Home Ricerca Il benessere del suino, della scrofa e del suinetto

Il benessere del suino, della scrofa e del suinetto

1026
0

di Monica Battini e Silvana MattielloDipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Milano

Negli ultimi anni l’attenzione nei confronti del benessere del suino è aumentata, portando così ad alcuni cambiamenti che prima o poi modificheranno radicalmente il modo in cui questi animali sono allevati. Giusto per citare un paio di esempi, l’abbandono delle gabbie entro il 2027 per la scrofa a seguito dell’iniziativa dei cittadini “End the cage age” supportata dalla Commissione Europea e, prima ancora, il volontario abbandono da parte di alcuni Paesi europei del ricorso a mutilazioni come la caudotomia (Raccomandazione UE 336/2016) e la castrazione chirurgica.

Al contempo la strategia dell’Europa nell’ambito dell’agricoltura e zootecnia per i prossimi anni è molto chiara: From farm to fork, “dal produttore al consumatore per un sistema alimentare dell’Unione Europea più sano e sostenibile, parte del Green Deal europeo”. Per questo motivo nel 2021 è iniziata una revisione della legislazione (tra cui la Direttiva CE 120/2008 specifica per il suino) sulla protezione degli animali allevati in Europa, con l’obiettivo di aggiornarla in linea con le più recenti ricerche scientifiche.

Il benessere della scrofa e del suinetto

La Direttiva CE 120/2008 ammette la stabulazione individuale per scrofe e scrofette una settimana prima del parto e fino a quattro settimane dopo la fecondazione. Le gabbie individuali per le scrofe sono infatti utilizzate per due motivi principali legati alla produttività: ridurre il rischio di aborti nel periodo subito successivo all’inseminazione (gabbie individuali per la gestazione) e impedire lo schiacciamento dei suinetti da parte della scrofa (gabbie parto). Le gabbie sono anche un sistema più comodo e sicuro per l’allevatore. Tuttavia non garantiscono il rispetto delle esigenze comportamentali primarie dell’animale, come ad esempio il movimento e il grufolamento.

Per quanto riguarda le gabbie per la gestazione, l’esperienza di Paesi come Olanda e Svezia suggerisce un ritorno in gruppo della scrofa già 4-5 giorni dopo l’inseminazione, senza che questo aumenti il rischio di aborti, limitando inizialmente la dimensione dei gruppi a 7-15 animali per ridurre le interazioni agonistiche (Mul et al., 2010; Einarsson et al., 2014).

Per quanto riguarda le gabbie parto, oltre al grufolamento anche il naturale comportamento di costruzione del nido e i contatti con i suinetti dopo il parto sono inibiti. Alcune ricerche sconsigliano di contenere la scrofa nei tre giorni antecedenti il parto e di permetterle di costruire il nido, offrendo del materiale idoneo. Queste accortezze riducono lo stress al parto: una scrofa nervosa e stressata, con alti livelli di cortisolo, avrà parti più lenti e difficili, con il risultato che i suinetti saranno più deboli alla nascita, aumentando il rischio di nati morti o di vivi che muoiono per asfissia (0,4 suinetti morti per nidiata rispetto a 0,2 nelle nidiate di scrofe non confinate; Olsson et al., 2018). Inoltre favorire i contatti con i suinetti rende il futuro svezzamento meno stressante per la prole, perché la madre può insegnare loro ad alimentarsi con cibi solidi prima del brusco cambio di alimentazione, che di solito è accompagnato da frequenti diarree.

