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Il divieto di immissione in commercio di prodotti Gm e gli effetti sulla zootecnia

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Dopo la libertà di scelta di produzione di materie prime geneticamente modificati, sui tavoli di lavoro delle autorità europee è sta avanzata l’ipotesi di applicare lo stesso principio di presunto rispetto delle peculiarità nazionali anche riguardo l’utilizzo di prodotti ogm all’interno delle filiere agro-alimentari. E quindi di permettere a ogni singolo stato membro della UE di scegliere o meno se vietare l’utilizzo dei cosiddetti OGM.

Vale la pena, anche se al momento si tratta di una proposta su cui occorre avere conferme e sulla quale – è auspicabile – vengano fatte le dovute riflessioni, prendere sin da subito consapevolezza degli effetti che una tale decisione (divieto di impiego di materie prime GM) avrebbe sulla realtà zootecnica italiana.

In primo luogo, a livello generale lasciare a ciascuno Stato membro la possibilità di vietare sul proprio territorio l’impiego di materie prime GM determinerebbe un problema di legittimità rispetto a norme fondamentali dell’UE sul “libero mercato” che hanno sancito il principio della libera circolazione delle merci e della libera concorrenza all’interno del territorio comunitario. Una norma come quella ipotizzata avrebbe implicazioni profonde nei rapporti commerciali tra i singoli Stati dell’Unione ne verrebbero stravolti e metterebbe in discussione l’essenza stessa del libero mercato.

In secondo luogo, un divieto di questo genere provocherebbe forti implicazioni di carattere pratico/giuridico quanto alla sua applicabilità, specie per quei Paesi che, come il nostro, sono fortemente dipendenti dalle importazioni. Tale divieto si rifletterebbe infatti non solo sulle materie prime GM ma, tenuto conto che la norma cui viene fatto riferimento riguarda gli alimenti e i mangimi, si ripercuoterebbe inevitabilmente anche su tutti i prodotti derivati ottenuti a partire da materie prime GM: non solo mangimi composti, ma anche carni, latte, uova, pesce e tutti i prodotti alimentari finiti o semilavorati che li contengono, come formaggi, latticini, oli di semi, pasta, prodotti da forno, ecc.. di facile comprensione e quindi non è nemmeno il caso di approfondire quali siano le conseguenze sul principio della libera concorrenza.

Per quanto riguarda in particolare il settore dei mangimi, e di conseguenza a cascata i settori che costituiscono la filiera zootecnica, incluse tutte le più importanti DOP e IGP dei prodotti di origine animale, e più in generale per tutte le produzioni tipiche del “made in Italy alimentare”, si tratterebbe di un vero e proprio terremoto, che metterebbe in discussione la stessa sopravvivenza di molte aziende, oltre a destabilizzare dalle fondamenta un settore produttivo determinante per l’economia e l’occupazione del Paese.

Tra gli effetti più immediati che sarebbe logico aspettarsi nell’immediato:
a) un impatto economico su tutta la filiera agroalimentare, tenuto conto che le materie prime non GM, vista la loro scarsità sul mercato, hanno già oggi un costo superiore ( tra il 15 e il 25% in più) e per le quali, stante un eventuale obbligo di impiego, causerebbe un inevitabile aumento dei prezzi. Con un danno facilmente immaginabile sia per le produzioni nazionali sia per i consumatori italiani;
b) il ridimensionamento del numero di animali allevati nel nostro Paese e quindi delle nostre produzioni agroalimentari che ne derivano (carni, latte, uova e pesce e loro derivati);
c) il danneggiamento degli operatori italiani a beneficio degli operatori esteri per i quali non ci sarebbe l’obbligo di rispettare i vincoli di non impiego di materie prime GM;
d) una ricaduta negativa in termini economici che si rifletterebbe sul PIL nazionale al quale l’agroalimentare italiano contribuisce per poco meno del 20%;
e)il rischio concreto di chiusura di molte aziende di allevamento e di trasformazione o nella migliore delle ipotesi una loro delocalizzazione fuori dai confini nazionali;
f) una consistente perdita di posti di lavoro con riflessi negativi sull’attuale tasso di disoccupazione.

Tutto questo senza dimenticare che da un eventuale divieto di impiego di materie prime GM non trarrebbero beneficio neanche i consumatori finali. Anzi, avrebbero a disposizione una minore quantità di prodotti alimentari italiani e ad un prezzo notevolmente più alto sia per i costi di produzione sia per la minore offerta rispetto ala domanda. E tutto questo, quindi, a vantaggio di chi? Non certo del Sistema Paese! Al danno si aggiungerebbe poi anche la beffa: per fare fronte alla domanda alimentare l’Italia sarebbe costretta ad aumentare l’importazione di prodotti alimentari, vegetali o animali, prodotti – per lo più – a partire proprio da quelle stesse materie prime GM di cui sarebbe vietata l’importazione/impiego nel nostro Paese.

 

Foto: Pixabay

Giulio Gavino Usai