L’impatto delle coltivazioni destinate a produrre biofuel in Europa non è limitato o addirittura favorevole agli allevatori europei, come sostiene Lutz Guderjahn, rappresentante delle industrie di settore, ma arriverà entro il 2020 a richiedere 10 milioni di ettari supplementari, includendo i 5 milioni fuori dai confini europei, con un effetto diretto sui prezzi dei prodotti alimentari e delle materie prime. A dirlo è Olivier De Schutter, ricercatore della sezione Right to Food dell’Onu che ha affidato alle pagine del Financial Times la risposta alle argomentazioni tranquillizzanti prodotte dall’industria dell’etanolo.
Tra queste l’ipotesi che i sottoprodotti proteici della trasformazione dei biocarburanti potessero aiutare l’approvvigionamento degli allevatori, consentendo di ridurre di 1 milione di ettari le colture destinate all’alimentazione zootecnica per aprirle al consumo umano. De Schutter sul quotidiano economico britannico smonta, dati alla mano, questa tesi ricordando, ad esempio, che “le importazione di olio di palma verso l’Ue sono raddoppiate tra il 2000 e il 2006 per sostituire l’olio di colza dirottato dal consumo alimentare”. Ma c’è anche la pressione sui Paesi in via di sviluppo delle società che producono biofuel a preoccupare l’Onu. “La spinta verso una maggiore produzione di biocarburanti si aggiungerà alla competizione per la terra, l’acqua e le altre risorse” in quei Paesi, spiega lo studioso, che aggiunge: “Gli impatti netti della spinta di questa nuova domande nel mercato globale è enorme”. I numeri dell’invasione sono pesanti: la domanda di biocarburanti in Europa per soddisfare gli obiettivi “verdi” previsti per il 2020 farà salire del 36% i prezzi degli oli vegetali, del 22% quelli del mais e del 20% quelli dei semi oleosi. Numeri cha rrivano dall’EU Joint Research Centre, il centro studi unificato di Commissione e Consiglio d’Europa.
Infine, De Schutter pone l’accento politiche pubbliche, convinto nessun vantaggio strategico arriverà dal settore dei biocarburanti ai piccoli agricoltori, dato che “le economie di scala sono essenziali affinché la produzione di etanolo sia reddittizia”, mentre il rischio è che questi segnali delle istituzioni incoraggino la speculazione finanziaria che “distorce gravemente i valori di mercato” e altera i prezzi delle materie prime e dei terreni.
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