In questi ultimi anni si è assistito ad un forte interesse verso gli effetti prodotti dall’introduzione di farine di insetti nei mangimi sulla biologia e sulla qualità dei pesci di allevamento. Le specie di pesce principalmente allevate in Europa sono per lo più carnivore e conseguentemente i loro mangimi devono contenere un tenore proteico del 30-50%. Convenzionalmente la principale fonte proteica è costituita da farine di pesce e farine proteiche vegetali. Le prime derivano principalmente da pesce azzurro di piccola taglia pescato in poche zone circoscritte degli oceani (largo di Perù e Cile, Mar del Nord, largo di Cina e Giappone). Se da un lato queste presentano un profilo nutrizionale ideale per le specie d’acquacoltura, dall’altro il loro impiego non è più né ecologicamente né economicamente sostenibile. La pesca smodata finalizzata alla produzione di farine di pesce con la complicità del cambiamento climaticoha portato a un depauperamento importante degli stock ittici naturali e,diventando quanto mai aleatoria, stacausando un’instabilità crescente dei prezzi. Per quanto concerne l’altra fonte proteica, le farine vegetali (e principalmente la farina di soia) sono da tempo criticate per alcuni loro punti di debolezza. Innanzitutto, hanno un profilo nutrizionale che non soddisfa in pieno le esigenze delle specie allevate, possono inoltre contenere fattori antinutrizionali e, nel caso della maggior parte delle specie di interesse per l’acquacoltura nazionale ed europea, esse non costituiscono un ingrediente della dieta naturale delle specie allevate. La ricerca di fonti proteiche alternative si è rivolta pertanto a substrati di alto valore nutrizionale, dal basso impatto ambientale e dalla scarsa competizione con l’alimentazione umana. Per tali ragioni, l’attenzione della comunità scientifica si è soffermata sulla possibilità di inserire gli insetti, e soprattutto la farina da essi derivata, nell’alimentazione dei pesci in acquacoltura, essendo già parte integrante della loro dieta naturale.
Dal punto di vista nutrizionale, gli insetti (soprattutto in fase di larva o di prepupa) rappresentano un’ottima fonte di amminoacidi essenziali, lipidi, vitamine e minerali che rispondono in pieno alle esigenze nutrizionali delle specie d’acquacoltura e proprio per questo si offrono come un’ottima alternativa alle fonti proteiche convenzionali. Inoltre, diversamentedalle produzioni zootecniche terrestri, gli insetti sono caratterizzati da cicli di riproduzione e crescita molto brevi (anche 1 settimana) e presentano un indice di conversione alimentare ben più basso rispetto a quello di bovini, suini e addirittura del pollame. Infatti1 kg di biomassa (insetti) viene prodotta mediamente con la conversione di 2 kg di substrato organico, mentre ad esempio i bovini ne richiedono circa 8 kg.
Allevare insetti porta inoltre con sé altre virtù. Il substrato incui vivono e di cui si nutrono non è in diretta competizione con l’alimentazione umanama anzi la integra, in quanto può essere costituito da scarti e sottoprodotti organici provenienti dall’agroindustria, che vengono a loro voltatrasformati dagli insetti stessi in proteina nobile e gli scarti del processo sono costituiti da materia organica idonea come fertilizzante.Infatti, Veldkamp et al. (2012) hanno evidenziato come gli insetti abbiano la potenzialità di valorizzare 1,3 miliardi di rifiuti organici mondiali, trasformandoli in 765 milioni di tonnellate di insetti all’anno.In aggiunta, gli insetti possono essere lavorati e separati in più frazioni, ottenendo varie tipologie di prodotti: oli/grassi, farina (proteine) e prodotti innovativi come chitosano, minerali, vitamine esostanze con proprietà antibatteriche. In definitiva, l’allevamento degli insetti si pone come un tassello fondamentale all’interno della tanto desiderata bioeconomia circolare poiché consente di usare in modo più sostenibile le risorse a nostra disposizione,da un lato recuperandoe valorizzando la sostanza organica di bassa qualità e, dall’altro, generando una serie diprodotti di interessantissimo valore.
