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L’intervista: per gli allevatori di pollame il futuro è roseo

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Negli Stati Uniti in quindici anni la produzione di carne di pollo è cresciuta del 35,8%, passando da 12,2 milioni di tonnellate metriche (mmt) del 1997 a 16,6 mmt del 2012. Proprio nel 2012 gli Usa – che sono il più grande produttore di pollame del mondo e il secondo più grande esportatore – hanno esportato più di 3,3 mmt in più di 150 Paesi, per un totale di 4,2 miliardi di dollari. Secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti nel 2012 il valore complessivo della produzione di polli da carne, uova, tacchini ammontava, negli Usa, a 38,1 miliardi di dollari. A parlare dell’eccellenza Usa e del roseo futuro per gli allevatori di pollame grazie alla crescente domanda mondiale di carne è John Starkey, presidente dell’U.S. Poultry & Egg Association, che rappresenta l’intero comparto (produttori e trasformatori di polli da carne, tacchini, anatre e produzione di uova), in un’intervista rilasciata a Feedinfo News Service, provider di notizie e informazioni sul mercato dei mangimi.

L’eccellenza Usa

Starkey spiega che l’innovazione e le infrastrutture sono due delle componenti vincenti che caratterizzano la competitività dei produttori di pollame statunitensi a fronte di tutti gli altri Paesi. Molti progressi sono ad esempio stati compiuti, spiega, nella miglioramento della trasformazione degli alimenti. Quando anche gli altri Paesi raggiungeranno livelli di sviluppo maggiori in questo settore, “aumenterà per noi la necessità di essere sempre più innovativi ed efficienti per soddisfare al meglio i nostri clienti internazionali”.

Ali e cosce preferite dai consumatori

In termini di preferenze dei consumatori, i produttori Usa hanno registrato una tendenza verso le ali e le cosce – “in parte perché sono meno costose”, spiega Starkey -, anche se il petto continua a essere molto richiesto: “La popolazione all’interno degli Stati Uniti sta cambiando. Vi è una crescente popolazione ispanica e asiatica che ha una preferenza per le ali e le cosce sul petto, e questa preferenza si fa notare a livello di vendita al dettaglio”.

Le due sfide: la produzione di etanolo e la crisi di propano

La produzione di etanolo a partire dal mais rimarrà, nel lungo termine, una sfida importante per i produttori di pollame degli Stati Uniti: alcuni dati mostrano infatti che le regolamentazioni nella produzione di biocarburanti dettate dal Renewable Fuel Standard hanno causato, a partire dal 2007, un aumento annuo di 8,8 miliardi di dollari in costi medi annui dei mangimi. “Il raccolto di mais record dello scorso autunno ha lievemente placato questo aumento per quest’anno, ma dovremo presto guardare con ansia le previsioni di raccolto future per capire come andrà la prossima annata”, spiega Starkey.

Quest’anno i produttori di pollame degli Stati Uniti hanno dovuto far fronte a temperature estremamente basse che hanno innescato una grave crisi propano: secondo Starkey la carenza del gas ha portato a prezzi più elevati che hanno avuto un importante impatto sul settore avicolo nazionale.

Futuro roseo per gli allevatori di pollame 

Nonostante queste sfide, Starkey prevede però un futuro roseo per i produttori di pollame statunitensi: “La popolazione mondiale supererà i 7,5 miliardi entro il 2020, guidata dall’Africa e dall’Asia, che sono in via di sviluppo. Attualmente gli Stati Uniti e il Brasile rappresentano il 35% della produzione globale di pollo e il 68% delle esportazioni mondiali di pollo: si prevede che il pollo guiderà la crescita globale nel consumo di proteine nel 2020”. Non solo. Starkey aggiunge che, dal momento che sempre più consumatori cercano scelte più sane a livello alimentare, i prodotti avicoli diventeranno la prima scelta: “Il pollame è una fonte di proteine magre, è conveniente, comodo e versatile nella preparazione. I prodotti avicoli, inoltre, sono anche estremamente facili da integrare in diverse ricette”. Secondo le stime effettuate dal governo degli Stati Uniti la produzione di carne di pollo del Paese continuerà a crescere, nel 2014, con un incremento pari al 2,8%.

 

Foto: Pixabay

Miriam Cesta