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L’utilizzo della sansa di oliva denocciolata e disidratata per l’alimentazione degli animali in produzione zootecnica

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I consumi di carne nel corso degli ultimi anni hanno subito una sensibile diminuzione, e ciò ha determinato anche una drammatica contrazione del patrimonio zootecnico nazionale.
I motivi che hanno determinato ciò, sono molteplici e la loro trattazione esula dal presente articolo, ma uno di questi è sicuramente da ritrovare nel cambiamento dei bisogni del consumatore e del suo atteggiamento verso il prodotto. Si è venuta a creare una sensibilità nuova che lo porta a preferire carni soddisfacenti non solo dal punto di vista organolettico ma anche da quello nutrizionale. Oltre a questo, la sempre maggiore sensibilità e attenzione nei confronti dei metodi di allevamento degli animali, del loro benessere e del potenziale impatto che questi sistemi possono rappresentare per l’ambiente, sono aspetti che assumono una crescente importanza per il consumatore e che lo guidano al momento dell’acquisto.

Nell’ottica del soddisfacimento di queste richieste si colloca la progettazione di filiere a “zero waste”, organizzate secondo la struttura dell’economia e dell’agricoltura cosiddette “circolari”. Questo si realizza attraverso la non facile opera di “coordinamento” e di “armonizzazione” di due o più di queste, in modo tale che i sottoprodotti di una, possano divenire dei fattori di produzione dell’altra; in questo modo i sottoprodotti di una filiera divengono dei “co-prodotti” in grado valorizzarla e di incrementarne la redditività e, al contempo, di ridurne l’impatto sull’ambiente.
La coltivazione dell’olivo è uno degli elementi che meglio caratterizza l’agricoltura del mediterraneo. Allo stato attuale, la filiera olivicola prevede come unico prodotto quello dell’olio destinato al consumo umano e presenta numerosi sottoprodotti che, in alcuni casi, divengono veri e propri rifiuti il cui smaltimento incide in maniera non trascurabile sul fatturato. Gran parte dell’olio di oliva è estratto con un processo di centrifugazione utilizzando decanter a tre e, più recentemente, due fasi. I sottoprodotti che ne derivano sono acque di vegetazione e sansa per il processo a tre fasi, e sansa umida (detta anche paté) per quello a due. L’utilizzo, o meglio, il riutilizzo di alcuni di questi sottoprodotti potrebbe costituire per l’intera filiera un elemento di valorizzazione e di incremento di redditività, e non solo per l’effetto dell’abbattimento dei costi. Un possibile impiego delle sanse di oliva è sicuramente quello zootecnico. A tal proposito è possibile prevedere l’utilizzo in questo ambito di sottoprodotti (o meglio co-prodotti) delle filiera olivicola, così come da molto tempo sono utilizzati i sottoprodotti dell’industria molitoria (crusca, cruschello, farinaccio ecc.).

L’utilizzo della sansa di oliva nell’alimentazione degli animali in produzione zootecnica è di recente sperimentazione, ma gli studi effettuati sugli ovini (Mele et al., 2014; Luciano et al., 2014; Pallara et al., 2015), sui bovini da carne (Estaún et al., 2014) e sui conigli (Dal Bosco et al., 2012) hanno dimostrato le interessantissime potenzialità di utilizzo in relazione al miglioramento della qualità nutrizionale della carne.
Molto interessanti sono anche gli scenari che vedono un possibile utilizzo della sansa per incrementare la conservabilità della carne e, soprattutto, dei prodotti trasformati (Serra et al. in press). Infatti la salubrità delle carni trasformate è stata molto spesso messa in discussione anche a causa degli additivi alimentari utilizzati durante il processo di lavorazione. Tali sostanze sono utilizzate per limitare e controllare la presenza di microrganismi patogeni e per proteggere le carni lavorate dalla perdita di colore e dall’ossidazione. Quest’ultimo aspetto è di particolare importanza nell’ambito della qualità del prodotto carne; la perossidazione degli acidi grassi e del colesterolo può produrre infatti diverse sostanze che hanno un impatto negativo sulla sicurezza, e sulle caratteristiche nutrizionali ed organolettiche dei prodotti. Un approccio alternativo all’uso di additivi sintetici durante la lavorazione, è quello di integrare la dieta dell’animale con ingredienti in grado di apportare una significativa quantità di sostanze ad azione antiossidante. In questo senso la sansa può rappresentare un’opzione più che promettente; nella sansa di oliva residua infatti una vasta gamma di sostanze con capacità antiossidanti come, caroteni, antociani, tocoferoli e polifenoli; addirittura il 98% dei polifenoli contenuti nel frutto si ritrova nelle acque di vegetazione e nelle sanse (Dejong e Lanari, 2009). Certe sostanze polifenoliche rappresentato sicuramente un elemento caratterizzante l’oliva. Durante il processo di estrazione dell’olio, si attivano le β-glicosilasi endogene che determinano l’idrolisi dell’oleuropeina nella forma agliconica 3,4-DHPEA-EDA (decarbossimetiloleuropeina aglicone), che è poi ulteriormente idrolizzato a idrossitirosolo (3,4-DHPEA) per azione di una esterasi. In maniera analoga, il decarbossimetil ligstroside aglicone (p-HPEA-EDA) ed il tirosolo (p-HPEA) derivano dall’idrolisi del ligustroside, un altro secoiroide della famiglia delle Oleaceae. Questi polifenoli mostrano una potente azione antiossidante che si esplica anche in sinergia con l’α-tocoferolo magnificandone l’effetto.

