione del grano tenero in consegna a marzo ha mostrato oscillazioni giornaliere molto marcate ma in netto rialzo: tra lo scorso 24 febbraio e l’8 marzo 2022 la quotazione del grano tenero in consegna a marzo è salito di 195,96 euro/t.

In Italia, il prezzo rilevato dall’Ismea ha raggiunto 312,98 euro/t lo scorso febbraio (+32% su febbraio 2021), la quotazione più alta risale già a dicembre 2021 con 325,63 euro/t, valore comunque mai toccato prima nella serie storica di Ismea che parte da gennaio 1993. Il perdurare della crescita dei prezzi della granella pone le industrie della trasformazione (molini, biscottifici industriali, panifici artigianali e industriali, ecc.) in una situazione di grande vulnerabilità.

Le intenzioni di semina per l’annata 2021/22, diffuse recentemente dall’Istat, evidenziano una lieve crescita delle superfici (+0,5%) che dovrebbero attestarsi a 500.596 ettari. Applicando a questo valore una resa media dell’ultimo quinquennio pari a 5,5 t/ha, nel 2022 si stima un raccolto di circa 2,8 milioni di tonnellate, in calo del 9% circa sul 2021. Il calo produttivo stimato per quest’anno è da ricondurre al fatto che nel 2021 le rese hanno raggiunto livelli molto elevati superiori a 6 t/ha. È quindi evidente che quella effettuata è una stima estremamente prudenziale.

Mais

L’Ucraina detiene un ruolo rilevante nel mercato mondiale del mais. Non in termini produttivi, rappresenta solo il 3% dell’offerta mondiale, ma perché è tra i principali esportatori soddisfacendo il 15% delle richieste globali. La Russia, al contrario, è marginale sia in termini produttivi che di export. Anche in questo caso, il conflitto in corso determina di fatto l’indisponibilità di una buona quota di prodotto ucraino sui mercati mondiali. Le conseguente sono sull’incremento dei prezzi, in ragione della concentrazione della domanda su minori offerenti.

L’Ucraina si posiziona al quarto posto tra i principali esportatori destinando il prodotto soprattutto in Cina, Paesi Bassi e Spagna. La Russia è al settimo posto della graduatoria confermando anche in questo caso legami commerciali con la Turchia e alcuni Paesi asiatici.

Le importazioni di mais dell’Italia sono molto consistenti e rappresentano poco meno del 50% della domanda interna. Dinamica in consistente incremento da alcuni anni in conseguenza del crollo delle superfici a mais in Italia (per fattori climatici e di mercato). Le importazioni di mais dell’Italia dall’Ucraina sono importanti e rappresentano nel 2020 il 13% dei volumi complessivamente importati; prima del 2020 i volumi erano molto più elevati: il peso del mais ucraino arrivava al 20%.

Dallo scorso 24 febbraio 2022, alla Borsa merci di Chicago, la quotazione del mais in consegna a marzo ha mostrato oscillazioni giornaliere molto marcate ma con tendenza rialzista. Tra lo scorso 24 febbraio e l’8 marzo 2022 la quotazione del mais in consegna a marzo è salito di 32,21 euro/t. In Italia, il prezzo rilevato dall’Ismea ha raggiunto 283,10 euro/t lo scorso febbraio (+27% su febbraio 2021). Anche in questo caso si tratta del valore mai toccato prima nella serie storica di Ismea.

In caso della indisponibilità del mais ucraino, i mangimifici devono attivare canali di approvvigionamento da altri Paesi Ue. Soprattutto da quelli che nel 2021 hanno registrato maggiori raccolti (Austria, Francia, Romania), mentre per altri Paesi fornitori nazionali i raccolti 2021 sono diminuiti (Ungheria, Croazia). Gli approvvigionamenti Ue garantiscono copertura più immediata. Più difficile immaginare un incremento delle importazioni dagli Usa, sia per fattori logistici sia perché quella produzione è caratterizzata da varietà OGM vietate nella Ue.

Le intenzioni di semina per l’annata 2021/22, diffuse recentemente dall’Istat, evidenziano una flessione delle superfici (-4,8%) che dovrebbero scendere a poco più di 560 mila ettari. Applicando a questo valore una resa media dell’ultimo quinquennio di 10,5 t/ha, nel 2022 si stima un raccolto di circa 5,9 milioni di tonnellate, in calo del 3% circa sul 2021.

Orzo

La Russia è il primo produttore mondiale di orzo e il secondo esportatore. Il ruolo dell’Ucraina è meno rilevante esprimendo il 6% dell’offerta globale, anche se la quota dell’export (12%) si avvicina a quella della Russia (14%). Il principale sbocco commerciale dell’orzo esportato da Russia e Ucraina è l’Arabia Saudita e, in generale, nessuno dei principali destinatari è appartenente alla Ue.

Le importazioni di orzo dell’Italia provengono dai Paesi comunitari, del tutto irrilevanti sono le forniture di Russia e Ucraina. Anche il prezzo della granella di orzo ha mostrato rincari significativi; in Italia, il prezzo rilevato dall’Ismea ha raggiunto 290,60 euro/t lo scorso febbraio (+52% su febbraio 2021).

Panelli di estrazione di olio di girasole

I panelli di estrazione dell’olio di girasole sono un sottoprodotto del processo di disoleazione del seme, destinato all’industria mangimistica. Ucraina e Russia occupano le prime due posizione nel ranking dei Paesi esportatori; tra i principali Paesi di destinazione, l’Italia figura solo come acquirente dei panelli esportati dalla Russia. In riferimento alla domanda estera nazionale, Russia e Ucraina tuttavia rappresentano i primi due fornitori dell’Italia soddisfacendo, rispettivamente, il 29% e il 24% delle importazioni totali nel 2021.

Fertilizzanti

La Russia ha un ruolo importante nella produzione ed esportazione di fertilizzanti. La Federazione è, infatti, il primo esportatore a livello globale di fertilizzanti con 6,9 miliardi di euro nella media 2018- 20 (13% del totale export mondiale). Oltre il 30% dell’export in valore della Russia è inviato in Brasile e USA; decisamente più polverizzate sono le esportazioni verso le altre destinazioni.

La limitazione dell’export di fertilizzanti recentemente deciso dalla Russia avrà verosimilmente l’effetto di acuire una tensione dei prezzi già in atto dalla metà del 2021, similmente a tutte le materie prime, determinando un ulteriore aumento dei costi agricoli di produzione.

L’Ucraina detiene invece una posizione poco importante, è trentottesima tra i principali esportatori con 197 milioni di euro, prevalentemente in India. Le importazioni italiane di fertilizzanti provengono soprattutto dall’Egitto. Tuttavia, Russia e Ucraina soddisfano congiuntamente il 13% delle richieste totali all’estero.

Foto: ©pershing_Fotolia