Quello che forse stupisce di più nelle analisi economiche degli ultimi mesi è la scarsa reattività, sul fronte internazionale, della nostra filiera agroalimentare. Il focus delle riflessioni si è concentrato sulla, non facile situazione nazionale e ha tralasciato il capitolo delle interessanti opportunità che la grande recessione ha creato o sta comunque aprendo all’estero.
Anche per la filiera zootecnica vi potrebbero essere importanti opportunità da cogliere, ma si deve entrare in una lunghezza d’onda nuova, informarsi adeguatamente e avere il coraggio di uscire dall’ordinario e cioè da quella che è possibile definire la tirannia dello status quo.
Partiamo da una premessa. E’ vero che oggi le cose non vanno ancora bene, la filiera carni, come tutta l’agricoltura, è sotto pressione, si produce spesso sottocosto e si vende poco, con la fiducia dei consumatori europei e americani ai minimi storici. Per quanto riguarda in generale il nostro sistema paese, sappiamo che anche l’export, tradizionale nostro asso nella manica, che copre il 22 % del PIl, è in affanno.
Qualcuno potrebbe suggerire di aumentare la pressione sui mercati emergenti ma, a breve, non sembra essere questa la soluzione vista la scarsità dei volumi totali esportati verso queste aree. Questo solo per dire che l’ export, cosi come è oggi, non ci tirerà fuori dalla crisi.
La filiera protagonista
E’ evidente che anche la nostra filiera zootecnica dovrà fare un salto di qualità non solo per affrontare le difficoltà del mercato interno ma anche per recuperare una proiezione internazionale. La proposta non è certamente quella di abbandonare il mercato nazionale ma, al contrario, di valutare con attenzione anche attività di internazionalizzazione complementari ad essa, approfittando della congiuntura favorevole. La crisi ha profondamente rimescolato le carte, facendo piazza pulita delle speculazioni e delle bolle immobiliari e ha riaperto molti capitoli chiusi da tempo.
Paradossalmente è proprio in questi momenti difficili che emergono le opportunità storiche per rientrare in gioco a condizioni di favore in mercati prima saturi non interessanti o, semplicemente, dove non eravamo presenti.
Non si tratta di sbilanciarsi in avventure improvvisate: occorre semmai una approfondita fase informativa con connesse azioni di scouting e di intelligence per poter disporre elementi utili a delineare le proposte e le priorità.
L’azione di approfondimento ha una molteplice utilità. Essa, non solo è funzionale per scoprire interessanti occasioni di affari, in termini di vendita o acquisti di prodotti ed attrezzature, ma anche per evidenziare interessanti opportunità di investimenti diretti in loco.
Per poter tornare utile l’operazione deve essere tempestiva ed efficace e potrebbe essere giocata in chiave di filiera e non della singola impresa. Quante volte, in passato, singoli allevatori, agricoltori, industriali o commercianti si sono mossi singolarmente senza adeguata preparazione e coordinamento. Quante volte anche le missioni imprenditoriali, nelle intenzioni, ben organizzate dall’ICE o dalle singole associazioni di categoria, non hanno poi avuto seguito. Occorre un metodo diverso più efficace e coinvolgente
Siamo di fronte a contesti che richiedono impegni rilevanti dove occorre fare massa critica in termini di capitali, di conoscenze e di ruoli. Un modo questo, per fare squadra o sistema e che permette enormi vantaggi nei rapporti con i clienti, gli interlocutori, le banche le pubbliche amministrazioni etc. Senza contare che le difficoltà contingenti prima o poi finiranno e saranno avvantaggiati coloro che, oggi vedono lontano, e prendono posizione per trovare soluzioni alle grandi problematiche di fondo, che restano sul tappeto e che potranno riproporsi anche domani.
Prendiamo atto che lo scenario mondiale è cambiato. Stati Uniti ed Europa (chi più chi meno), per il loro altissimo indebitamento, non consento per i prossimi anni previsioni di una grande ripresa dei consumi, mentre lo sviluppo maggiore sarà concentrato in Asia, soprattutto su Cina ed India, che dispongono di grossi surplus valutari da investire, sia sul mercato interno che su quello internazionale. Per queste e per tutte le aree che riterremo prioriarie occorrerà saperne di più per poter elaborare poi una strategia
Guardare a cosa c’è anche dietro casa
Ma anche guardando dietro casa, ai Balcani, alla Romania e ai paesi limitrofi si scorgono opportunità interessanti. La grande recessione qui ha colpito duro: le monete locali hanno perso, rispetto all’Euro, più del 40% del loro valore, i valori immobiliari (case e terreni agricoli) ne hanno perso la metà, tornando ai livelli di sei anni fa, il costo del lavoro è ridiventato competitivo. Tutta la filiera agroalimentare è in movimento.
Coloro che avevano comprato a prezzi alti, sperando in ulteriori aumenti delle quotazioni, sono in difficoltà e stanno mettendo sul mercato, a prezzi bassi, grandi superfici di terreno accorpate e incolte, con centri aziendali, e strutture connesse, quali mangimifici, magazzini, etc,.
Piccoli e grandi allevatori locali vendono o cercano partner per aumentare o completare gli investimenti. I singoli governi, pressati dai debiti, stanno avviando alla privatizzazione grandi aziende agricole ed agroalimentari di stato.
Tutte opportunità strategiche di prospettiva, da considerare con attenzione e a poche ore di macchina dai nostri confini. Si pensi solo alla possibilità di produrre noi stessi, dietro casa, quello che per vari motivi, serve al paese e non possiamo o riusciamo a produrre in patria. Perché, ad esempio, non coltivare noi stessi o far coltivare per nostro conto, a condizioni concorrenziali, nelle fertili pianure della Valacchia o della Voivodina, quelle materie prime che comunque importiamo dall’estero.
Per chiudere qualcuno si è poi accorto che i grandi paesi asiatici e arabi hanno accaparrato 5 milioni di ha di terre arabili in Asia ed in Africa. La sfide sono imponenti. Forse è il caso di starci dentro.
Pubblicato: Gennaio-Marzo 2010
Foto: Unsplash
Marco Taddei