All’idrossitorosolo ed al tirosolo sono attribuiti inoltre effetti antibatterici a largo spettro ma non nei confronti dei batteri lattici. Questo può essere visto come un ulteriore aspetto positivo in considerazione dell’importanza che i batteri lattici assumono nei processi di maturazione, e di stagionatura di molti prodotti alimentari.
Nella sansa di oliva residua anche una discreta quantità di olio (circa il 10%) con un’ottima composizione in acidi grassi; inserendola nella razione degli animali si riesce a migliorare la qualità nutrizionale del grasso intramuscolare della carne (Mele et al., 2014).
L’utilizzo della sansa vergine di olive nell’alimentazione degli animali in produzione zootecnica presenta quindi più di un lato positivo. Restano tuttavia da verificare alcuni aspetti che, almeno potenzialmente, ne possono limitare l’utilizzo. Il primo di questo è l’elevato contenuto di acqua delle sanse (circa il 50% per le sanse che residuano dal processo di estrazione a tre fasi e circa il 70% per quelle che deviamento da quello a due fasi). Per prevedere l’utilizzo delle sanse in ambito zootecnico, occorre quindi disidratare le sanse umide. Al fine di evitare la perdita della componente polifenolica riportata in precedenza, è necessario che la temperatura sia controllata. Uno dei più efficaci metodi é quello dell’essiccazione su letto fluido (Servili et al. 2011).
Il secondo aspetto da considerare è che l’elevato contenuto di lignina del nocciolino potrebbe determinare una riduzione della digeribilità della razione. Anche dopo l’operazione di denocciolatura il contenuto di ADL della sansa rimane infatti prossimo al 20% sulla sostanza secca. La sansa di olive denocciolata ed essiccata può quindi inserita con relativa tranquillità nella razione degli animali anche se bisogna aver cura di non superare certi limiti. Ad esempio nella specie suina ed in particolare nella razza Cinta Senese, sono stati sperimentati quantità di sansa pari al 25% della sostanza secca della razione (che corrispondono a circa il 7% di ADL sulla sostanza secca della razione), senza che si siano registrati effetti negativi sull’accrescimento degli animali (Serra et al. in press). Nell’alimentazione dell’agnello sono stati verificati quantità di sansa nella razione addirittura superiori: 35% della sostanza secca corrispondenti a circa l’8% di ADL nella razione (Mele et al. 2014).

L’ultima questione che occorre considerare per definire l’utilizzabilità della sansa di oliva denocciolata a disidratata in ambito zootecnico è quella legata alle autorizzazioni necessarie per la certificazione dei prodotti DOP a IGP. Allo stato attuale, ad esempio, non può essere inclusa nella razione dei suini appartenenti al Consorzio Cinta Senese DOP. E’ evidente che la completa e definitiva affermazione di questo co-prodotto in zootecnica passa necessariamente anche dal completamento delle procedure autorizzative che ne riconoscano la piena fruibilità anche per quelli allevatori che producono animali utilizzati per l’ottenimento di alimenti di qualità certificata.

 

Foto: Pixabay

Andrea Serra