Dopo l’approvazione dei Regolamenti di base della nuova PAC la Commissione sta mettendo a punto il pacchetto dei regolamenti di applicazione. La palla passa poi a ciascuno Stato membro che dovrà stabilire i criteri in base ai quali distribuire al proprio interno le risorse assegnate, individuando i potenziali beneficiari degli aiuti diretti e stabilendo i settori che potranno beneficiare di quei pagamenti di specifica competenza nazionale.
Le novità introdotte dalla nuova PAC sono molte: soglie d’esenzione, agricoltore attivo, convergenza, aiuti diretti, aiuti accoppiati, greening, condizionalità. Si tratta delle tante tessere che costituiscono il complicato mosaico della nuova politica agricola, reso ancor più complesso nella realtà italiana dalla miriade di micro-aziende che caratterizzano la nostra agricoltura. Infatti, mentre nel resto dell’Unione Europea sono sempre di meno gli agricoltori che ricevono pagamenti inferiori a 5.000 euro – secondo l’ultimo report sulla distribuzione dei pagamenti diretti nell’UE a 15 si è passati dal 74% del 2005, al 69% del 2012 – in Italia ben il 40% dei beneficiari degli aiuti PAC ha ricevuto importi inferiori a 500 euro contro solo il 5,5% della Francia, il 7,5 della Germania e il 25% della Spagna. Una condizione che equipara l’Italia ad una realtà del tutto simile a quella dei Paesi dell’Est, la cui media dei pagamenti è spostata verso valori molto bassi, a differenza di Paesi storicamente concorrenti come, ad esempio, la Francia, la Germania e la stessa Spagna, che presentano in media valori dell’aiuto più elevati. Altro aspetto da non sottovalutare, l’Italia ha una superficie media aziendale dichiarata di circa 8 ettari, mentre in altri Paesi europei come in Francia la superficie media aziendale è pari a 52 ettari, in Germania e di 46 ettari e in Spagna di 24 ettari.
Nell’applicazione a livello nazionale delle nuove regole della PAC per il periodo 2015/2020 sarà, pertanto, decisivo che venga fatto attento riferimento al contesto agricolo italiano che ha una caratterizzazione sicuramente particolare rispetto alla realtà agro-zootecnica degli altri principali paesi produttori agricoli europei.
I tempi stringono perché al massimo entro il 1° agosto 2014 l’Italia dovrà comunicare alla Commissione europea le proprie decisioni. Di particolare rilievo tecnico e politico sarà la scelta legata alla definizione di agricoltore attivo, da cui dipenderà la possibilità di attribuire (o meno) gli aiuti diretti solo a chi effettivamente ricava dall’agricoltura la principale fonte di reddito, per evitare una inutile distribuzione a pioggia, come avvenuto fino ad ora, che non produce alcun reale beneficio per la nostra agricoltura. Così come notevole importanza assume la fissazione di una soglia minima di pagamento, ovvero la soglia al di sotto della quale prevedere l’esclusione dal diritto all’aiuto.
Altro aspetto riguarda la gestione dei vincoli legati al rispetto delle regole ambientali (greening) pensati in chiave mitteleuropea e che rischiano di accentuare ulteriori gap di competitività per un modello agricolo come il nostro. Di notevole importanza, accanto alla questione dei pagamenti diretti che derivano dal primo pilastro, sarà la gestione dei pagamenti che derivano dalle risorse del cosiddetto secondo pilastro, la cui erogazione sarebbe auspicabile venisse subordinata alla effettiva produzione e quindi accoppiando ad essa la corresponsione dell’aiuto e prevedendo che sia riservato per sostenere quei settori in maggiore difficoltà. Tra questi un’attenzione particolare deve essere riservata alla zootecnia, un comparto vitale per l’economia agroalimentare del nostro Paese, che rischia di rimanere privo di aiuto tenuto conto che la nuova PAC non prevede più i “titoli speciali” (i cosiddetti titoli senza terra) vitali per un Paese come il nostro che, da sempre, fonda l’attività di allevamento sul sistema intensivo. Positivo che su tale questione il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Martina, abbia mostrato sensibilità. Sarà però necessario mantenere un sostegno specifico e indispensabile per questa attività con la previsione di un aiuto accoppiato alla produzione zootecnica in sostituzione dei titoli speciali.
L’auspicio è che le decisioni che ci apprestiamo a prendere in Italia tengano conto in via prioritaria dell’importanza che l’agricoltura e la zootecnia rivestono come settori strategici per garantire la capacità di approvvigionamento alimentare del Paese, cercando soluzioni che, seppure scomode politicamente, guardino ad evitare una dispersione di risorse inutile quanto dannosa e privilegino il risultato in chiave di Sistema-Paese.
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Giulio Gavino Usai – Responsabile Economico Assalzoo