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Il fosforo nell’alimentazione dei suini: risultati di una metanalisi sulle principali ricerche

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Il Fosforo è il secondo minerale più abbondante nell’organismo e in quanto tale è necessario garantirne l’adeguata assunzione da parte degli animali zootecnici. Esso svolge molteplici funzioni nell’organismo essendo fondamentale per: la salute dello scheletro (garantisce la corretta mineralizzazione ossea), le attività cellulari, il metabolismo proteico ed energetico, la trasduzione del segnale nervoso, l’espressione genica e la struttura del DNA e dell’RNA. Il Fosforo si presenta a livello corporeo sotto forma di idrossiapatite ossea (85%), esteri fosforici tissutali (15%) e fluido extracellulare (1%). La sua somministrazione per via alimentare avviene attraverso la sua presenza nella matrice biochimica degli alimenti e/o con integratori: ai primi appartengono i fosfolipidi, le fosfoproteine e l’acido fitico (o Fosforo fitinico), mentre i secondi sono rappresentati da minerali e alimenti di origine animale particolarmente ricchi di questo elemento. Tuttavia è importante osservare che larga parte del Fosforo presente negli alimenti comunemente usati (circa il 60-80% del minerale totale di cereali e semi oleaginosi) risulta non prontamente assorbibile dall’organismo (non biodisponibile) e questo può comportare la non adeguata assimilazione di questo minerale a livello corporeo, soprattutto nei monogastrici, determinandone sia problemi fisiologici che criticità di tipo ambientale stante l’elevata presenza nelle deiezioni.

I ruminanti riescono a sfruttare la componente fosfatica fitinica grazie alla produzione dell’enzima fitasi, unico enzima capace di idrolizzare il fosforo legato in forma organica, e renderlo così disponibile per l’assorbimento, a opera del microbioma ruminale. Mentre per le specie animali monogastriche, che hanno bassi livelli di fitasi endogena, la possibilità di assorbire il Fosforo fitinico è legata alla presenza dell‘enzima fitasi negli alimenti (maggiore nei cereali rispetto ai semi oleaginosi) o all’aggiunta dello stesso nella preparazione dei mangimi composti e integrati.

Negli animali, sotto il profilo nutrizionale, le carenze di Fosforo determinano ipofosforosi (che causa ridotta fertilità, rachitismo, osteomalacia) e, nei casi più gravi, afosforosi (cui conseguono anoressia, cachessia, riduzione della crescita, scarsa mineralizzazione ossea, debolezza e addirittura morte) con parallela ridotta assimilazione di Calcio, Ferro, Rame e amminoacidi. Per contro, eccessi di Fosforo determinano una conseguente carenza di Calcio e maggiori perdite dello stesso Fosforo per via fecale ed urinaria con aumenti dei problemi ambientali. Infatti, il Fosforo che arriva al suolo anche attraverso lo spandimento di deiezioni animali, oltre che direttamente con le concimazioni fosfatiche, è responsabile, insieme all’Azoto e al Potassio, dell’eutrofizzazione delle acque (stimolazione alla proliferazione delle alghe) e della saturazione dei terreni (dilavamento e pratiche agricole non più sufficienti a regolarne la presenza). In generale il Fosforo è somministrato nelle diete mediante l’utilizzo di fosfati inorganici (derivati da rocce sedimentarie esposte a processi termici e di idratazione) accompagnati dall’aggiunta di fitasi endogene di origine batterica (e.g. Buttiauxella sp., Citrobacter braakii, Serratia odorifera, Escherichia coli, ecc) o di origine fungina (e. g. Aspergillus niger, A. ficum, Peniophora lycii, Trichoderma reesei, ecc.).

La nutrizione minerale è stato uno dei campi di ricerca in alimentazione animale più fertili agli albori della disciplina, ma ha subito una rarefazione della produzione bibliografica, quasi a dimostrare il raggiungimento di una conoscenza ampia e sufficiente in questo ambito. Tuttavia, l’avanzamento delle tecniche di somministrazione alimentare necessarie anche al miglioramento delle prestazioni produttive e riproduttive degli animali zootecnici, unitamente alla necessità di migliorare l’efficienza nell’uso dei mezzi tecnici sia per motivi economici che ambientali, ha suggerito al nostro gruppo di lavoro di affrontare il tema del Fosforo nell’alimentazione dei monogastrici. In queste note riportiamo gli esiti di uno studio di meta-analisi che ha considerato la bibliografia scientifica riguardante i suini, in un prossimo intervento ci occuperemo di polli. 

La meta-analisi è stata effettuata sui dati riportati in 43 lavori scientifici riguardanti esperimenti condotti su suini e pubblicati su riviste internazionali referate. Le variabili considerate sono state tre di tipo produttivo (l’ingestione giornaliera di alimento, l’accrescimento giornaliero, l’indice di conversione alimentare) e quattro di tipo digestivo (l’ingestione, l’escrezione totale, l’escrezione fecale e l’escrezione urinaria di Fosforo e Calcio). Gli effetti fissi considerati nel modello statistico sono stati: l’eventuale somministrazione di fosfati inorganici (dicalcico e monocalcico) e/o quella di fitasi esogene, nonché il rapporto Ca:P delle diete sperimentali. I risultati della meta-analisi, riportati in tabella 1, mostrano che la somministrazione di fosfati inorganici (dicalcico e monocalcico) non influenza in maniera significativa le performance degli animali. La maggiore ingestione di Fosforo (P <0,0001) determina a sua volta una superiore escrezione dello stesso nei reflui (feci + urine) (P <0,0048,) ma di fatto questo è dovuto alla maggiore escrezione per via fecale (P <0,0008) mentre l’escrezione urinaria non é condizionata.

