L’ASPA, l’associazione che riunisce i ricercatori italiani delle produzioni animali, ha pesantemente criticato, con la posizione che pubblichiamo in questo numero, i dossier delle commissioni della rivista scientifica The Lancet tendenti a criminalizzare il consumo di carne e latte, pubblicati recentemente e presentati senza risparmio con grancassa mediatica. Il primo (Healthy Diets from Sustainable Food Systems) ha riguardato gli impatti ambientali del cibo, con la conseguente formulazione della cosiddetta “dieta universale” che prevede per “salvare il pianeta” la quasi totale eliminazione della carne (7 g persona al giorno, come a dire, un nugget di pollo alla settimana!) e l’altro sull’obesità e i cambiamenti climatici (The Global Syndemic of Obesity, Undernutrition and Climate Change) che pone il consumo di carne alla pari con quello di tabacco per il rischio di mortalità. In occasione della presentazione del primo report all’Organizzazione Mondiale della Sanità presso il Palazzo delle Nazioni di Ginevra lo scorso 28 marzo, la Rappresentanza Permanente presso le Organizzazioni Internazionali ONU a Ginevra del nostro Ministero degli Esteri ha preso fermamente posizione sulla possibile presenza dell’OMS a supporto dell’evento. E l’ha fatto mettendo in guardia sui rischi per la salute, la biodiversità e l’occupazione nascosti dietro la “dieta universale” propinata dalla stessa commissione EAT-Lancet.
Le ragioni del documento ASPA possono essere riassunte nel modo seguente. 1. Gli esperti messi intorno al tavolo, pur essendo autorevoli, non sono né rappresentano la comunità scientifica. 2. Prima della pubblicazione dei report, The Lancet avrebbe dovuto sottoporli all’esame della comunità scientifica internazionale, compresa quella degli zootecnici (diverse centinaia di migliaia nel mondo con almeno mille riviste con impact factor), dei nutrizionisti (idem) e dei climatologi (idem). Una revisione critica ex ante è il modo di agire corretto di una rivista prestigiosa. 3. Trattare il contenuto come “segreto di Stato”, con l’embargo alla diffusione dei report, dà la misura del fragore mediatico che si voleva ottenere, piuttosto che mettere in guardia circa presunti pericoli derivanti dal mal uso di cibo e risorse naturali. 4. L’executive summary, la parte dei report più letta dai media (forse l’unica) è piena di affermazioni che sanno di “ipse dixit“. The Lancet si cura più del pulpito e del prestigio dei predicatori che dei contenuti i quali, portati da cotanto palco e voci, non possono che essere “veri”. Affermare che le carni rosse fanno parte di una cattiva dieta non solo è sbagliato, ma soprattutto è pericoloso. 5. La scienza è il luogo del dibattito non dello scontro. I report e il clamore mediatico che è stato ricercato per la loro divulgazione dimostrano l’esatto contrario. L’ambizione degli autori di “cambiare la dieta del mondo” è velleitaria, pericolosa e per di più fondata su basi scientocratiche (i.e. anche se non ci state a sentire, noi diciamo il “vero”). 6. Nel merito, i report sono ricchi di tautologie: prima fisso “per fede” la cosiddetta “dieta sana” e poi faccio i calcoli per dimostrare che oggi nel mondo non la si pratica da nessuna parte. Sugli impatti climatici, poi, considerati universalmente modelli difficilissimi da maneggiare e pesantemente dipendenti da comportamenti collettivi su scala globale e da scelte politiche assai difficilmente scrutabili, i report danno pagelle inconfutabili di impatto crescente del sistema agricolo (e zootecnico, s’intende!), in quanto tutti gli altri (compreso quello degli idrocarburi e del carbone usati per trasporti ed energia) saranno “sicuramente” in calo, in devoto rispetto delle prescrizioni IPCC. 7. Nello specifico, la Dieta mediterranea riportata nei report è sbagliata: meno del 10% di carne e il 40% di grassi! 8. Connettere nutrizione e impatti ambientali è un ottimo esercizio, ma non sempre le cose coincidono perché è veramente difficile conciliare alimenti ricchi come carni, latte e uova (e anche pesce) con i rispettivi impatti e classificare entrambi “cattivi”.
La comunità scientifica italiana ha prodotto quattro Quaderni ASSALZOO (tutti editi da Franco Angeli) basati su una poderosa letteratura che dimostrano che gli alimenti di origine animale fanno bene, che gli impatti possono essere contenuti e che questi cibi rappresentano uno degli asset economici del nostro Paese. Quando giochiamo con la salute del mondo, guardiamo ai modelli virtuosi per l’alimentazione, e l’Italia è uno di questi.
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Giuseppe Pulina