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Carne, prezzi in rialzo nel terzo trimestre 2022

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foto pixabay

L’inflazione morde l’agroalimentare italiano. L’indice dei prezzi dei prodotti agricoli elaborato dall’Ismea è aumentato del 3,8% su base congiunturale nel terzo trimestre del 2022 e del 22% su base tendenziale. Dal lato dei costi, il confronto con il terzo trimestre 2021 evidenzia un incremento significativo, pari al 26,6% per le produzioni vegetali e al 25,8% per quelle zootecniche. Aumenti tendenziali si sono registrati soprattutto per prodotti energetici (+67,2%), fertilizzanti (+41,6%) e mangimi (+35,9%). A rivelarlo è il nuovo report AgriMercati di Ismea.

Il terzo trimestre del 2022 è stato caratterizzato dal perdurare della crisi energetica e dell’instabilità geopolitica causata dalla guerra in Ucraina, dall’elevata inflazione e dagli interventi di politica monetaria restrittiva. La combinazione di questi elementi si prevede porteranno a un rallentamento della crescita dell’economia mondiale nei mesi a venire.

Considerando le dinamiche dei prezzi, dei costi e quelle relative ai raccolti e alle produzioni, il valore aggiunto agricolo italiano avrebbe segnato una diminuzione su base congiunturale, così come confermato anche dalle già citate stime Istat sui conti economici del terzo trimestre. L’indice della produzione industriale dell’alimentare nei primi nove mesi del 2022 è cresciuto del 3,3%, contro l’1,2% del manifatturiero nel complesso.

Le esportazioni agroalimentari italiane continuano a crescere nel 2022, con un +18% tendenziale nei primi otto mesi dell’anno. L’incremento dei prezzi delle materie prime agricole e degli energetici sta impattando sia sulle esportazioni, sia sulle importazioni agroalimentari, che nei primi otto mesi del 2022 sono aumentate addirittura del 30%, frutto di un +36,3% per i prodotti agricoli e di un +27,1% di quelli dell’industria alimentare. Da un surplus di 2,5 miliardi di euro nei primi otto mesi del 2021, la bilancia agroalimentare italiana è passata a un deficit di quasi 700 milioni di euro nei primi otto mesi del 2022.

I consumi domestici dei prodotti agroalimentari

Le famiglie, con i prezzi che aumentano e i salari che rimangono inchiodati a un +0,8%, vedono scivolare in basso il loro potere d’acquisto e cercano vie d’uscita che impattano anche sull’approvvigionamento alimentare.

Il carrello della spesa, secondo i dati NielsenIQ nel periodo cumulato da gennaio a settembre 2022, sta costando agli italiani il 4,4% in più rispetto allo scorso anno, con dinamiche che si acuiscono nei mesi di agosto e settembre (+10,4%); al contempo però si alleggerisce il carrello in termini di volume con riduzioni che coinvolgono tutte le categorie con percentuali che vanno da -1% del latte fresco al -31% del pesce fresco.

Gli incrementi della spesa coinvolgono tutto il territorio nazionale con un’intensità leggermente superiore al Nord dove superano il 5,3%. Anche l’aumento dei costi per gli imballaggi incide sui prodotti confezionati, che registrano un aumento dei prezzi più evidente (+5% vs il +3,2% dello sfuso).

Il mercato delle principali filiere agroalimentari nel terzo trimestre del 2022

Cereali, stabili mais e orzo ma buone notizie per la soia

L’andamento di breve termine del mercato per la campagna 2022/23 dovrebbe configurarsi con il mantenimento dei prezzi di mais e orzo su livelli ancora sostenuti, mentre per la soia i fondamentali indicano un calo dei listini. Più in dettaglio, nel caso del mais, la contrazione dell’offerta e delle esportazioni degli Usa potrebbe creare fenomeni tensivi, ancor più evidenti in considerazione della maggiore domanda che perverrà dall’Ue che secondo le stime più recenti potrebbe perdere il 24% dei propri raccolti a causa delle elevate temperature e della siccità. Per la soia invece le indicazioni sono attualmente positive, sia in termini di raccolti che di export e scorte; è da attendersi quindi nei prossimi mesi un andamento ribassista delle quotazioni grazie soprattutto al contributo del Brasile (primo produttore ed esportatore) che andrebbe a controbilanciare abbondantemente il lieve calo dell’offerta stimata per gli USA.

Carni, volumi d’offerta in calo e prezzo alle stelle per il settore bovino

I prezzi delle carni sono risultati in sensibile rialzo in tutte le fasi di scambio nel terzo trimestre per l’azione congiunta di una ripresa della domanda, spinta dalla ripartenza del turismo e quindi dell’Horeca, e dell’aumento dei costi di allevamento. Quella avicola continua più delle altre filiere ad accusare l’impennata dei prezzi dei mangimi e dei costi energetici. L’aumento dei costi di produzione è stato però accompagnato da un sensibile aumento dei prezzi in tutte le fasi di scambio, assorbito senza problemi sia dalla grande distribuzione organizzata che dai consumatori.

