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Innovazione in agricoltura, servono più investimenti in ricerca e sviluppo

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Un indice di innovazione nella media europea ma non sufficiente a garantire un futuro prospero per l’agroalimentare italiano e che rende necessaria più ricerca per risollevarne le sorti. Caso emblematico è la crisi del mais, con un bisogno sempre più crescente di aumentare le importazioni perché il settore è scarsamente autosufficiente. L’Agrifood Innovation Index di Nomisma colloca l’Italia in una posizione intermedia nel campo dello sviluppo e dell’innovazione, dietro a Paesi come Francia e Germania: “All’Italia non basta essere nella media europea per tasso di innovazione agricola. La patria della Dieta mediterranea può diventare leader nel progresso agroalimentare in Europa, ma deve finanziare di più Ricerca & Sviluppo su tutta la filiera”, sottolinea Deborah Piovan, portavoce di Cibo per la mente, manifesto per l’innovazione che riunisce 14 associazioni dell’agroalimentare italiano tra cui Assalzoo

I risultati dell’Agrifood Innovation Index, messo a punto da Nomisma, sono stati presentati il 19 marzo in Senato dall’Associazione Luca Coscioni e dalla piattaforma internazionale Science for Democracy. Osservando i fattori chiave dello sviluppo in agricoltura all’Italia è stato assegnato un punteggio di 49 su 100. Poco sopra la Francia, con 54/100, mentre Germania e Olanda sono più distanziati, rispettivamente con 62 e 88/100. Per migliorare le sue condizioni è necessario puntare su “innovazione, investimenti, impresa, infrastrutture, Internet, istruzione, informazione”, ricorda Piovan. 

Poche risorse per la ricerca

L’osservatorio dell’unità di ricerca agroalimentare di Nomisma ha analizzato le condizioni che facilitano la creazione di innovazione nei settori produttivi (dalle risorse umane alla finanza alle infrastrutture fisiche e digitali) e quindi in agricoltura. Gli esperti hanno infine realizzato un indice originale per misurare lo stato di avanzamento dei 28 Paesi europei considerando indicatori di produttività delle colture, degli allevamenti, dei fattori di produzione e della sostenibilità ambientale.  

Il quadro in termini di innovazione per l’Italia è poco incoraggiante: il Paese, ad esempio, investe solo lo 0,54% del Pil contro una media dello 0,7% e solo il 16% delle imprese ha accesso a Internet con velocità superiore a 30 Mb/s. Limitatamente al settore primario, tra l’altro, le aziende hanno dimensioni fisiche ed economiche medie di 12 ettari e 43mila euro di valore della produzione inadeguate per ottenere margini di investimento rilevanti: “È necessario che l’innovazione non sia delegata all’iniziativa dei singoli agricoltori. Solo così sarà possibile affrontare le sfide imposte dal mercato e dal cambiamento climatico per la competitività e il fabbisogno alimentare globale”, aggiunge ancora Piovan.  

Necessario migliorare la qualità della granella

Un focus di analisi è stato dedicato al grado di innovazione in due prodotti: mais e pesche&nettarine, i cui settori sono in una fase di grave indebolimento. Negli ultimi anni quello maidicolo ha assistito a una progressiva riduzione della produzione nazionale a favore del prodotto estero, ormai inferiore al 60%. Hanno pesato diversi fattori negativi, dalle difficoltà nella gestione delle avversità climatiche agli attacchi dei parassiti a condizioni sfavorevoli di mercato. 

Dal dialogo con gli attori coinvolti nella filiera sono emersi i principali fabbisogni di innovazione del settore. Al primo posto c’è l’innovazione delle tecniche agronomiche utile soprattutto per le irrigazioni e le lavorazioni di agricoltura conservativa. A seguire la maggiore diffusione delle tecniche di difesa già presenti sul mercato, la necessità di investire più risorse in ricerca e nell’innovazione genetica allo scopo, per esempio, di ridurre la lunghezza dei cicli colturali, disporre di piante di forma e caratteristiche tali da poterne aumentare la densità a metro quadro, migliorare la qualità della granella: “Il settore chiede azioni dedicate al miglioramento genetico e alla difesa delle colture minacciate da micotossine, piralide e diabrotica. L’innovazione genetica aiuterebbe anche la filiera del pesco, che grazie alle New Breeding Techniques potrebbe rapidamente sviluppare varietà resistenti al virus Sharka, diffuso in Veneto ed Emilia Romagna”, conclude la portavoce di Cibo per la mente

Al settore maidicolo è stato assegnato un indice di 65,3 su 100 tenendo conto sia degli avanzamenti in atto che della capacità di gestire le innovazioni.

 

Foto: Pixabay

redazione