Il 17 ottobre 2023 l’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) ha presentato il suo rapporto sulla competitività dell’agroalimentare italiano. Il rapporto mostra alcune tendenze significative riguardo all’inflazione e ai prezzi dei prodotti alimentari in Italia: nonostante le politiche restrittive delle banche centrali e una moderata dinamica salariale, l’inflazione in Italia rimane elevata, con una stima preliminare dell’ISTAT (l’Istituto italiano di statistica) che indica un aumento del 5,3% su settembre 2022. Questo dato è in linea con un quadro economico internazionale caratterizzato da instabilità e incertezza geopolitica.
Il rapporto ISMEA mette in evidenza come l’agroalimentare italiano sia stato influenzato dall’aumento dei prezzi ma abbia gestito in modo responsabile la trasmissione di tali aumenti lungo la filiera. Nonostante le sfide, l’agroalimentare italiano continua a essere un settore chiave per l’economia del Paese.
L’agroalimentare italiano è stato uno dei settori più colpiti dall’aumento dei prezzi poiché svolge un ruolo chiave nell’economia e dipende dall’estero per l’approvvigionamento di energia, materie prime e beni intermedi. Tuttavia il rapporto ha rivelato che l’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari in Italia è stato inferiore rispetto alla media dell’Unione Europea (UE) e a paesi come Germania e Spagna.
Nel dettaglio, nel 2022, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari ha contribuito significativamente all’inflazione complessiva. L’indice Istat per i prodotti alimentari, bevande e tabacco, armonizzato per i confronti europei, ha registrato una crescita media dei prezzi dell’8,1%. Tuttavia questa crescita è stata inferiore rispetto alla media dell’UE (10,2%) e dell’Eurozona (9%). In particolare la Francia ha ottenuto risultati migliori grazie a un maggiore grado di autosufficienza alimentare ed energetica, limitando gli aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari al 6%. Va notato che in Italia le utenze domestiche hanno registrato un aumento del 35% nel 2022, quasi il doppio della media dell’UE (+18%), e più del triplo della Francia. Tuttavia, nonostante il raffreddamento dei prezzi internazionali dell’energia e delle materie prime nella prima metà del 2023, l’inflazione per i prodotti alimentari nel carrello della spesa è continuata a salire, raggiungendo il suo picco al 12% a marzo. Anche in questo caso l’Italia ha registrato un tasso di inflazione inferiore rispetto alla media comunitaria.
L’effetto combinato dell’inflazione e della bassa crescita dei redditi ha influenzato il potere d’acquisto e il tasso di risparmio delle famiglie, creando squilibri distributivi. Le famiglie più fragili hanno subito un tasso d’inflazione più alto rispetto a quelle benestanti (12,1% contro 7,2%), principalmente a causa delle differenze nella spesa alimentare. Ciò ha avuto un impatto significativo sugli acquisti alimentari domestici, con volumi in riduzione del 3,7% nel 2022, scontrini in aumento del 5% e un cambiamento nei comportamenti d’acquisto dettato dalla necessità di risparmiare.
Nonostante gli effetti asimmetrici dell’inflazione, l’analisi della trasmissione dei prezzi lungo la filiera agroalimentare condotta dall’ISMEA non ha rivelato fenomeni speculativi su larga scala in nessuna delle fasi. La filiera è stata in grado di contenere le variazioni dei prezzi, ritardando gli incrementi a valle per evitare contrazioni eccessive della spesa delle famiglie.