Nel settore delle carni bovine invece si sta assistendo a una limitazione dei volumi d’offerta, per il rallentamento delle attività di ingrasso e di macellazione necessario per far fronte al forte aumento dei prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione del bestiame. I prezzi all’origine dei vitelloni hanno toccato a settembre il culmine, con incrementi su base annua superiori al 21%; notevole anche l’incremento del prezzo per le vacche (+28%) malgrado l’incremento di offerta nazionale dovuta alla maggior attività di riforma nelle stalle da latte.

Nel settore dei suini la produzione è in contrazione nei principali paesi comunitari – Germania, Polonia, Belgio, Romania e Italia – a causa degli elevati costi e degli effetti della peste suina africana (PSA). I prezzi delle carni stanno toccando livelli record, con punte tra luglio e settembre 2022 del 36% al di sopra dei valori del 2021 e del 28% al di sopra dei valori medi del quinquennio 2017-2021.

Per quanto riguarda gli ovicaprini, dopo il picco pasquale, il mercato degli agnelli si è normalizzato nel corso dei mesi estivi, ma con listini assestati su livelli ben più elevati rispetto allo scorso anno come conseguenza di una minore offerta (macellazioni -7,4% nel periodo gennaio-settembre 2022).

Latte, calano le consegne e continua l’aumento dei prezzi

Non si arresta nel terzo trimestre la crescita dei listini, a causa della scarsa disponibilità di prodotti lattiero caseari. L’aumento dei costi e le difficoltà di approvvigionamento dei mangimi hanno indotto anche gli allevatori nazionali a frenare la produzione di latte. Le consegne di latte, dopo due anni di forti aumenti (+4,5% nel 2020 e +3,3% nel 2021), nei primi sette mesi del 2022 hanno registrato una battuta d’arresto (+0,1% tendenziale). La minore disponibilità di latte e il significativo incremento dei costi sia a livello nazionale che a livello di UE ha fatto aumentare anche i prezzi alla stalla, che entro fine anno potrebbero arrivare a 60 euro/100 litri.

Anche nel segmento del latte ovino nel terzo trimestre 2022 è proseguita la dinamica fortemente positiva per i prezzi del Pecorino Romano arrivato a superare i 12 euro al chilo nel mese di settembre (+35% su base annua), anche come conseguenza di una minore produzione (-5% nell’annata casearia chiusa nel mese di luglio) e di una minore disponibilità di materia prima. Incremento dei costi e ridotta disponibilità di pascolo sono le principali difficoltà che stanno fronteggiando gli allevatori, mentre il prezzo alla stalla del latte ovino ha superato nel mese di settembre i 106 euro/100 litri (iva inclusa) in Sardegna, i 113 euro/100 litri in Toscana e i 117 euro/litro nel Lazio.

Le opinioni delle imprese agroalimentari sulla congiuntura e focus sugli investimenti nelle aziende agricole e l’approvvigionamento dell’industria alimentare

Le preoccupazioni per l’aumento dei costi continuano a minare la fiducia degli operatori del comparto agroalimentare anche nel terzo trimestre del 2022. L’indice del clima fiducia dell’agricoltura elaborato dall’Ismea arriva a -14,7 punti, in leggero peggioramento rispetto al trimestre precedente (-2,6 punti), e sotto di 17,8 punti rispetto al livello del terzo trimestre del 2021. Si tratta del dato peggiore dall’inizio della serie storica nel 2011 a oggi.

I risultati dell’indagine del terzo trimestre hanno evidenziato una crescita della propensione a investire degli agricoltori: quasi il 28,7% degli intervistati, infatti, ha in programma un investimento nell’ultimo scorcio del 2022 e nel corso del 2023, quota in crescita rispetto al 24,9% del 2021. La crisi innescata dall’incremento dei costi energetici ha fatto sì che la principale destinazione degli investimenti sia l’introduzione di impianti di energia rinnovabile, soluzione prospettata dal 42% degli imprenditori che ha in programma di investire, in crescita rispetto al 6% del 2021.

Per l’industria alimentare, l’indice di clima di fiducia, pari a 1 punto, è per lo più sullo stesso livello del secondo trimestre del 2022 (-0,2), ma resta ancora evidente il crollo della fiducia degli intervistati rispetto a un anno fa (-17,6 punti).

Il focus proposto alle imprese dell’industria alimentare è stato centrato sul tema dei fornitori di materie prime e semilavorati. Dai risultati è emerso che mediamente la spesa per la materia prima acquistata sul mercato pesa il 67% del valore del prodotto finito di ciascuna impresa. Oltre metà degli intervistati ha dichiarato di avere principalmente rapporti diretti con le imprese agricole per la fornitura delle materie prime, mentre quasi un quarto ha dichiarato di acquistare la materia prima agricola prevalentemente da intermediari commerciali.

Foto: fonte Pixabay