Al momento del parto i primi tre giorni sono il periodo a più alto rischio di schiacciamento dei suinetti, passati i quali la scrofa può essere liberata. Alcuni studi hanno confermato un aumento della mortalità dei suinetti in sistemi in cui la scrofa è libera (23% contro il 12% quando la scrofa è in gabbia; Nicolaisen et al., 2019), ma hanno anche osservato che la mortalità complessiva allo svezzamento non cambia tra sistemi, pur essendo diverse le ragioni. Questi dati, quindi, ribadiscono l’importanza di investire in strutture che proteggano i suinetti (ripari con sbarre accessibili solo alla prole, muri in pendenza che rallentino il movimento in caduta della scrofa durante il coricamento, abbondante lettiera per rendere morbido il pavimento) per ridurre cause di mortalità meccaniche e non legate a patologie largamente evitabili. Le cause di schiacciamento dei suinetti possono essere molteplici, ma è bene comprendere l’origine di questa evenienza. L’allevamento moderno ha investito molto nell’iperprolificità della scrofa (tra il 1990 e il 2010, il numero di suinetti nati per scrofa è passato da 11 a 14 e più recentemente non è raro trovare nidiate di 18-20 suinetti; Baumgartner, 2012; Kobek Thorsen et al., 2017), con il risultato che i nuovi nati sono ovviamente più piccoli che in passato. Solo il 28% dei suinetti nati con un peso inferiore a 1,1 kg sopravvive a 7 giorni dalla nascita (Marchant et al., 2000); inoltre i suinetti più leggeri cercano di restare più vicini alla madre per alimentarsi, aumentando il rischio di schiacciamento quando questa cambia posizione (Weary et al., 1996). Anche la scrofa, però, ha un ruolo nel ridurre il rischio di schiacciamento ed è legato al suo comportamento materno, ovvero quanto reagisce prontamente ai suinetti schiacciati o quanta attenzione fa nei movimenti. Oltre a un effetto della selezione genetica, il comportamento della madre dipende da quanto il parto è stato laborioso o dalle esigenze nutrizionali della prole, ragione per cui l’iperprolificità torna a essere uno dei problemi principali di compromissione del benessere della scrofa e dei suinetti.

In ultimo ricordiamo che, secondo alcune esperienze nord-europee, dopo il parto le scrofe possono essere mantenute in gruppo con altre scrofe e le rispettive nidiate. Questo favorisce una precoce socialità tra suinetti, migliorando la gestione dello stress allo svezzamento dovuto al rimescolamento dei gruppi; tuttavia questa scelta deve essere gestita con cautela dall’allevatore, perché può aumentare il rischio di patologie, accrescendo la mortalità (18% nei recinti individuali; 24% nei sistemi in gruppo al chiuso; 17% all’aperto con capannine; Baxter et al., 2012).

Il taglio della coda

Una delle principali problematiche dell’allevamento del suino è la manifestazione di un comportamento anormale che consiste nel cannibalismo della coda (vedi box di approfondimento). Questo fenomeno è associato a dolore, stress, frustrazione e ha un’origine multifattoriale. In molti Paesi la morsicatura della coda viene risolta amputandola entro i primi 7 giorni dalla nascita, spesso senza uso di analgesici e/o anestetici. Questo intervento, oltre a essere contrario alla Direttiva CE 120/2008 che lo permette solo se non routinario, è doloroso e spesso non risolutivo. Il cannibalismo si risolve intervenendo sulle varie cause che lo provocano: il sovraffollamento nel recinto, le restrizioni alimentari o idriche, l’eccessiva competizione per le risorse, la temperatura ambientale e la ventilazione inadeguate o instabili, il rumore esagerato, le correnti d’aria, gli alti livelli di polveri o di gas nocivi (ad esempio, l’ammoniaca), alcuni fattori genetici, la mancanza di arricchimenti ambientali, soprattutto quelli che favoriscono il grufolamento come la paglia, l’impossibilità di ripararsi da soggetti dominanti e lo stato di salute. Il problema del cannibalismo è che quando insorge in un recinto poi si diffonde rapidamente, quindi il personale di stalla dovrebbe essere formato per riconoscere segni precoci che anticipano l’inizio della morsicatura per allontanare immediatamente dalla basta l’animale problematico. Da un punto di vista di sicurezza alimentare il cannibalismo della coda è rischioso perché aumenta le infezioni a livello delle ferite aperte e si ripercuote negativamente anche sull’economia dell’allevamento, in quanto peggiora le performance aziendali innalzando i costi per i trattamenti veterinari, riducendo l’accrescimento dei suini e deprezzandone la carcassa. Uno studio ha ipotizzato una riduzione del profitto aziendale del 43% proprio a causa della morsicatura della coda (Harley et al., 2014).

La paglia come arricchimento ambientale

Anche se l’utilizzo della paglia nell’allevamento del suino può portare ad alcuni svantaggi per l’allevatore, primo fra tutti l’impaccamento della lettiera con i reflui nei sistemi con pavimento fessurato, per il suino non esiste arricchimento migliore. La Direttiva CE 120/2008, infatti, suggerisce di utilizzare la paglia come miglior arricchimento e materiale da lettiera possibile, ma valuta positivamente anche l’impiego di torba, compost o segatura.

