Il prezzo eccessivo delle materie prime da una parte, la produttività dall’altra. L’allevatore al centro di nuove strategie, metodi per salvaguardare la redditività in costante calo, tenendo fermi alcuni punti: l’attenzione alla sicurezza dei fattori nutritivi e l’apporto scientifico degli elementi nutrizionali che servono alle bovine da latte per produrre latte di alta qualità.
“Le condizioni dei mercati delle materie prime e i prezzi di latte e derivati stanno pesantemente penalizzando la redditività, laddove ci sia ancora, delle aziende da latte – spiega il professor Francesco Masoero dell’Istituto di Scienze degli Alimenti e della Nutrizione, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza -. In questo contesto gli allevatori stanno ottimizzando l’impiego dei fattori produttivi quali terreni, strutture e personale nell’ottica di massimizzare la trasformazione dei prodotti aziendali, ridurre al minimo la dipendenza dal mercato delle materie prime e dei foraggi, massimizzando la produzione per ettaro di latte e per unità di lavoro dipendente”.
In quest’ottica, riprende Masoero “l’impiego di foraggi (silomais o erbai/medica) e granelle (cereali o proteaginose) prodotti in azienda rappresenta la via meno onerosa per l’allevatore”. Una scelta “obbligata” dalle condizioni economiche che, tuttavia, deve soddisfare requisiti stringenti, spiega Masoero: “Il fattore ‘qualità della fibra’ e la scelta delle colture diventano strategiche per garantire le produzioni di latte e l’efficienza energetica della razione e inoltre i nuovi sistemi di razionamento devono considerare, oltre alla qualità del foraggio, anche la potenziale capacità di ingestione, e soprattutto i parametri di conservazione”.
Il valore della ricerca – Il razionamento ha quindi bisogno di indicatori precisi su cui fare affidamento. La ricerca scientifica sta avanzando su questo fronte: “Su questa base, i sistemi moderni di formulazione si basano su parametri analitici sofisticati – spiega Masoero – che misurano la dinamica di degradazione della fibra e degli amidi, le caratteristiche di fermentescibilità e degradabilità della sostanza organica, della tipologia e composizione della frazione proteica in funzione dei fabbisogni della microflora ruminale o degli apporti di amminoacidi assorbibili nell’intestino”.Le razioni ad alto livello di foraggi mostrano dei punti deboli. “Escludendo la zona tipica del Parmigiano Reggiano e del Trentin Grana, le razioni attuali si basano su alti livelli (25-35 kg/capo/giorno) – ricorda Masoero – di foraggi insilati freschi o pre-appassiti, che, per il loro massiccio impiego in razione, devono garantire la massima sicurezza e qualità”.Le tecniche di insilamento “influenzano profondamente le perdite di valore nutritivo, ossia della sostanza organica bruciata durante la fase di riscaldamento della massa, ma soprattutto, in caso di cattiva conservazione, si riscontrano valori molto elevati di tossine fungine – puntualizza l’esperto – che alterano anche pesantemente le attività microbiche ruminali e la salute del tratto intestinale dell’animale”. Il ruolo dei mangimi – Anche alla luce di questo profondo cambiamento, spiega il docente, “il ruolo dei mangimi diventa quindi sempre più strategico come veicolo tecnico di integrazione e ottimizzazione delle razioni”.
per l’importanza che regolare le funzioni metaboliche dell’animale ha per la resa. “Un altro aspetto fondamentale è rappresentato dalla nutrizione della mammella allo scopo di massimizzare la qualità e la resa casearia del latte in termini di contenuto proteico – ricorda il professore -. Per questo il ruolo dei mangimi è strategico nel modulare gli equilibri della razione stimolando la massima sintesi di proteine batteriche ruminali e garantire gli apporti di amminoacidi limitanti la sintesi della proteina nella mammella non solo in termini quantitativi ma anche in termini di rapporti tra gli amminoacidi”.
L’ottimizzazione della razione non può prescindere dall’uso dei mangimi come “scudo” per i fattori nutritivi e per questo Masoero sottolinea il valore della “protezione di particolari elementi (amminoacidi, vitamine, enzimi) dalla degradazione ruminale, l’integrazione della razione con probiotici particolari o con fonti lipidiche ad azione modulatrice dello stato infiammatorio”. Senza dimenticare le altre funzioni che dipendono dall’industria mangimistica “relative al trasferimento delle nuove tecnologie applicate alla nutrizione quali i processi di pre-cottura, come estrusione, fioccatura espansione, applicate alle materie prime”.
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Cosimo Colasanto