Entrando nello specifico dell’alimentazione dei pesci con insetti, i principali aspetti da prendere in considerazione sono tre: le performance di crescita, la risposta biologica e la qualità del muscolo. Iniziando dalla prima, in passato si pensava che un polisaccaride presente nell’esoscheletro degli insetti, cioè la chitina, potesse peggiorare la digeribilità del mangime, poiché molti pesci carnivori non presentano una efficiente attività dell’enzima digestivo chitinasi. Ultimamente i ricercatori hanno notato che la chitina apportata dagli insetti non influenza significativamente le performance di crescita di alcune specie di pesce. Varie ricerche scientifiche condotte sulle specie di pesci carnivori più allevati (salmone, trota, spigola, orata) concordano dicendo che, sostituendo fino a circa il 25% della farina di pesce con farina di insetti, le performance di crescita del pesce non vengono ridotte(Henry et al., 2015; Lock et al., 2016; Renna et al., 2017).
Dal punto di vista della risposta biologica, ancora non sono chiare le interazioni di tale fonte proteica col metabolismo dei pesci. Recenti studi hanno evidenziato che alcune componenti degli insetti, quali proprio la chitina, possano essere favorevoli selezionando ad esempio un microbiota intestinale benefico.
Qualche problema invece si riscontra prendendo in considerazione la qualità nutrizionale, e in particolare il profilo in acidi grassi, del muscolo dei pesci alimentati con farine di insetti.Sebbene il profilo in acidi grassi degli insetti possa essere modellato in base al substrato di crescita utilizzato nell’allevamento degli stessi, gli insetti sono tendenzialmente carenti in acidi grassi polinsaturi a lunga catena, soprattutto quelli della serie ω-3, rinomati per i loro effetti benefici sulla salute umana nonché essenziali. Tale problema è parzialmente ovviato con la produzione di farine “sgrassate” (contenenti cioè solo una piccola parte di grasso derivante dagli insetti stessi) da inserire poi in una dieta equilibrata contenente fonti lipidiche appropriate alla crescita e alla qualità del muscolo del pesce. Inoltre, la ricerca scientifica si sta adoperando per capire se facendo crescere gli insetti su substrati ricchi di ω-3 (derivati da macroalghe o residui della lavorazione del pesce) vi sia un miglioramento del profilo in acidi grassi degli insetti stessi (St-Hilaire et al., 2007).
Grazie all’enorme impegno della comunità scientifica, la Comunità Europea ha recentemente approvato il Regolamento Europeo 2017/893 con ilquale viene ammessonei mangimi per pesci l’utilizzo delle proteine derivate da sette diverse specie di insetti. Ciononostante, ad oggi l’utilizzo di insetti in acquacoltura presenta alcuni ostacoli, seppur non insormontabili. Non essendo stati approfonditamente e largamente testati gli effetti del loro impiego, alcuni tasselli devono essere messi al loro posto. È necessario ricordare che l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA, 2015) chiede di porre attenzione agli aspetti igienici della produzione e del consumo di insetti nonché all’eventuale rischio di trasmissione di microrganismi patogeni piuttosto che di sostanze chimiche indesiderate (metalli pesanti, tossine, ecc.). Certo è che in fase di allevamento si possono modificare a proprio vantaggio i parametri che incidono sulla qualità del prodotto finito, in modo da ottenere un prodotto salubre e di ottima qualità. Un altro aspetto da tenere in considerazione sono i costi produttivi, ad oggi poco competitivi se confrontati coni prezzi delle farine di pesce e soprattutto di quelli delle fonti proteiche vegetali, tuttavia il trend è in diminuzione dato il continuo aggiornamento e il miglioramento delle tecniche produttive.
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Leonardo Bruni,Giulia Secci, Giuliana Parisi