I suini che hanno a disposizione paglia da manipolare manifestano una varietà di comportamenti più ampia di quelli che non hanno arricchimenti, in particolare l’esplorazione, il grufolamento e il gioco. La paglia, inoltre, riduce l’insorgenza di fenomeni di aggressività e di morsicatura della coda (fino a 10 volte meno rispetto ai sistemi senza paglia), soprattutto se trinciata lunga e aggiunta quotidianamente, anche in piccole quantità.

L’impiego di paglia può ridurre la motivazione al cibo e aiutare ad aumentare il senso di sazietà nei regimi alimentari razionati (come nel caso della scrofa in gestazione), riducendo la comparsa di stereotipie orali (vedi box di approfondimento). Tuttavia la paglia da sola non è sufficiente a saziare la scrofa e un’aggiunta di fonti alimentari altamente fibrose come le polpe di barbabietola è fortemente consigliata.

Infine la paglia come materiale da lettiera garantisce un elevato comfort durante il riposo non solo per la morbidezza, ma anche per l’isolamento termico, e riduce il rischio di zoppie, frequenti invece in presenza di pavimento fessurato.

I comportamenti anormali come indicatori di scarso benessere

Tra le varie risposte adattative che gli animali possono mettere in atto, quelle comportamentali sono le più precoci: l’osservazione del comportamento risulta pertanto di primario interesse per gli allevatori al fine di individuare le situazioni di ridotto benessere. Tra gli indicatori etologici, la presenza di comportamenti definiti “anormali” è particolarmente utile per individuare situazioni problematiche. La conoscenza di questi comportamenti rappresenta quindi, per l’allevatore attento, un precoce campanello d’allarme, anche perché spesso alcune anomalie sono indicative di problemi specifici, ai quali il buon allevatore cercherà prontamente di porre rimedio.

Nella specie suina i comportamenti “anormali” indicativi della presenza di problemi di adattamento e di potenziali situazioni di stress possono essere inquadrati in una serie di categorie reattive che comprendono le stereotipie (moduli comportamentali ripetuti in modo stereotipato, senza alcuno scopo apparente, che spesso vengono poi imitati anche da altri soggetti), le attività auto-dirette ed etero-dirette, l’aggressività eccessiva e altre forme di reattività anomala, quali ad esempio l’apatia.

