Una giornata di studi sulla sostenibilità ambientale, l’evoluzione delle pratiche d’allevamento e la ricerca continua per stare al passo con le esigenze alimentari mondiali. È questo il quadro di riferimento dentro il quale si inserisce l’evento “Sostenibilità: le nuove sfide”, organizzato presso Il Royal Garden Hotel (Assago) da ASSALZOO (Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici) insieme a USSEC (US. Soybean Export Council) e ASPA (Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali). Si tratta di un’importante occasione per approfondire il tema della sostenibilità in ambito zootecnico partendo dalle materie prime e per arrivare a guardare quanto sta avvenendo in Europa e nei Paesi europei più vicini (Spagna e Francia).
A descrivere la direzione lungo la quale si sta muovendo il vecchio continente è Nicolas Martin, policy advisor di Fefac (European Feed Manufacturers’ Federation). Martin ha indicato i tre capisaldi della “2030 Vision” della mangimistica continentale: sostenibilità, nutrizione animale e gestione della sicurezza dei mangimi. Rispetto alla sostenibilità, in particolare, sono tre le azioni di specificità alle quale il settore zootecnico è chiamato a fare attenzione: efficientare le risorse, responsabilizzare il processo di approvvigionamento e seguire l’evoluzione dell’impronta ambientale. Queste azioni, che si svolgono in concerto con le varie realtà associative della filiera a livello continentale, recepiscono le indicazioni europee sulla riduzione dell’emissioni e rappresentano un importante passo d’innovazione verso la realizzazione di quella circolarità economica – elemento cardine per ogni compiuta azione di compiuta forma di sostenibilità produttiva.
Per comprendere la situazione che la zootecnia è chiamata ad affrontare sono sufficienti tre dati: aumento della popolazione del 70% tra il 1980 (4,4 miliardi di persone) e il 2018 (7,6 miliardi); e di un ulteriore 30% fino al 2050 (9,7 miliardi). Aumento del consumo di latte e derivati: 8% pro capite dal 2015 al 2030. E aumento del consumo di carne: +10% pro capite tra il 2015 e il 2030.
Questo quadro rimanda in maniera essenziale alla capacità di produzione di materie prime alimentari, che rappresentano il punto d’avvio dell’intera filiera. Mercedes Ruiz, direttrice di Aestivum (realtà nel trading dei cereali) evidenza come questi dati si riflettano sulla produzione di cereali, quasi raddoppiata (da 1,400 MT del 1980 a 2,563 MT nel 2017) grazie all’evoluzione scientifica e al miglioramento delle pratiche. Per tenere il passo con la richiesta mondiale, oltre all’aumento dei volumi, bisogna guardare all’efficientamento della filiera produttiva. Ruiz indica quattro azioni in tal senso: interconnessione tra le coltivazioni agricole alle dinamiche di distribuzione; ottimizzazione dell’uso del suolo, dell’acqua e degli agenti chimici grazie all’evoluzione della scienza agraria; formazione degli agricoltori e degli attori di filiera; promozione della consapevolezza delle specifiche coltivazioni agricole.
Ad avanzare il discorso verso un piano di sostenibilità di produzione zootecnica si è dedicato Matteo Crovetto, professore di nutrizione e alimentazione animale all’Università di Milano. Crovetto ha riportato un caso di studio in ambito bovino di grande interesse: le vacche più produttive producono meno metano per ogni litro di latte. I dati parlano chiaro: una vacca da 40 litri al giorno genera emissioni per 148 chili di metano l’anno, vacche che producono in media 20 litri al giorno, per arrivare alla stessa produzione (40 litri al giorno) generano emissioni per 234 chili di metano l’anno con un sostanziale +58%. Questo esempio, inserito da Crovetto in una trattazione più ampia, sta a evidenziare come la sostenibilità ambientale nell’allevamento coinvolga un complessivo atteggiamento che va dalla conoscenza del territorio in cui si lavora all’efficienza dei sistemi con cui si produce. In questo processo di continuo studio e miglioramento l’allevamento dimostra la sua completa sostenibilità.
Foto: Pixabay
red.