Perché è così difficile – per gli scienziati e non solo – concordare circa l’uso degli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura? I fautori sostengono che modificando il DNA di una coltura si possono ottenere piante con maggior valore nutrizionale, maggiore resistenza dei parassiti e maggiori rese per aiutare a nutrire la crescente popolazione mondiale. In molti, però, si oppongono alla tecnologia che subentra alla natura: alcuni detrattori temono che le grandi imprese che producono organismi geneticamente modificati possano monopolizzare il settore agricolo, sostenendo i diritti di proprietà intellettuale sulle colture geneticamente modificate, mentre un’altra fetta di detrattori ha delle riserve sulla sicurezza degli alimenti prodotti con tecniche gm.
In occasione della riunione annuale della American Association for the Advancement of Science (AAAS), Daniel Hicks della Western University di London (Canada), filosofo della scienza, ha risposto ad alcune domande sull’argomento. L’intervista è stata pubblicata sulla rivista scientifica Science.
Come viene spiegato il dibattito sugli Ogm dai filosofi della scienza?
Risposta di Daniel Hicks: Un filosofo di nome Heather Douglas parla di “rischio induttivo”. Esaminiamo un claim come “gli Ogm sono sicuri da mangiare per gli esseri umani”: se si è sostenitori degli Ogm, si viene portati a pensare che sia davvero importante sviluppare e implementare colture Ogm per sfamare il mondo. Ma se si è contrari agli Ogm e si è preoccupati per le conseguenze che ne possono derivare, si potrebbero impostare soglie di maggiore esigenza. Se, poi, abbiamo un insieme di prove che è una via di mezzo tra queste due posizioni, queste risulteranno sufficienti per convincere ulteriormente i sostenitori, ma insufficienti per far cambiare idea agli avversari.
Come cerca di affrontare questa problematica?
Il mio approccio è quello di guardare con attenzione alle preoccupazioni socio-politiche ed economiche. Riguardo le preoccupazioni circa la salute e la sicurezza degli Ogm, possiamo dire che abbiamo capito come misurarle oggettivamente, in modo che tutti possano comprenderne i rischi. Non abbiamo, però, istituzioni in grado di affrontare le problematiche socio-politiche ed economiche – o, se ci sono, non sono sufficientemente potenti. E così non sarei sorpreso se molti scienziati si rifugiassero dietro le indicazioni per la salute e la sicurezza che risultano loro più comode.
In che modo questo incide sulla polemica che riguarda gli Ogm?
Credo che molte preoccupazioni degli oppositori degli Ogm non siano state affrontate: se si è preoccupati per qualcosa, e le proprie preoccupazioni non vengono affrontate, non si ha intenzione di mollare. Non ci si sente soddisfatti, e si ha intenzione di continuare a sollevare certe questioni. Ciò che credo è che spesso gli oppositori degli Ogm mescolino diversi tipi di preoccupazioni: a volte sollevano preoccupazioni per la salute e la sicurezza, a volte sui diritti di proprietà intellettuale e sul potere della Monsanto.
Pensa che il dibattito diventerà meno “intrattabile”?
Onestamente non lo so. Non credo che esista un magico algoritmo della comunicazione scientifica in grado di migliorare la qualità della discussione. Ciò che vorrei sottolineare agli scienziati e ai divulgatori scientifici è che si dovrebbe davvero distinguere quando si sta parlando di salute e sicurezza e quando si sta parlando di altri tipi di problemi. E quando si parla di quegli “altri problemi”, ci si deve assicurare di affrontarli in modo diretto.
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Miriam Cesta