Questo aspetto risulta particolarmente interessante in quanto le urine sono potenzialmente più inquinanti delle feci. Inoltre, una somministrazione di fosfati inorganici, contenenti una buona percentuale di Calcio, genera di conseguenza una maggiore ingestione (P <0.0001) di Fosforo e, anche in questo caso, una maggiore escrezione totale (P <0,0124), in modo particolare per via fecale (P <0,001). Di particolare interesse appare il risultato dell’escrezione del Calcio per via urinaria osservata a seguito della somministrazione di fosfato monocalcico da cui risulta una riduzione delle perdite del minerale rispetto anche al controllo (P <0,0006) (Tabella 1). Per quanto attiene il rapporto Ca:P, è importante mettere in evidenza come valori bassi di questo indice abbiano determinato ingestione giornaliera di alimento tendenzialmente maggiore nei gruppi sperimentali di suini che non hanno ricevuto l’integrazione (P <0,076) che ha comportato anche un loro maggiore accrescimento giornaliero (P <0,008).

 

Tabella 1. Sintesi degli effetti della somministrazione di Fosforo e Calcio sulle performance dei suini (meta-analisi di 43 pubblicazioni scientifiche)

 

FOSFATO

 

FITASI

 

P

 

DCP

MCP

Controllo

 

SI

NO

                  Tipo P

            Fitasi

 

Tipo x Fitasi

 

Accrescimento (g/d)

 

665

671

629

 

672

         638

0,29

0,157

0,81

Ingestione (g/d)

 

1515

1505

1460

 

1508

        1479

0,61

0,58

0,81

ICA

 

2,36

2,28

2,38

 

2,28a

         2,40b

0,60

0,048

0,64

FOSFORO

Ingerito (g/d)

 

6,77A

7,10A

4,49B 

 

6,15

           6,09

<,0001

0,91

0,67

Feci(g/d)

 

2,76A

3,10A

1,76B 

 

2,04A

        3,04B

0,0008

0,008

0,81

Urine(g/d)

 

0,47

0,60

0,08 

 

0,41

          0,36

0,15

0,83

0,56

Feci + Urine (g/d)

 

2,84A

3,51A

1,69B 

 

2,17

          3,189

0,0048

0,058

0,74

CALCIO

Ingerito (g/d)

 

10,24A

11,03A

7,65B

 

9,68

9,60

<0,0001

0,90

0,93

Feci(g/d)

 

4,86a

4,46ab

3,82b

 

4,03

4,73

0,01

0,09

0,44

Urine(g/d)

 

1,33A

-0,33B

1,17A

 

0,74

0,70

0,0006

0,83

0,18

Feci + Urine (g/d)

5,62A

 

3,84AB

4,47B

 

4,32

4,96

0,0124

0,14

  0,70

 

DCP = fosfato dicalcico; MCP fosfato monocalcico; controllo, senza additivo fosfato nella dieta. Valori contrassegnati da lettere diverse in minuscolo differiscono significativamente per P<0,05, in maiuscolo differiscono significativamente per P<0,01.

 

Tuttavia, all’aumentare del rapporto Ca:P, e quindi al diminuire della quantità di Fosforo nella dieta, i gruppi che hanno registrato le maggiori ingestioni e i migliori accrescimenti sono stati quelli che hanno ricevuto la somministrazione di fosfati inorganici, sottolineando la necessità di equilibrare il rapporto a favore del Fosforo. In termini generali l’aggiunta di fitasi esogena nelle razioni alimentari ha generato un miglioramento di tutti i parametri presi in considerazione: migliori accrescimenti (P <0,046), migliori indici di conversione alimentare (P <0,048), riduzione delle escrezioni totali di Fosforo (P <0,058), in particolare delle perdite per via fecale di Fosforo (P <0,008), e anche una tendenziale riduzione dell’escrezione di Calcio (P <0,09) (Tabella 1). In conclusione, la meta-analisi condotta sulla recente letteratura scientifica disponibile sull’impiego del Fosforo nell’alimentazione dei suini ha mostrato che l’utilizzo di fosfati inorganici quali integratori alimentari esponga l’ambiente a maggiori carichi inquinanti, senza determinare delle performance significativamente migliori per gli animali; d’altro canto la somministrazione di fitasi esogene oltre a determinare delle prestazioni decisamente migliori per gli animali, consente di risparmiare questo prezioso elemento e di limitarne, nel contempo, l’impatto ambientale.

 

Foto: Pixabay

 

Sezione di Scienze Zootecniche, Dipartimento di Agraria, Università di Sassari 

 

Fabio Fulghesu, Anna Nudda, Alberto Stanislao Atzori, Gianni Battacone, Giuseppe Pulina