Le festività cancellate a causa della pandemia di Covid-19 frenano il settore della carne ovicaprina. A rivelarlo è il report Ismea che ha analizzato le tendenze e le dinamiche del comparto per l’anno 2020.
Il settore della carne ovina, che usciva già da un’annata negativa (-9,2% i volumi nel 2019 vs 2018) ha risentito pesantemente dell’emergenza Covid-19, soprattutto durante il primo lockdown che ha coinciso con le festività pasquali.
I consumi
I consumi di carne ovina sono caratterizzati da un’elevata stagionalità e risultano concentrati in due soli periodi dell’anno a Pasqua e a Natale. Dei 16,4 milioni di chili acquistati dalle famiglie circa 8 milioni sono concentrati in queste due festività. L’assenza dei turisti e il divieto di assembramento anche in luoghi privati in occasione delle festività ha compromesso in maniera pesante il mercato pasquale dell’agnello con un crollo della domanda nel mese di aprile del 18%, ma a partire dal mese di maggio, gli allentamenti alle restrizioni di spostamento e un maggior volume di prodotto disponibile alla distribuzione (i capi non macellati per la Pasqua son finiti sulle tavole nei mesi successivi) hanno favorito il recupero di questa referenza per la quale i volumi venduti sono rimasti in terreno positivo fino alla fine dell’anno, riportando il dato complessivo annuale sui livelli del 2019 (+0,2%).
Nel 2020 gli acquisti domestici di carni ovine segnano, infatti, un +0,2% dei volumi e un +3,7% per la spesa. Il prezzo medio di vendita è risultato in rialzo grazie alla maggior presenza di prodotto di provenienza italiana e spesso certificato IG. I primi dati del 2021, relativi alle vendite nei mesi di gennaio e febbraio e le opinioni degli attori di mercato in relazione al mercato pasquale, evidenziano una buona tenuta dei consumi: la crisi pandemica ha in qualche modo fatto riscoprire gli antichi valori, riportando gran parte della popolazione alla rivalutazione delle tradizioni, e questo ha permesso all’agnello di tornare su molte tavole degli italiani.
I canali di vendita
In relazione ai canali di vendita, si evidenzia come per questo comparto resti di particolare rilevanza il canale tradizionale attraverso il quale transita circa un quarto dell’offerta. Il supermercato è il canale prevalente con il 41% dell’offerta, ma in questi primi due mesi del 2021 sembra aver perso appeal (-12%) a favore proprio dei canali tradizionali, che invece incrementano le vendite del 47%. Il discount per questa referenza non ha particolare rilevanza (11%), ma è l’unico canale a mantenere una dinamica positiva nei tre periodi analizzati, con la performance migliore nel 2020 (+5,8%).
I prezzi
Dopo mesi di scambi lenti agli esordi del 2021, il mercato pasquale del bestiame e delle carni ovicaprine ha evidenziato un buon andamento, facendo registrare segnali di normalizzazione dell’attività produttiva e commerciale. I prezzi all’origine degli agnelli nelle quattro settimane precedenti la Pasqua sono progressivamente aumentati, passando da 3,38 a 4,29 euro/kg (+27%), risultando mediamente superiori sia rispetto alla stessa fase della campagna precedente (+14%), che, come anticipato, è stata profondamente influenzata dalle misure di contenimento della pandemia, sia rispetto a quella del 2019 (+0,8%).
I prezzi pagati agli allevatori hanno mostrato delle differenze a seconda delle zone di rilevamento. Le quotazioni più elevate si sono registrate in Sardegna (3,70-5,10 €/kg per gli agnelli 8-12 kg), anche grazie all’affermazione e al consolidamento di mercato del prodotto IGP “Agnello di Sardegna” che rappresenta attualmente oltre 1/4 del totale delle carni di agnello italiane. Nell’areale toscano la contrattazione degli agnelli da latte sulla piazza di Grosseto è passata da 3,05 a 4,35 euro/kg nella Settimana Santa, mentre su quella di Firenze il valore massimo delle quotazioni si è fermato a 3,65 euro/kg. Nel Lazio il prezzo rilevato nella settimana pre-pasquale è stato di 4 euro/kg su Viterbo (con riferimento ai capi di peso 12-20 kg), mentre in Puglia le quotazioni si sono assestate sui 4,10 euro/kg per i capi di meno di 12 kg di peso. Le quotazioni all’ingrosso della carne di agnello hanno replicato il medesimo andamento del mercato del vivo registrando nella Pasqua 2021 una ripresa anche più intensa (+18% rispetto al 2020 e +3% rispetto al 2019) anche come conseguenza di una minore pressione delle importazioni.
Le importazioni
Le importazioni di capi vivi sono risultate tendenzialmente in diminuzione negli ultimi cinque anni, ma nel 2020 si è registrato un vero e proprio crollo (-37% degli arrivi in Italia) che ha coinvolto tutti i principali Paesi fornitori (Romania e Ungheria in primis). Anche per le carni, dopo l’aumento registrato nel 2019, si è registrata una brusca frenata delle importazioni (-21% in volume) e una parziale modifica della geografia dei fornitori con un incremento della quota del Regno Unito a discapito della Spagna.
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