COMPORTAMENTO ANORMALECATEGORIAPROBABILE CAUSACATEGORIE PIÙ COLPITE
Mordere le sbarre o la catena (spesso accompagnata da abbondante salivazione)stereotipia oralecontenimento restrittivo, ambienti poveri di stimoli, scarsa libertà di movimentoscrofe in gabbie individuali
Masticazione a vuoto (movimento vacuo della bocca, anche in assenza di alimento da masticare)stereotipia oralerestrizione alimentare, ambienti poveri di stimoli, scarsa libertà di movimentoscrofe e scrofette in fase di stimolazione e di gestazione
Gioco con l’abbeveratoio (pressione continua dell’abbeveratoio per fini non legati all’assunzione di acqua)stereotipia oralerestrizione alimentare, ma anche a carenza di stimoli o frustrazioni di altro generescrofe e scrofette in fase di stimolazione e di gestazione
Gioco con la lingua (movimenti ripetuti della lingua fuori e dentro la bocca)stereotipia oralerestrizione alimentare, ma anche a carenza di stimoli o frustrazioni di altro generescrofe e scrofette in fase di stimolazione e di gestazione
Self grooming eccessivo (autoleccamento o toelettatura), che può sfociare nell’auto-mutilazioneattività autodirettaambienti poveri di stimolitutte le categorie
Sfregamento contro le strutture (se esibito con frequenza eccessiva può provocare ferite o lesioni)attività autodirettaambienti poveri di stimolitutte le categorie
Suzione dell’ombelico, del prepuzio e/o dell’orecchio (suzione continuata di queste parti del corpo di altri soggetti; richiama la suzione dei capezzoli materni)attività eterodirettasvezzamento precocesuinetti in fase di svezzamento o ingrasso
Bell nosing (massaggio della zona ombelicale, anale, o dello scroto dei conspecifici; ricorda i piccoli colpi di grugno attuati dai suinetti sul ventre materno per stimolare la secrezione lattea)attività eterodirettasvezzamento precocesuinetti in fase di svezzamento o ingrasso
Flank biting (morsicatura del fianco; consiste nell’attacco ripetuto da parte di un suino verso il fianco di un altro suino, producendo a volte lesioni erosive)attività eterodirettasvezzamento precocesuinetti in fase di svezzamento o ingrasso
Vulva biting (morsicatura della vulva; probabilmente è un’attività sostitutiva del grufolamento)attività eterodirettaimpossibilità di grufolarescrofe
Tail biting (morsicatura della coda; forse sostitutiva di attività di grufolamento; può sfociare in episodi di caudofagia e cannibalismo)attività eterodirettasovraffollamento, restrizioni alimentari o idriche, lettiera scarsa, ambiente povero di stimoli, impossibilità di grufolare, condizioni ambientali inadeguatesuini da ingrasso
Cannibalismoattività eterodirettacondizioni ambientali inadeguate, individui particolarmente nervosiscrofe subito dopo il parto, nei confronti dei propri suinetti
Comportamenti agonistici che si manifestano con frequenza e intensità superiori alla normaaggressività eccessivasovraffollamento, rimescolamento dei gruppi, fame, carenza di stimoli, competizione per l’accesso all’alimentotutte le categorie
Apatia (mancanza di interesse per l’ambiente circostante, ridotto livello di attività). Il fenotipo comportamentale è la postura a “cane seduto”reattività anomalacondizioni di vita sfavorevoli, difficoltà di adattamento all’ambiente, per esempio in caso di densità elevata, soprattutto in assenza di una lettiera adeguata, o in condizioni di scarsa illuminazionescrofe in gabbia parto, suini da ingrasso

Bibliografia

Baumgartner, J., 2012. Pig industry in CH, CZ, DE, DK, NL, NO, SE, UK, AT and EU.

Baxter, E.M., Lawrence, A.B., Edwards, S.A., 2012. Alternative farrowing systems: Design criteria for farrowing systems based on the biological needs of sows and piglets. Animal 5, 580–600. https://doi.org/10.1017/S1751731110002272

Einarsson, S., Sjunnesson, Y., Hultén, F., Eliasson-Selling, L., Dalin, A.M., Lundeheim, N., Magnusson, U., 2014. A 25 years-experience of group-housed sows-reproduction in animal welfare-friendly systems. Acta Vet. Scand. 56, 1–7. https://doi.org/10.1186/1751-0147-56-37

Harley S., Boyle L.A., O’Connell N.E., More S.J., Teixeira D.L., Hanlon A., 2014. Docking the value of pigmeat? Prevalence and financial implications of welfare lesions in Irish slaughter pigs. Anim Welf. 23, 275–85.

Kobek Thorsen, C., Aagaard Schild, S., Rangstrup‐Christensen, L., Bilde, T., Juul Pedersen, L., 2017. The effect of farrowing duration on maternal behavior of hyper‐prolific sows in organic outdoor production. Livest. Sci. 204, 92–97.

Mul, M., Vermeij, I., Hindle, V., Spoolder, H.A.M., 2010. EU welfare legislation on pigs. Wageningen UR Livestock Research, p. 21.

Nicolaisen, T., Lühken, E., Volkmann, N., Rohn, K., Kemper, N., Fels, M., 2019. The effect of sows’ and piglets’ behaviour on piglet crushing patterns in two different farrowing pen systems. Animals 9, 1–17. https://doi.org/10.3390/ani9080538 

Olsson A.C., Botermans J., Englund J.E., 2018. Piglet mortality – A parallel comparison between loose-housed and temporarily confined farrowing sows in the same herd. Acta Vet. Scand. 68, 52–62. https://doi.org/10.1080/09064702.2018.1561934

Weary, D.M., Pajor, E.A., Thompson, B.K., Fraser, D., 1996. Risky behaviour by piglets: A trade off between feeding and risk of mortality by maternal crushing? Anim. Behav. 51, 619–624. https://doi.org/10.1006/anbe.1996.0066